L’INAUGURAZIONE
Il Nuovo Museo Archeologico di Reggio Calabria riapre le sue porte al mondo con i guerrieri di Riace. E’ tempo di mutare il bronzo in oro
di Enzo Garofalo
Gli antichi alchimisti quando parlavano della possibilità di “trasmutare il vile metallo in oro” alludevano – con immagine metaforica fraintesa dai più ma portatrice di una profonda verità – ad un’operazione da compiersi sul piano dello spirito prima ancora che della materia. E sostenevano che per fare questo – per trasmutare cioè le energie, e quindi anche la realtà esteriore – occorre concentrare ed elevare aspirazioni, attitudini e contenuti della mente, in quanto, per la Legge del magnetismo, si attrae ciò che è affine e corrispondente alle vibrazioni del nostro mondo interiore. In tal senso c’è una indiscutibile verità nelle parole dell’ex sindaco di Reggio Calabria, il compianto Italo Falcomatà, che risuonano ancora attuali in una città che – soprattutto con la riapertura del prestigioso Museo Archeologico, avvenuta sabato con l’inaugurazione dei due inestimabili Bronzi di Riace freschi di restauro – prova ad alzare il tiro delle sue aspirazioni pur avendo ancora molti problemi da risolvere, a partire dal fatto di essere un Comune sciolto per infiltrazioni mafiose e sottoposto a gestione commissariale straordinaria dall’ottobre 2012.
Ecco cosa diceva Falcomatà in un suo discorso del 1997, che rimane ancor oggi un grande monito per tutti: “…tutti quanti dobbiamo avere uno stato d’animo più costruttivo, più ottimista, che sia di incoraggiamento a quelli che ancora sono con lo sguardo rivolto al passato…La città vuole da noi questo cambiamento generale…la città merita un cambiamento generale del comportamento di ognuno di noi, la vogliamo più educata, più civile, più elegante, nel suo aspetto esteriore e fisico, ma vogliamo che la città sia tale anche negli uomini che la rappresentano…vogliamo la gentilezza anche in politica, vogliamo che anche in politica imperi la signorilità dei comportamenti…anche noi abbiamo qualcosa di importante da fare per rendere questa città più gradevole agli altri, più piacevole a coloro che vi risiedono, e siamo tutti noi…”. E’ questo il segreto: un cambiamento di prospettiva, di concezione, di sentimenti, come base da cui partire per una rinascita piena. Rinascita che però, a distanza di 16 anni da quelle parole sembra ancora lontana. Tuttavia Reggio Calabria prova a rialzare la testa e lo fa partendo da quello che è il suo patrimonio più importante, il Museo Archeologico Nazionale, uno spazio che raduna alcune delle più alte testimonianze della civiltà che in un remoto passato ha contribuito a gettare le fondamenta della cultura europea.
Il 21 dicembre Fame di Sud era a Reggio per testimoniare l’inizio di questo che si spera sia davvero un nuovo corso, una sfida che parte riconsegnando alla pubblica fruizione i Bronzi di Riace, rientrati nella loro sede abituale dopo un lungo restauro, e con le ingenti risorse spese per un restyling che vede rinnovata l’intera struttura museale ubicata nel monumentale Palazzo Piacentini. In tarda mattinata siamo arrivati da Bari in una città che ci ha mostrato subito le sue due anime contraddittorie: da una parte una città attiva, fatta di persone impegnate a guadagnarsi con intenso lavoro il proprio pane quotidiano, una città che grazie al suo meraviglioso lungomare – il più bel chilometro d’Italia, come lo definiva D’Annunzio – gode della vista su uno dei paesaggi più suggestivi del nostro Paese, lo Stretto di Messina, con la Sicilia che sembra potersi afferrare con la mano, e dall’altro lato una città ad alto tasso di disoccupazione, in parte urbanisticamente degradata con condomini di sei-sette piani nella zona più sismica d’Italia, immobili spesso abusivi inframezzati tra palazzi e ville d’epoca ad un solo piano testimoni di più antiche e sagge scelte edilizie; con la splendida Villa Zerbi che si sta sgretolando a vista d’occhio e intere aiuole verdeggianti di Ficus maestosi pullulanti di cartacce e altri rifiuti a pochi metri dall’ingresso del Museo Archeologico appena riaperto, accanto a vie civilmente messe a disposizione dei pedoni che vi passeggiano indisturbati godendosi l’atmosfera natalizia.
