di Kasia Burney Gargiulo
Nell’estremo Basso Salento, sul versante ionico del ”tacco” d’Italia, a poche decine di chilometri dalle più celebri Gallipoli e Santa Maria di Leuca, c’è Ugento,il comune in provincia di Lecce che dal 2008 è stato riconosciuto dalla regione Puglia come città d’arte e località ad economia turistica per le sue bellezze architettoniche, archeologiche ed ambientali. La cittadina è situata al centro di un vasto territorio fra la costa (distante appena 5 km) e l’entroterra che si distingue per la bassa densità demografica in aree intensivamente coltivate a vite e ad uliveti, alternate ad altre lasciate a pascolo e ad interi boschi di macchia mediterranea. In questo contesto si è sviluppata la storia plurimillenaria della città di cui rimangono cospicue tracce nel Sistema Museale di Ugento e in numerosi esempi di architettura religiosa, civile e militare.
Ed è proprio del Sistema Museale che noi di Fame di Sud vogliamo parlarvi visto che da pochi giorni figura fra i Partner del nostro Magazine, nella sezione in cui segnaliamo in via permanente enti e soggetti che a diverso titolo operano sulla scena civile del Sud Italia agendo con rilevante impegno nei campi della promozione e valorizzazione della cultura e del territorio e in quelli della tutela del paesaggio e dell’ambiente.
Il Sistema Museale è stato istituito nel 2011, con una concessione di servizi stipulata tra il Comune e lo Studio di Consulenza Archeologica, al fine di promuovere un percorso di gestione integrato dei Beni Culturali del territorio. Esso comprende il Nuovo Museo Archeologico, la Collezione Archeologica “Adolfo Colosso”, il Complesso Monumentale della Cripta del Crocifisso e la Chiesa della Madonna di Costantinopoli.
Questi luoghi della cultura costituiscono altrettante tappe di un percorso che si snoda lungo le vie della cittadina ubicata su quello che fu il sito dell’antica città messapica di Ozan. Il territorio conobbe in realtà una prima frequentazione antropica già nel Neolitico, con una continuità abitativa costante; questo ha fatto sì che Ugento diventasse uno straordinario scrigno di storia, arte e cultura.
In età iapigio-messapica (VIII-III sec. a.C.) la città raggiunge un eccezionale sviluppo, arrivando ad essere uno dei centri più importanti nell’amministrazione e nel controllo del territorio dell’attuale Salento. La cinta muraria di 4900 m, costruita proprio in questo periodo, circoscrive un’area di 145 ettari, in gran parte costituita da terreni pianeggianti. Di fondamentale importanza in età messapica fu il porto, costruito in uno dei migliori approdi naturali dello Ionio, a Torre San Giovanni, oggi oggetto di una campagna di scavo archeologico sistematica.
A questo lasso di tempo appartiene uno dei più famosi reperti archeologici rinvenuti ad Ugento e cioè la celebre statua bronzea dello Zeus arcaico, databile intorno al 500 a.C. e oggi conservata nel Museo Archeologico di Taranto.
Nell’89 a.C. la città divenne municipium romano, con il nome di Uxentum. Con la caduta dell’impero romano, Ugento passa nelle mani dei Bizantini che lasciano importanti tracce sul territorio. Successivamente i Normanni, modificano l’aspetto dell’area, collocando la loro sede centrale nel luogo dove, in età angioina, viene edificato il Castello.
Il Nuovo Museo Archeologico, che raccoglie le testimonianze più antiche della storia di Ugento, è stao inaugurato nel 2009 all’interno del complesso conventuale di S. Maria della Pietà dei Frati Minori Osservanti, edificato nel 1455 dai conti Orsini-Del Balzo e più volte rimaneggiato nel corso dell’Ottocento. Del complesso conventuale si conserva un interessante ciclo pittorico, recentemente restaurato e oggi perfettamente fruibile, anche con innovativi supporti multimediali (nella foto seguente). Degne di nota sono le tre cappelle affrescate, un tempo facenti parte della Chiesa di Sant’Antonio, poi murate a seguito di un ridimensionamento della stessa. Notevole è il ciclo cinquecentesco, ispirato alla Genesi, che si conserva nel refettorio, oggi adibito a sala conferenze.
Gli spazi espositivi del Museo si distribuiscono su due piani: il chiostro, al piano terra, è interamente dedicato all’imponente Tomba dell’Atleta, scoperta nel 1970 sulla via Salentina. La tomba è stata posizionata ricollocando sul basamento le lastre delle fiancate e delle testate e ricostruendo l’originaria forma a cassa.
Presenta un’intonacatura interna con decorazione pittorica a fasce rosse, bianche, blu e nastri ondulati. La copertura, collocata di fianco, è costituita da due lastroni a doppio spiovente, intonacati all’interno. La Tomba dell’Atleta, così definita per una parte del corredo funerario, con elementi legati all’attività ginnica, aveva ospitato due deposizioni, una collocabile tra il 510 e il 490 a.C. e l’altra agli inizi del IV secolo a.C.
