di Redazione FdS
Era stato nascosto dietro una più pacata Santa Teresina del Bambino Gesù nel 1934 ma è stato ritrovato nel 2008 a Roma nella chiesa di Santa Maria del Carmine alle Tre Cannelle, sede dell’omonima Arciconfraternita che ne ha finanziato il restauro. Si tratta di un inedito assoluto, ossia la splendida tela del pittore barocco calabrese Francesco Cozza (Stignano 1605 – Roma 1682) raffigurante San Michele Arcangelo in lotta con il demonio, tela che una volta restaurata nell’ambito delle attività di tutela e ricerca della Soprintendenza Speciale Psae e Polo Museale di Roma diretta da Daniela Porro, è stata presentata al pubblico nel maggio del 2013 in contemporanea alla mostra «Capolavori dell’Archeologia» che fino al novembre successivo espose a Castel Sant’Angelo i risultati dell’attività di contrasto agli illeciti quali furti, scavi clandestini, esportazioni illegali ecc. svolta da oltre 40 anni da Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato.
Si è trattato di una scoperta a pieno titolo perchè il dipinto era completamente sconosciuto in quanto mai citato nelle fonti biografiche relative all’artista. Questo S. Michele si è rivelato uno dei suoi capolavori, per giunta firmato vicino alla roccia tra il piede sinistro dell’arcangelo e la coda del demonio e databile al sesto decennio del Seicento. Si ritiene che il dipinto possa essere stato eseguito in occasione della fine dell’epidemia di peste del 1656, in concomitanza con opere come la Madonna del Riscatto (1650 ca., Pontificio collegio Nepomuceno), la Pietà della Galleria Corsini (fine sesto decennio), la Madonna in Gloria tra i ss. Pietro e Paolo in S. Maria della Cima a Genzano (1660 ca.) e la Madonna col Bambino tra i SS. Gioacchino e Anna in S. Egidio a Montalcino (inizio settimo decennio).
Al dipinto ritrovato è stato dedicato il volume Tra cielo e abisso. Scoperta e restauro del «San Michele Arcangelo in lotta col demonio» di Francesco Cozza scritto da Paolo Castellani ed edito da Gangemi. Come riferisce l’autore, Cozza fu un pittore pienamente inserito nel competitivo clima culturale e artistico della Roma barocca, in cui riuscì a farsi accettare anche grazie al prestigioso apprendistato presso il Domenichino. Ai suoi tempi fu considerato un artista talentuoso e versatile, in grado di rivaleggiare con colleghi del calibro del Guercino o di Lanfranco. Il San Michele arcangelo in lotta col demonio si va ad aggiungere così al già ricco catalogo del Cozza, mostrandone in pieno le sue migliori qualità formali con una rara interpretazione del tema iconografico micaelico, probabilmente intesa come soluzione alternativa al fortunato modello di Guido Reni.
Il dipinto è stato ritrovato in pessime condizioni, ha spiegato la soprintendente Porro, eppure è apparso subito chiaro il valore di quella mano che ha saputo abilmente armonizzare il classicismo della scuola bolognese, erede di Raffaello, con la lezione di Michelangelo Merisi e dei Caravaggeschi, alla luce dei quali si ritiene che il Cozza abbia letto gli ignudi michelangioleschi della Cappella Sistina.
Il restauro (a cura di Marina Furci sotto la direzione di Paolo Castellani) ha quindi consentito al dipinto di recuperare tutto il suo splendore evidenziando le raffinate scelte stilistiche che contrappongono la cromia fredda dell’angelo (eliminando il tradizionale manto rosso tipico attributo dell’armatura dell’arcangelo) a quella quasi ”torrida” di Lucifero, il cui nudo troppo inquietantemente realistico spinse i confratelli a danneggiare e ad occultare l’opera. Il dipinto è stato restaurato grazie al finanziamento della Venerabile Arciconfraternita di Maria SS. del Carmine con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico, ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma.
“Ancora una volta, ha dichiarato la soprintendente Porro, Roma si conferma come uno scrigno segreto, in grado di sorprenderci con opere spesso dimenticate e che tornano a splendere grazie all’operato dei nostri storici dell’arte”.
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Notevole il restauro, emerge evidente in ogni suo particolare una valenza pittorica di grande rilievo. L’atmosfera drammatica è determinata da sfumature di grigi che avvolgono l’intero dipinto. Veramente bravo questo pittore calabrese, corregionale di uno dei più grandi artisti del 600″ come Mattia Preti.
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