La sensazione che questo contrasto suscita è di rabbia, un sentimento che ha il sapore acre dello sbigottimento di fronte ad una città che ha fra le mani una miniera d’oro – il suo illustre passato, un inestimabile patrimonio d’arte e civiltà come quello conservato nel Museo, un paesaggio che nonostante le ferite ancora strappa emozioni in chi ha occhi per guardare, cuore per sentire e mente per conoscere cosa è stata la Reggio della Magna Grecia o ancora quella dell’Ottocento, quando il viaggiatore e pittore inglese Edward Lear scriveva «Reggio è un grande giardino, uno dei luoghi più belli che si possono trovare sulla terra» – che però sembra non vedere o, peggio ancora, a cui pare non attribuire alcuna importanza. E’ chiaro che i terremoti non hanno aiutato la città a conservarsi al meglio, ma la mano nefasta dell’uomo e l’incuria hanno fatto il peggio che potevano. Ma non è più il caso di piangersi addosso perchè il tempo e le occasioni perdute da riguadagnare sono davvero ingenti.
L’idea di ‘ricominciare’ muovendo dalle proprie radici culturali è senz’altro la più sensata che si potesse concepire, ma occorre crederci fermamente, e soprattutto lavorarci su intensamente per non rischiare che le belle parole pronunciate sabato da politici ed addetti ai lavori presenti al taglio del nastro (il ministro dei Beni Culturali e del Turismo Massimo Bray, l’assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri, i membri della commissione straordinaria Gaetano Chiusolo, Giuseppe Castaldo e Carmelo La Paglia, il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, il direttore regionale per i Beni Culturali e paesaggistici Francesco Prosperetti) rimangano l’ennesimo flatus vocis al quale non conseguono fatti concreti. A tal proposito apprezzabile è stata la misura con cui il ministro Bray, prima di fare ingresso nel rinnovato Museo Archeologico, ha dichiarato: “preferisco in questa fase non fare promesse che potrei rischiare di non mantenere”; un invito a tenere i piedi per terra sottolineando peraltro con forza il proprio impegno affinché Reggio e l’intera Calabria possano trovare nel patrimonio culturale un solido motivo di riscatto: “La sfida sono il turismo e la cultura, con il Mezzogiorno dobbiamo lavorare insieme. Bisogna ripartire da qui”. Sfida, ecco la parola chiave per il futuro di questa città e della regione tutta. Un percorso che dovrà passare attraverso un’articolata serie di iniziative che mirino a trasformare la Cultura e la Bellezza in un potente lievito morale soprattutto per le nuove generazioni.
