Idem: è nata vicino Taranto la prima birra «gay friendly» d’Europa

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Idem: è nata vicino Taranto la prima birra «gay friendly» d’Europa. L’azienda che la produce ha deciso di privilegiare i dipendenti omosessuali dichiarati

di Kasia Burney Gargiulo

“Idem”: un invito alla parità ed un richiamo al concetto di identità. E’ quanto intende evocare l’omonima birra artigianale “gay friendly”, la prima in Europa, prodotta fra Leporano e Lama (a pochissima distanza da Taranto) e lanciata sul mercato da circa un anno dalla piccola azienda – una beer firm, cioè un produttore che utilizza un impianto di terzi – del 45enne Espedito Alfarano e consorte (una coppia rigorosamente etero). Alfarano è anche vice presidente nazionale del Movimento italiano del turismo birra e direttore dell’associazione Mondo Birra fondata in Puglia. La birra Idem viene realizzata in due varianti, entrambe a bassa fermentazione: una bionda arricchita da fiori d’arancio e pepe rosa e una rossa al malto d’orzo affumicato. Prerogativa dichiarata dell’azienda (ma non sancita in alcuno statuto) è quella di assumere solo dipendenti omosessuali che abbiano fatto coming out così come quella di promuovere con il denaro ricavato dalla vendita il dibattito sull’omofobia e sui diritti delle persone lgbtiq (acronimo per gay, lesbiche, bisessuali, trans, intersex e questioning cioè dubbiosi). Non a caso sui manifesti che pubblicizzano la birra Idem compare anche il CF (finalizzato al versamento del 5 x 1000) dell’AGEDO, l’Associazione di Genitori di Omosessuali.

L’ideatore del prodotto ha dichiarato di aver voluto associare ad una bevanda popolare come la birra un messaggio sociale contro l’omofobia, ritenendo assurdo che se un uomo e una donna possono liberamente circolare tenedosi mano nella mano, non altrettanto possano fare due uomini o due donne senza essere guardati dagli altri come un fenomeno da circo; senza dimenticare – dice Alfarano – che ci sono ancora Paesi nel mondo dove l’omosessualità è punita come reato con la pena di morte o altri in cui chi vive questa condizione viene sottoposto a trattamenti medici coercitivi come fosse una malattia pericolosa, e che l’Italia è  tra gli ultimi Paesi dell’Ue in tema di diritti delle coppie di fatto.

Di fronte alla domanda, abbastanza scontata ma necessaria, se così non si rischi di fare della discriminazione al contrario, Alfarano ha risposto che l’unica discriminazione di cui si sente responsabile, e senza alcuna remora, è quella a carico degli omofobi, “categoria di persone davvero inaccettabile”. E spiega come parte dei proventi venga utilizzata per sponsorizzare eventi e associazioni, per promuovere libri sul tema della discriminazione o che raccontino vicende di vita vissuta, oppure ancora pubblicazioni scientifiche sul rapporto tra genitori e figli omosessuali. “Se avessimo voluto – dice Alfarano – fare speculazione pura e semplice l’avremmo chiamata “birra gay”, mentre invece il nostro intento è favorire la discussione costruttiva sull’argomento.”

La produzione è abbastanza limitata, di circa mille litri a settimana, con una distribuzione che al momento è a livello locale, sebbene la birra Idem abbia di recente avuto una sua prima “uscita” ufficiale sotto i riflettori in occasione della Fiera del Levante di Bari, dove ha avuto occasione di assaggiarla anche il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.

Ma quali sono state le reazioni a livello sociale dal momento della sua comparsa? Alfarano racconta qualche episodio che la dice lunga su quanto in Italia a livello sociale l’omosessualità sia ancora avvertita come una grave anomalia se non come una minaccia. Dalle email aggressive di omofobi inviate all’azienda, all’atteggiamento omofobico di un ristoratore di Taranto che, sebbene sedotto dal gusto della bevanda, ha deciso di restituire le scorte una volta resosi conto del ”concept” che c’è dietro “la birra dei ricchioni” (queste le ‘eleganti’ parole usate), un’uscita infelice, quest’ultima, che ha portato Alfarano a redarguire il suo cliente facendogli capire che non era lui a non volere la birra, bensì l’azienda produttrice a non voler più avere a che fare con lui e con il suo locale. Non mancano tuttavia – racconta Alfarano – i messaggi di quanti invece hanno apprezzato l’iniziativa incoraggiando l’azienda ad andare avanti con il suo progetto.

 

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