“…Ci spingiamo innanzi sul mare (….) quando da lungi scorgiamo oscuri colli e il basso lido dell’Italia (…) Le invocate brezze rinforzano, e già più vicino si intravede un porto, e appare un tempio di Minerva su una rocca. I compagni ammainano le vele e volgono a riva le prore. Il porto è incurvato ad arco dalla corrente dell’Euro; i suoi moli rocciosi protesi nel mare schiumano di spruzzi salati, e lo nascondono; alti scogli infatti lo cingono con le loro braccia come un doppio muro, e ai nostri occhi il tempio si allontana dalla riva”
Virgilio, Eneide, L. III, vv. 506 e ss.
di Redazione FdS
A raccontare in questi versi l’approdo in Italia, nel punto del Mar Adriatico dove “più breve il viaggio sulle onde”, è lo stesso Enea a cui dà voce il poeta Virgilio nel suo capolavoro letterario, l’Eneide. Scritto nel I° secolo a.C., narra la leggendaria storia dell’eroe troiano, figlio di Anchise e della dea Venere, che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia e viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nel Lazio, diventando il progenitore del popolo romano. Ebbene, questo straordinario viaggio in cui si sostanzia – come tante altre volte nella loro storia – la vocazione dell’Italia e del Mediterraneo quali crocevie di popoli e di culture, è ufficialmente candidato al riconoscimento di Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa. L’Associazione “Rotta di Enea”, con sede a Roma, promuove infatti il patrimonio culturale e artistico legato a Enea come valore universale perché considera l’eroe troiano figura centrale delle comuni radici europee e della fratellanza euro-mediterranea e l’esperienza del suo viaggio narrato da Virgilio come fonte di quella mescolanza e incontro tra le diversità che dà luogo a nuovi e più alti valori di civiltà.
Secondo le due fonti principali che, sia pure con alcune differenze, ci parlano di questo viaggio – l’Eneide di Virgilio e le Antichità Romane di Dionigi di Alicarnasso – il percorso dell’eroe troiano alla ricerca di una nuova patria toccò 5 Paesi. Il primo approdo italiano – narra Virgilio – è stato la Puglia e proprio nella città pugliese di Brindisi, il 23 novembre, La Rotta di Enea è stata presentata in un convegno dedicato all’autore dell’Eneide, con Paolo Fedeli, accademico dei Lincei, la vicepresidente del Congresso dei poteri locali del Consiglio d’Europa Barbara Toce, il presidente dell’associazione Rotta di Enea, Giovanni Cafiero e l’assessore regionale alla cultura e al turismo, Loredana Capone, in collaborazione con la Camera di Commercio di Brindisi e Assonautica.
ENEA: BREVE RITRATTO DI UN EROE
Ma chi era Enea? Enea – narra il mito – era l’eroe troiano figlio del mortale Anchise (cugino del re Priamo) e di Afrodite, dea della bellezza; nella guerra di Troia aveva parteggiato per Priamo e per i Troiani e in battaglia si era rivelato valoroso a tal punto da essere definito “secondo solo a Ettore”. Protagonista assoluto dell’Eneide di Virgilio, dopo la sua fuga da Troia insieme al padre Anchise e al figlio Ascanio avuto da Creusa, affronta lunghe peregrinazioni che si concluderanno con il suo approdo nel Lazio e il suo matrimonio con la principessa Lavinia, figlia del re locale Latino, a cui seguirà la fondazione di Lavinium (l’odierna Pratica di Mare). Suo figlio Ascanio fu invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori diedero origine alla dinastia dalla quale, dopo varie generazioni, discenderanno Romolo e Remo, figli di Rea Silvia, e in seguito la gens Giulia, cui appartennero Giulio Cesare e il primo imperatore Augusto. La nascita di Roma stessa è dunque legata ad Enea, il cui viaggio, a dar credito al Mito, altro non sarebbe stato che un ritorno nella terra natia del fondatore di Troia, Dardano, il quale secondo una affascinante versione etrusca riportata da Virgilio, proveniva dalla città etrusca di Corito (oggi Corneto di Tarquinia), dalla quale sarebbe poi passato in Samostracia.
LA ROTTA DI ENEA: PUGLIA, PRIMA FERMATA ITALIANA
Partito da Troia in fiamme e imbarcatosi da Antandros sulle coste dell’attuale Turchia, il viaggio dell’eroe troiano si snodò tra Turchia, Grecia, Albania, Tunisia e Italia, con 21 tappe principali in luoghi suggestivi della civiltà mediterranea: dopo varie soste, tra cui quelle nel Chersoneso Tracico (Turchia), a Delo e nelle Isole Strofadi (Grecia), giunto a Butrinto (Albania), il fondatore Eleno, dotato di spirito profetico, indicò ad Enea di recarsi in Italia e gli consigliò – prima di proseguire ulteriormente – di sbarcare presso Cuma per chiedere responso alla Sibilla che lì abitava. Il primo approdo in Italia avvenne nel basso Salento ed è collocato da Virgilio a Castrum Minervae, l’odierna Castro (Lecce), località dove nel 2015 la leggenda ha preso corpo dopo che un gruppo di archeologi guidati da Amedeo Galati ha rinvenuto una statua femminile mutila del IV sec. a.C. la cui altezza è stata calcolata intorno ai 4 metri e la cui identità corrisponderebbe a quella dell’Atena Iliaca di cui parla Virgilio. La scultura è sprovvista della testa e di altri dettagli anatomici, ma presenta eccezionali tracce di rosso porpora; rinvenuti anche la falange di un dito, un braccio e una mano ma col tempo altri elementi mancanti potrebbero tornare alla luce.