Nel caso di un’istituzione culturale di rilievo come il Museo è indispensabile creare un ponte fra essa e la società civile, coinvolgendo soprattutto gli studenti d’ogni ordine e grado, nell’intento di formare i fruitori e i ‘custodi’ di domani, stimolando l’orgoglio dell’appartenenza e il recupero di un’identità culturale collettiva quasi perduta; occorre che il Museo valorizzi al meglio le proprie riserve di reperti organizzando mostre sui mille temi di cui si compone il meraviglioso mosaico della civiltà classica nel Mediterraneo; occorre potenziare al massimo la comunicazione intorno alla vita e alle attività del Museo, se lo si vuole trasformare in un propulsore del turismo, come è giusto che sia, e ciò deve avvenire sfruttando tutti i canali offerti dai media contemporanei, a cominciare da internet e iniziando col rinnovare il sito web ufficiale, al momento assolutamente insulso. Sono azioni queste che in altri paesi costituiscono il pane quotidiano e scontato per un’istituzione museale e che da noi assumono invece il carattere di un obiettivo arduo da raggiungere. Azioni indispensabili affinchè un Museo come quello di Reggio non sia una scatola inutile di “cose” morte, ma uno scrigno prezioso che custodisce le radici della nostra civiltà. Altrimenti poi ci ritroviamo vergognosamente (per noi) di fronte a una città come Londra che fa il sold out per mesi esibendo i reperti di Pompei prestati dall’Italia, mentre noi lasciamo cadere a pezzi la città vesuviana da cui provengono. Sono paradossi macroscopici, inaccettabili, che gettano fango su una nazione che aveva nella cultura e nello stile i propri “marchi di fabbrica” e che ora è ridotta all’ombra di sé stessa.
I CAPOLAVORI
La Bellezza e il messaggio di Civiltà che promanano dai Bronzi di Riace sono la sintesi di tutto ciò che la cultura può fare per migliorare la società civile. Un pubblico folto ed incantato li ha osservati per ore nel pomeriggio di sabato e ci si scopre a pensare che in una nazione normale questo dovrebbe accadere tutti i giorni dell’anno, perché sono due capolavori senza pari, riflesso di quel Sublime che da sempre contrassegna le più alte opere dell’uomo. Basterebbero queste due sculture – senza contare altri numerosi capolavori presenti nel Museo, come il Filosofo di Porticello, il Kouros, i Dioscuri – per rendere Reggio Calabria una meta imperdibile di viaggio. Altrove questo sarebbe già accaduto da anni, mentre da noi è cosa scontata che avvenga il contrario e che due ‘punte di diamante’ come i Bronzi di Riace siano stati paradossalmente relegati per decenni a mera icona kitsch per promuovere la ‘nduja o la sardella piccante.
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VISIONI DI REGGIO CALABRIA
INFO NUMA (Nuovo Museo Archeologico di Reggio Calabria):
Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria (in P.zza Giuseppe De Nava, 26) al momento è aperto solo parzialmente. L’entrata al Museo è a pagamento: 5 Euro il biglietto intero, 3 Euro il biglietto ridotto per i visitatori dai 18 ai 25 anni.
I visitatori di età inferiore ai 18 anni e superiore ai 65 anni entrano gratuitamente
L’orario di apertura va dalle 9:00 alle 19:30 tutti i giorni.
L’accesso alla Sala dei Bronzi di Riace è consentito solo a gruppi di venti persone alla volta ed è soggetto a limitazioni di tempo, secondo il seguente programma:
-sosta di circa 20 minuti nella sala pre-filtro, durante i quali un video intratterrà il pubblico con aggiornamenti sullo stato della ricerca sui Bronzi di Riace;
-sosta di circa 3 minuti nella sala filtro;
-visita ai Bronzi di circa 20 minuti;
-uscita.
Tali regole sono da rispettare tassativamente.
Orari di entrata: dalle ore 9:30 ogni venti minuti, indicativamente ogni ora ai 10, ai 30 e ai 50 minuti.
Al più presto verrà avviato un sistema di prenotazione via e-mail, del quale sarà data tempestiva comunicazione.
IL LUOGO
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I bronzi di Riace fanno parte delle pochissime sculture della Magna Grecia che, quasi intatte, sono pervenute sino a noi di un livello artistico mai più raggiunto: da sole sarebbero bastate ad allestire il Museo! Le copie dell’ Epoca Romana, pur se belle, non sono mai riuscite ad eguagliarle, forse solo in un breve periodo del Rinascimento siamo stati molto vicini.
Mi sono permessa di utilizzare una vostra foto per il mio articoletto nel mio blog. Ho comunque citato il vostro sito. http://goo.gl/WXaoCL
Cordialmente, Virginia