Le vetrine lungo il perimetro del chiostro, conservano il corredo bronzeo e ceramico delle due deposizioni, tra cui gli strigili, la famosa oinochoe con ansa antropomorfa (nella foto seguente), un bacino tripode, vasi attici a figure rosse, vasi protoitalioti, vasi a vernice nera.
Nelle sale al piano terra sono esposti il plastico della città, il materiale proveniente da sepolture infantili, oggetti rinvenuti in una tomba appartenente ad un membro dell’aristocrazia guerriera e il calco dello scheletro di un uomo ritrovato in via Corfù ad Ugento. Uno dei reperti più importanti è la trozzella databile alla seconda metà del V sec. a.C..
Al primo piano, si trova l’ala dedicata alle necropoli di Ugento e alle mura della città antica. Una seconda ala è incentrata sui culti indigeni della Messapia: le sette sale espongono oggetti votivi e statuette in terracotta, datate all’età ellenistica, provenienti dal santuario di Artemide, vicino all’antico porto ugentino di Torre S. Giovanni, statuette in terracotta raffiguranti divinità di età arcaica e la copia della statua dello Zeus di Ugento, capolavoro della bronzistica magnogreca. Seguono tre sale dedicate alla ceramica medievale di produzione ugentina e la corposa sezione numismatica.
Sempre dedicata ai reperti delle età più antiche è la Collezione Archeologica “Adolfo Colosso”, conservata all’interno dell’omonimo palazzo del proprietario terriero, sindaco di Ugento e appassionato collezionista di antichità. Conta circa 794 reperti, databili tra il VII sec. a.C. e l’età altomedievale, disposti per sezioni tematiche. Una parte della collezione è dedicata ai reperti databili tra il VI secolo a.C. e l’età ellenistica: sono esposte trozzelle e piatti a vernice bruno rossiccia, tutti elementi caratteristici del repertorio ceramico indigeno dei Messapi. C’è, poi, tutta la produzione ceramica importata dalla Grecia, come le lekythoi attiche. Nella collezione sono presenti anche reperti scultorei tra i quali si distinguono una testa di impronta scopadea, della fine del IV sec. a.C. ed un torso maschile in pietra. Elemento di punta della raccolta è un capitello dorico con abaco decorato da rosette, strettamente confrontabile con il capitello sul quale era collocata la statua dello Zeus stilita.
La Cripta del Crocifisso, sita in prossimità dell’antica cinta muraria messapica, è un ipogeo adibito nei secoli a luogo di culto. Collocandosi sul tracciato della Via Traiana Salentina, importante arteria stradale di età romana imperiale (II secolo d.C.), è stata, nel corso dei secoli, meta di pellegrinaggi. La frequentazione del sito si colloca in pieno periodo bizantino (VI sec. d.C.). L’invaso, di forma trapezoidale, è per metà cavità carsica naturale, oggetto poi di allargamenti che hanno condotto alla forma attuale. Particolari e uniche sono le decorazioni che ricoprono la volta e il ciclo pittorico che copre il perimetro interno dell’ipogeo. Sul soffitto sono dipinti scudi crociati rossi e neri, figure mitologiche come l’Idra, il Grifone e altre creature mostruose (nella prima foto seguente), frequentemente descritte nei bestiari medievali. La loro presenza richiama simbolicamente agli ordini cavallereschi e ha anche funzione apotropaica.
Sulle parete settentrionale della Cripta campeggia la figura della Vergine che ascolta il messaggio dell’Arcangelo Gabriele. All’Annunciazione segue l’immagine dell’Arcangelo Michele. Sulla parete orientale è addossato un altare seicentesco sormontato da un affresco ad esso contemporaneo, che raffigura la Crocifissione e da il nome alla cripta. Sulla stessa parete è una rappresentazione di San Nicola (nella foto a destra, qui sopra). All’estremità della parete settentrionale è raffigurato il Cristo Pantocratore, a mezzo busto, con la mano destra benedicente alla greca. Infine sulla parete orientale, a conclusione del ciclo pittorico, sono due affreschi raffiguranti la Vergine. Cronologicamente il ciclo degli affreschi della cripta può essere distinto in tre periodi: ad una prima fase, corrispondente al XIII secolo, risalgono gli affreschi della volta, il dipinto dell’Annunciazione e il dipinto della Vergine a mezzo busto che stringe il Bambino al volto e che viene canonicamente definita “Vergine della Tenerezza”. In pieno XIV secolo, vengono invece dipinti il Cristo Benedicente, San Nicola e la Vergine in trono. L’ultimo intervento decorativo risale al XVII secolo, quando viene dipinta la scena della Crocifissione.
La Chiesa della Madonna di Costantinopoli, sita sulla strada che da Ugento conduce a Casarano, risale ai primi anni del 1600. Eretta per iniziativa privata, la cappella è stata recentemente riacquistata dal Comune di Ugento che ha provveduto ad un restauro completo nel 2005. Composta di un singolo vano a botte, presenta le pareti completamente affrescate. Sulla parete che sormonta l’altare è raffigurata la Madonna di Costantinopoli.