di Redazione FdS
Sono passati ben 18 anni dalla chiusura del Museo Archeologico di Bari, ossia da quando nel 2000 la sua storica sede presso l’Ateneo cittadino è stata dismessa per non conformità con le nuove normative in materia di spazi museali. Nuova destinazione del ricchissimo patrimonio (fra reperti esposti nelle teche e quelli giacenti nei depositi) l’ex convento medievale di Santa Scolastica, in Via Venezia, addossato sul bastione aragonese che delimita il versante orientale della Città Vecchia. Un’attesa estenuante fra concorsi per il recupero della struttura, ricorsi, e anche un clamoroso furto in una notte del 2004 quando sparì un numero imprecisato di reperti fra quelli appena trasferiti nella nuova sede. Finalmente, nelle scorse settimane, è scoccata l’ora della tanto agognata riapertura, con l’inaugurazione della sezione “Archeologia a Bari” ospitata al pianterreno negli spazi del bastione con annesso chiostro esterno, e dedicata alla storia del capoluogo pugliese, secondo un percorso a ritroso che dal Medioevo (1100 circa) arriva fino all’Età del Bronzo (1800 a.C. circa). Da questo punto di vista il museo sorge in una zona particolarmente significativa per l’archeologia cittadina essendo adiacente all’area di S. Pietro tuttora in fase di scavo, dalla quale provengono diversi dei reperti esposti.
Nelle moderne teche pezzi di prestigio e oggetti di uso quotidiano, alcuni dei quali finora mai visti dal pubblico, appartenenti alle collezioni già esistenti o di recente ritrovamento. Una parte del materiale esposto “narra” la storia del luogo che ospita il museo con le epigrafi medievali del complesso monastico, alcune belle ceramiche rinvenute in uno dei pozzi presenti nel bastione, usato come discarica del convento, e una video-animazione sulla vita di monache e badesse un tempo qui residenti; poi c’è la romana Barium con i ritrovamenti di una domus in strada Annunziata, fra cui un particolare bicchiere in vetro; infine i corredi di età arcaica e classico-ellenistica provenienti dal territorio cittadino, fra i quali uno rinvenuto nel 1912 nella vicina piazza San Pietro, da Michele Gervasio, allora direttore del Museo. Non manca uno spazio dedicato al “Museo com’era”, fra teche vintage e registri dei visitatori.
L’intervento di restauro del complesso conventuale è stato reso possibile dai finanziamenti del Ministero per i Beni e le attività culturali e della Regione Puglia ed ha permesso l’apertura di questa prima sezione, che anticipa di qualche mese quella delle altre sezioni, ubicate nelle sale superiori e allestite con i reperti provenienti dal territorio della provincia di Bari. Si tratta dunque di un’apertura in progress, iniziata con una tre giorni di visite gratuite il 12, 13 e 14 ottobre, e destinata a proseguire con una nuova apertura speciale nella festività del prossimo 1 novembre (dalle 10.00 alle 14.00) comunicata al pubblico con il lancio, sulla pagina Faceook del Museo, di un suggestivo promo-video per la regia di Nicola Amato, con la musica di Miro Abbaticchio, in proiezione in una delle sale del museo (guarda video in alto).
“L’apertura del Museo Archeologico di S. Scolastica – ha detto Luigi La Rocca, Soprintendente Archeologia, Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Bari – coincide con la restituzione alla città di uno spazio importante, perché è una delle prime testimonianze della presenza monastica a Bari, con resti già di epoca bizantina rinvenuti nel corso degli scavi archeologici; uno spazio oggi scelto come contenitore per un Museo che torna a rivivere, dopo anni di chiusura, con le sue preziose collezioni finalmente restituite alla fruizione del pubblico”.
“E’ bello pensare – ha commentato l’assessore alla Cultura della Città Metropolitana di Bari, Francesca Pietroforte – che l’accesso al Museo, il cui percorso si apre con i reperti della Peucezia, antico nome della Terra di Bari, coincida con un tratto delle antiche mura della città, cioè con un luogo di difesa oggi trasformato in un luogo di accoglienza”. La città torna così a riappropriarsi delle testimonianze del proprio passato in un luogo che è stato esso stesso protagonista e testimone della storia barese e che “nella sua nuova veste di contenitore culturale – ha annunciato il sindaco Antonio Decaro – sarà completamente fruibile entro la fine del 2018, insieme all’adiacente area archeologica di S. Pietro”.
STORIA E COLLEZIONI DEL MUSEO ARCHEOLOGICO
L’istituzione del Museo Archeologico di Bari risale a 143 anni fa, quando la Deputazione Provinciale lo costituì intorno a un piccolo nucleo di reperti raccolti dal prof. Nitto De Rossi nell’Istituto Tecnico di Bari. Per l’apertura al pubblico si dovette però aspettare il 1890 con l’inaugurazione della sede nel palazzo Ateneo dove è rimasto fino all’anno 2000. Da quegli inizi in poi è stato tutto un susseguirsi di nuove acquisizioni grazie a lasciti, donazioni e acquisti curati dalla Commissione di Archeologia e Storia Patria. A Maximilian Mayer, direttore del Museo dal 1894 e a Michele Gervasio direttore dal 1909 toccò invece compilare l’inventario, condurre studi specialistici e promuovere importanti campagne di scavo. Con il nuovo secolo cospicui acquisti andarono ad accrescere il patrimonio disponibile, integrato con reperti prestigiosi come i reperti canosini della tomba Varrese, la collezione Polese con oltre 2000 oggetti, il monetiere Maselli.
Nel 1957 la gestione del Museo passò dalla Provincia allo Stato e tutti i reperti provenienti dagli scavi effettuati in provincia di Bari, fra cui quelli di Monte Sannace, a Gioia del Colle, e di Conversano, vi vennero convogliati dall’allora Soprintendenza delle Antichità della Puglia e del Materano. Fra gli anni ’70 e ’80 nuovi reperti vi arrivano anche dalle città pugliesi di Acquaviva delle Fonti, Canosa, Rutigliano, Conversano, Turi, andando ad arricchire un’ampia collezione composta di oltre 30.000 reperti. Molto diversificata, essa include materiale preistorico come strumenti litici e ceramica impressa; ceramica indigena geometrica dauna, peuceta e messapica; ceramica apula di derivazione greca a vernice nera, sovradipinta, a figure rosse e dello stile di Gnathia; ceramica greca, corinzia e attica; terrecotte figurate e architettoniche; sculture in pietra; vasi, armi, armature e utensili in bronzo; oreficerie; epigrafi greche e latine; monete greche, romane, bizantine, medievali e moderne; gemme incise; oggetti di osso e di avorio; vetri e ambre.
Dopo la chiusura del 2000, la Provincia ha chiuso la convenzione del 1957, riassumendo direttamente la gestione del Museo Archeologico e trasferendo le raccolte nel complesso di Santa Scolastica, il cui progetto di restauro e rifunzionalizzazione in chiave museale fu sottoposto a un concorso internazionale di progettazione bandito nel 2007. Riordinati i depositi con la ricomposizione dei nuclei originari dei reperti, è stato reso disponibile un database digitale per la consultazione delle schede inventariali comprensive di testi e immagini per ogni oggetto.
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