di Redazione FdS
Si è appena conclusa a Bari con grande successo l’affascinante mostra HABITUS – Percorsi tra costume e architettura, un itinerario attraverso la moda nell’arco dei secoli (dal IV d.C. al XX) vista a confronto con le coeve architetture cittadine. Curata da Tommaso Lagattolla, della cattedra di Costume per la Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Bari, l’esposizione è rimasta allestita nell’antica fortificazione affacciata sul mare fino al 15 giugno scorso ed oltre all’esposizione degli abiti – di accuratissima realizzazione e ricchi di preziosi dettagli – ha previsto anche alcuni itinerari culturali guidati attraverso la città alla scoperta dei luoghi e delle architetture storicamente relazionabili con i sontuosi costumi in mostra. Un modo per dare risalto agli abiti stessi calandoli nelle epoche considerate e legandoli alla storia della città e dei suoi monumenti.
La mostra, che si è avvalsa della presentazione di Caterina Chiarelli, direttore della Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze, è stata patrocinata dal Comune di Bari, dall’Accademia e dalla FedAC (Federazione delle Associazioni per la Cultura di Terra di Bari), ed è stata coadiuvata dall’Associazione culturale Agorà Mediterranea. L’esposizione si è articolata in tre isole espositive sulle quali sono stati allestiti gli abiti in ordine cronologico: il nucleo bizantino/medievale ha avuto il suo pendant urbano nelle architetture di Palazzo Simi, delle Case Torri dell’Isolato 49, nel Succorpo della Cattedrale e di Santa Maria del Buon Consiglio; quello rinascimentale e neoclassico ha previsto visite a piazza Mercantile, alla Chiesa di San Michele Arcangelo, alla Chiesa di Sant’Anna, dopo aver toccato Castello, Basilica di San Nicola e Palazzo Zizzi, luoghi legati alla figura di Bona Sforza. Infine, il periodo Liberty e Decò ha ritrovato le sue suggestioni in piazza del Ferrarese, nella Chiesa di San Domenico e soprattutto nei centri della vita finanziaria e mondana della borghesia barese del XX secolo: Teatro Piccinni, Palazzo Mincuzzi, Teatro Petruzzelli, Banca d’Italia, Palazzo della Camera di Commercio e Teatro Margherita.
Oltre ad offrire ai nostri lettori che non avessero visto la mostra la possibilità di ripercorrerla per immagini, abbiamo chiesto al curatore Tommaso Lagattola – costumista, scenografo e docente all’Accademia di belle Arti di Bari (nella foto seguente, con una delle sue allieve) – di esporci le idee che hanno ispirato la realizzazione di questo bellissimo allestimento. Ecco cosa ci ha scritto:
«Moda e architettura appartengono all’oscurità dell’attimo vissuto, alla coscienza onirica del collettivo. Questa nota frase di Walter Benjamin mostra come moda e architettura, ciascuna con il proprio linguaggio, influenzino in modo analogo la nostra percezione dell’essere comunità: la moda “abita i corpi”, l’architettura “veste i luoghi”. La stretta correlazione tra le due arti nella cultura contemporanea è stata oggetto di indagine in una famosa mostra dal titolo The Fashion of Architecture: Constructing the Architecture of Fashion presso il Centre for Architecture dell’AIA New York Chapter; ma le reciproche influenze datano senza dubbio alle prime esperienze umane di costruzione del corpo in quanto fenomeno sociale. Ciò è reso evidente, per esempio, dal fatto che la moda altera sempre il corpo, soprattutto femminile, perfino quando la silhouette è all’apparenza semplice, come nella moda greco-romana, o in quella neoclassica o nel Primo Impero.
Uno dei momenti di maggior alterazione del corpo è il Settecento: nel lessico della moda del tempo il busto, che altera le forme femminili, è chiamato corps, a dimostrazione del fatto che il corpo della donna non esiste, nella sua percezione sociale, se non in virtù delle sottostrutture vestimentarie che lo plasmano. Non stupisce dunque che proprio in questo periodo la riflessione teorica sulla necessità di edificare il corpo come fosse un’architettura è particolarmente acuta, come dimostra il libro di William Hogarth, The Analysis of Beauty, che si sforza di ricondurre in astratto l’essenza della bellezza a forme geometriche. L’invenzione stessa del panier, o quanto meno la sua diffusione, è ricondotta da cronache settecentesche all’imitazione delle forme della cupola di St. Paul dell’architetto Christopher Wren; così come, nell’Ottocento, la crinolina ha un punto di riferimento nelle forme architettoniche del Crystal Palace, eretto per ospitare la celebre Esposizione Universale del 1851.
Le suggestioni che la moda trae dall’architettura non si limitano solo alle forme, ma attengono anche ai singoli elementi decorativi: il gusto ornamentale passa facilmente dall’architettura alla moda, e dalla moda all’architettura. Se ne ha un esempio a tutti noto nei merletti cinquecenteschi veneziani, quali quelli documentati nella Corona delle nobili et virtuose donne di Vecellio (1592), che è agevole mettere in relazione con le architetture tardogotiche della città lagunare; siffatti merletti tornano poi in auge nel revival culturale noto come eclettismo alla fine dell’Ottocento. Peraltro, proprio l’eclettismo dimostra come le influenze dell’architettura sulla moda travalichino la contemporaneità, giacché suggestioni vengono riprese anche da modelli storicizzati: un esempio su tutti è la scoperta della tomba di Tutankhamon, nei primi anni Venti, che influenzò molto lo stile vestimentario decò.
L’innovazione tecnologica della modernità consente oggi anche ulteriori elementi di interferenza tra i due ambiti: nella moda si assiste talora all’uso di materiali specifici della costruzione architettonica (pvc, led, metalli), come si osserva nella produzione di Hussein Chalayan.»