Nel libro di Gabriele Mulè l’inedita storia vera di un avventuroso viaggio in Sicilia durante la grande eruzione dell’Etna del 1766
di Redazione FdS
Mentre l’Inghilterra della seconda metà del ‘700 consolida la sua pionieristica espansione nell’America settentrionale, tre gentlemen inglesi calamitati dal fascino del Grand Tour in Italia – il viaggio che i membri dell’alta società europea dell’epoca destinavano a perfezionare la propria formazione culturale ed estetica – decidono invece di puntare verso Sud, sfidando la fortuna e veleggiando verso la Sicilia dove, fra il 19 e 20 giugno 1766, li attende una scalata in cima all’Etna. E’ la prima volta che degli inglesi mettono piede sul vulcano più alto d’Europa, e lo fanno proprio mentre impazza la sua incandescente furia nella memorabile eruzione di quell’anno.A raccontare la loro storia è il siciliano Gabriele Mulè, architetto, studioso di Storia del Giardino e del Paesaggio che, dopo cinque anni di ricerche negli archivi di mezzo mondo (fra Gran Bretagna, USA, Italia e Sudafrica) – i cui esiti ha presentato presso alcune università del Regno Unito – ha dato di recente alle stampe “Il Vulcano di Enea. Dal Vesuvio all’Etna: storia di un favoloso Grand Tour nell’Italia del 1766” (ed. Bonfirraro, 304 pp., euro 18,90), un lavoro fra storia e narrativa che nasce da una rigorosa indagine e dalla scoperta di una serie inedita di lettere e diari di viaggio redatti tra il 1765 e il 1767, oltre che di acquerelli e di uno splendida tela a olio del pittore inglese Coplestone Warre Bampfylde, custodita in una collezione privata e raffigurante proprio l’eruzione settecentesca vista dai temerari gentlemen (v. foto in alto).
Dei tre compagni di viaggio, realmente esistiti, Mulè ricostruisce in modo avvincente avventure e dialoghi, impiegando per questi ultimi le stesse parole dei protagonisti tratte dai diari originali, e restituisce al lettore la dimensione straordinaria di un viaggio fatto di imprevisti, stanchezza, frustrazione, fame, freddo, ma anche di eccitazione e di un profondo senso di mistero quale solo un luogo mitico come l’Etna – scenario di leggende, culti ancestrali e di una natura in perenne trasformazione – può dare al visitatore.Ma chi sono i tre gentlemen britannici? Si tratta di William Benson Earle (1740-1796), Henry Penruddocke Wyndham (1736-1819) e Sir Thomas Worsley (1728-1768). Il primo è un ricco ereditiero e filantropo, che fra il 1765 e il 1766 si dedica ad attraversare in lungo e in largo il continente europeo, lasciando testimonianza dei suoi viaggi in una serie di scritti fra cui Una lettera a Lord Littelton, contenente una descrizione dell’ultima grande Eruzione del Monte Etna, A.D. 1766; il secondo è un membro del Parlamento, oltre che topografo e saggista, membro della Society of Antiquaries di Londra e della Royal Society, della quale fa parte anche Benson Earle; il terzo è il baronetto dei Worsley di Appuldurcombe, una tenuta sull’isola di White, ancora oggi esistente.
Nel libro di Mulè, i tre amici si destreggiano fra luoghi, opere d’arte e svariati incontri, inseguendo lo spirito del Grand Tour ma anche finendo alla mercé di banditi, attraversando strade pessime e soggiornando in locande indecorose, in un viaggio straordinario che li porta da Versailles alle grandiose antichità di Roma, dalle rovine sepolte di Pompei ed Ercolano fino all’imprevisto spettacolo del Vesuvio in eruzione (nell’aprile 1766). Ed è proprio quest’ultima esperienza, fonte di eccitazione e turbamento, a spingerli a tentare un’ulteriore impresa: scalare l’Etna e i suoi crateri mentre nel giugno 1766 sputano anch’essi fuoco e fiamme.
Eccoli dunque arrivare in Sicilia – un’isola ancora “molto poco visitata, per la maggior parte degli europei una terra sconosciuta, lontana e misteriosa come se appartenesse ad un altro continente”, avrebbe scritto secoli dopo Hélène Tuzet nel suo “Viaggiatori stranieri in Sicilia nel XVIII secolo” – soggiogati dalla titanica imponenza e dal surreale paesaggio del vulcano, luogo di insidie e di arcaiche energie, paradiso dello scienziato e del cercatore di conturbanti emozioni estetiche e spirituali. Una feluca li porta lungo il periplo dell’isola, seguendo gli echi lontani della rotta di Enea, il mitico eroe virgiliano, da Messina a Catania, da Siracusa ad Agrigento, fino a Palermo, alla scoperta di una terra che solo anni dopo sarebbe diventata tappa estrema del Grand Tour in Italia. Della spettacolare eruzione, motore ultimo del loro viaggio, rimane testimonianza visiva nel tenebroso e suggestivo dipinto di Coplestone Warre Bampfylde (1720-1791), capace di restituirci il brivido di quel viaggio di scoperta in una terra ancora inesplorata, irresistibile magnete di anime divise fra razionalità e meraviglia.
Il libro di Mulè sarà presentato per la prima volta il prossimo 27 aprile alle ore 17:30 presso la Sala delle Armi del Castello Ursino di Catania, dove l’autore dialogherà con l’editore Salvo Bonfirraro, il vulcanologo dell’INGV dott. Stefano Branca e il giornalista Salvo Fleres che modererà l’incontro; una presentazione che precede la partecipazione dell’Autore al prossimo Salone del Libro di Torino (9-13 maggio 2019) e quella programmata per il 24 maggio alla Biblioteca centrale della Regione siciliana ‘A. Bombace’ di Palermo.
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