Dionigi di Alicarnasso coinvolge peraltro anche altre località della Puglia, allorché nelle sue Antichità Romane scrive che “Enea e i suoi compagni non sbarcarono in Italia tutti nello stesso punto, ma la maggior parte delle navi approdò al Capo Iapigio che da Enea prende il nome di Porto di Afrodite”, spingendo gli studiosi a chiamare in causa la baia situata a Santa Maria di Leuca, tra le due punte Ristola e Meliso, dove oggi sorge il santuario dedicato alla Madonna de Finibus Terrae, ma non manca una tradizione che vorrebbe invece il Porto di Afrodite nella splendida baia di Porto Badisco, a sud di Otranto (Lecce).
E’ dunque in Puglia che nasce il periplo di Enea nell’Italia meridionale, dall’Adriatico al Tirreno, percorso che oggi il progetto La Rotta di Enea propone con “un forte valore per il rilancio del Mezzogiorno”. “Enea che porta con sé il Palladio, la statua di Atena, divinità protettrice della Città – spiega Cafiero -, in viaggio con il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio per mano, rappresenta una metafora che può guidare il rilancio del Mezzogiorno in un contesto Euromediterraneo: fedeli alle proprie tradizioni ma proiettati verso un futuro aperto agli scambi culturali, al turismo, all’economia del mare”.
LA PROSECUZIONE DEL VIAGGIO IN ITALIA
Dopo l’approdo pugliese, la tradizione virgiliana e quella di Dionigi di Alicarnasso divergono perché quest’ultimo cita una tappa nel Bruzio (odierna Calabria), presso il Capo Lacinio (odierno Capo Colonna, a Crotone), sede del celebre Santuario di Hera Lacinia, luogo che invece Virgilio cita solo fra quelli avvistati durante la navigazione. E se secondo Dionigi da Capo Lacinio la flotta di Enea prosegue direttamente in direzione di Drepanon (odierna Trapani), in Sicilia, per Virgilio tale destinazione fu preceduta da una fermata presso l’Etna, nell’omerica terra dei Ciclopi, dove alla flotta troiana si sarebbe unito Achemenide, un compagno di Ulisse abbandonato in quella terra. Arrivato a Trapani, indicata da Dionigi come porto di Erice, Enea avrebbe incontrato Elimo ed il re Egeste, suoi conterranei che avevano lasciato Troia molto tempo prima di lui. Egeste era figlio del dio fluviale Crimiso e della troiana Egesta e avrebbe accolto favorevolmente Enea nel suo regno, celebrando sul Monte Erice il rituale di sepoltura per suo padre Anchise. Secondo la leggenda sarebbe inoltre il fondatore di Segesta, ma è ad Enea che Virgilio attribuisce l’origine di questa città, da lui fondata per far riposare i vecchi e le donne.
Ripreso il viaggio, la dea Hera, carica d’odio per i Troiani, avrebbe scatenato una tempesta contro la flotta che venne trascinata verso l’Africa. Sbarcato a Cartagine, Enea venne accolto dalla regina Didone con la quale nacque un amore incontenibile, ma per ordine di Zeus l’eroe dovette ripartire lasciando la donna in preda a una disperazione che la portò al suicidio. Ritornato a Erice, Enea vi celebrò l’anniversario della morte del padre Anchise con dei giochi in suo onore, i ludi novendiali, ai quali parteciparono atleti sia troiani che siciliani. Intanto, alcune donne al suo seguito, stanche della lunga peregrinazione diedero fuoco ad alcune navi ancorate a Trapani, per cui Enea ordinò che chi non volesse continuare il viaggio sarebbe potuto rimanere in Sicilia, mentre gli altri lo avrebbero proseguito insieme a lui. Il viaggio continuò in direzione della Campania, dove le varie versioni del mito riportano tappe a Procida e Miseno (il cui nome deriverebbe da quello del trombettiere dell’esercito troiano qui naufragato), non prima di un passaggio presso Palinuro (località a cui diede il nome il nocchiero di Enea qui caduto in mare durante il sonno) e, forse, ancor prima lungo la costa tirrenica della Calabria, se si vuole dare un senso a due toponimi tradizionali, Arco e Spiaggia di Enea, presenti lungo la costa di S. Nicola Arcella (Cosenza).
Giunto a Cuma, in Campania, Enea vi incontrò la Sibilla, le cui arti gli permisero di accedere da vivo nel regno dei morti dove, tra gli altri incontrò lo spirito di Didone e quello di suo padre Anchise che gli rivelò cosa lo attendeva nel Lazio e quale sarebbe stato il destino suo e della discendeza romana che da lui avrebbe avuto origine.
Ripreso il viaggio verso il Lazio, ritroviamo Enea lungo la costa tirrenica di Gaeta (Latina), città da lui fondata in omaggio alla sua nutrice Caieta che qui morì e fu sepolta. Approdato infine alle rive del Tevere, l’eroe troiano incontrò Latino, re di Laurentum (forse l’odierna Castel Porziano, presso Roma), il quale gli offrì la mano della figlia Lavinia, scatenando però così l’ira di Turno, il re dei Rutuli, a cui la fanciulla era stata promessa. Fu questa la premessa di un celebre e durissimo scontro nel quale Enea ebbe il supporto di Evandro, re degli Arcadi, quello degli Etruschi capeggiati da Tarconte e di un gruppo di Liguri. La battaglia coinvolse anche Camilla, regina guerriera dei Volsci, che supportava Turno, ma entrambi non avrebbero retto alla furia di Enea e dei suoi: Camilla rimase uccisa nello scontro con la cavalleria etrusca, mentre Turno, affrontato Enea in duello, sarebbe perito sotto i colpi della sua spada. Il viaggio di Enea era così giunto al suo culmine e sotto il segno di Marte veniva gettato il seme del destino di Roma.
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