di Carlo Picca
E’ uscito da poco per l’editore Rubbettino il nuovo libro di Lino Patruno, barese, classe 1948, giornalista fin dall’età di 18 anni e da tempo anche saggista e scrittore. Laureato in Economia con indirizzo sociologico, nel 1966 è entrato nella redazione de “La Gazzetta del Mezzogiorno” quotidiano del quale nel 1995 è stato nominato Direttore Responsabile. Dal 1991 è anche docente alla facoltà di Economia dell’Università di Bari, dove insegna sia Comunicazione Pubblica che Economia e tecnica della pubblicità al Corso di laurea di Marketing e Comunicazione d’impresa. E’ anche editorialista e direttore della Scuola dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia. Nel suo ultimo libro, Il meglio sud. Attraversare il deserto, superare il divario (Rubbettino ed.), Patruno analizza le storie di cento giovani imprenditori meridionali alla guida di aziende sane, attive, che producono o forniscono servizi innovativi. Costoro, a detta dell’autore, sono un vero e proprio punto di riferimento per l’orgoglio meridionale e saranno i promotori del superamento del “deserto” della crisi del Sud.
I motivi di questo deserto, per i quali il Mezzogiorno ed i meridionali stanno rischiando di non essere protagonisti attivi del loro presente e del loro futuro, risiedono – scrive Patruno – nel divario sociale ed economico di cui il meridione è succube fin dai tempi dell’Unità d’Italia. Tutto ciò ha determinato anche una mancanza di autostima e di quella conseguente forza autonoma data dal credere nelle proprie capacità. Le potenzialità del Sud sono quindi come disperse in un deserto senza rete e connessioni sufficienti, un deserto che va attraversato per essere superato.
Questi 100 “Mosè” descritti nel libro sono esempi in controtendenza, modelli da valorizzare e perseguire per superare questo deserto del Mezzogiorno, ricco suo malgrado di distanze che non sono solo geografiche ma anche ideologiche, ovvero derivanti da scelte del potere politico che, dall’Unità d’Italia sino ad oggi, sono state messe in campo volutamente per frammentarlo e disorganizzarlo nelle sue potenzialità. Distanze inflitte e subite fino al punto da non avere una adeguata rete di soggetti positivi in collegamento, sotto il profilo sociale ed economico. Per Patruno la base su cui lavorare per la costituzione di questa rete in controtendenza – che permetta di attraversare il deserto – c’è, e sono proprio questi giovani imprenditori. Una rete tutta da farsi e che sia come quella sviluppata ed intessuta nel Nord Italia, che permetta di fare comunità ed affari come si dovrebbe, di far circolare numerose e originali idee, oltre che merci e persone, e che faccia soprattutto diventare il Sud massa critica.
Esempi emblematici di quanto non permette un pieno sviluppo delle capacità di fare rete nel Meridione li troviamo ad esempio nei collegamenti. Matera è l’unico capoluogo d’Italia non collegato dalle FS. L’autostrada Salerno – Reggio Calabria da cinquant’anni non vede ancora conclusi i suoi lavori. Inoltre, città importanti come Bari e Napoli non sono collegate direttamente da una linea ferroviaria. Il Sud, dice l’autore, questi collegamenti dovrebbe rivendicarli con forza, pretendendo di essere trattato come merita, per ovviare ai danni che continua a subire da un Nord che decide al posto suo.
Questo libro è dunque un viaggio nel “giorno buono” di un Sud che deve entrare nel futuro partendo dal suo orgoglio. Quanti sanno che il Sud produce più di interi stati europei? Nel saggio viene riportato il dato del 2010, che sembra cozzare con le ultime analisi diffuse: il valore aggiunto manifatturiero del Sud citato allora, parla di un Pil di 28,8 miliardi di euro, superiore cioè a quello di Paesi come Finlandia, Romania, Danimarca, Portogallo, Grecia, Croazia e Slovenia. O, ancora, davvero crediamo che non ci sia anche un Nord peggiore? Ci sono infatti dei luoghi comuni che possono essere sfatati. E’ il caso ad esempio delle fondazioni bancarie. Queste, sebbene abbiano le loro sedi fisiche in aree meridionali, raccolgono soldi che vengono poi gestiti dalle loro sedi legali situate al Nord. Ovvero raccolgono soldi anche dai meridionali, per poi intervenire al Nord con stanziamenti di fondi ad esso dedicati. Quindi con i soldi dei meridionali si finanziano opere ed eventi al Nord e poi sarebbe il Sud ad essere assistito dal Nord!
A proposito di deserti, citiamone uno relativo al settore “formazione e sapere”: sapete in base a quali criteri vengono dati i fondi per le università? Agevolando quelle più ricche, per cui vengono penalizzate le università meridionali con il conseguente fenomeno della “tratta” dei cervelli, ossia quella costante fuga di giovani che rinunciano, loro malgrado, a concepire la formazione come un’opportunità da vivere nella propria terra. La nostra Università italiana vive complessivamente uno stato di emergenza, e in questo quadro risulta purtroppo che in alcune zone del paese, il meridione in particolare, la situazione sia particolarmente grave. La ragione di ciò risiede ad oggi proprio negli indicatori di valutazione utilizzati per lo stanziamento delle poche risorse disponibili che hanno notevolmente sfavorito gli atenei meridionali. Vengono infatti finanziate quelle Università più ricche che, caso strano, si trovano quasi tutte nel Nord Italia. In sostanza in questi anni di riduzione costante delle risorse si è verificato un processo di redistribuzione a netto svantaggio della maggioranza degli atenei del Sud.
Concludendo, il quadro che emerge dalla lettura di questo libro è che il Mezzogiorno, a dispetto delle carenze e delle lacune che lo attanagliano, è una terra ricca di eccellenze. Il monito del libro, a mio avviso, è quello di lavorare per creare sempre meglio una rete omogenea proprio a partire da queste cento eccellenze individuate, per rilanciare così l’autostima di una terra che può e deve essere protagonista del suo presente e del suo futuro.
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