di Kasia Burney Gargiulo
Le sue opere, disse una volta il critico d’arte Vittorio Sgarbi, rappresentano la “nostalgia di una integrità perduta e irrecuperabile”. Gli eroi e gli dei monumentali dello scultore polacco Igor Mitoraj, in mostra nel suggestivo contesto degli scavi di Pompei dal 14 maggio 2016 fino a gennaio del 2017, nascono infatti dalla materia marmorea o bronzea già privi della loro integrità, mostrandosi vulnerati, frammentarii, avvolti in bende o disseminati di strane finestre lungo il corpo, spezzati, vinti dalla caducità di un mondo, il nostro, che sembra aver intaccato la loro essenza atemporale e divina, simbolo di una realtà perfetta forse mai esistita. In essi persiste, potente, quello stesso fascino che sono in grado di comunicarci – pur nella loro frammentarietà – gli antichi reperti che quotidianamente il sottosuolo restituisce agli archeologi. In questi ultimi non di rado la bellezza assoluta raggiunta dall’arte antica riecheggia, al di là delle ferite inflitte dal tempo, con una forza non dissimile da quella che promana dalle opere di Mitoraj, quasi a volerci suggerire che è possibile percepire la perfezione dell’intero anche nel frammento, in virtù di una misteriosa legge di armonia. Sebbene non manchino le allusioni all’arte di varie culture antiche, in Mitoraj intensi sono soprattutto i richiami all’arte greca e romana ed il tutto è fuso in uno straordinario e personalissimo sincretismo stilistico nel quale si incontrano l’equilibrio solido dell’antichità e quello instabile di tanta arte figlia del nostro tempo.
Non a caso lo scultore – che dopo aver peregrinato per il mondo scelse di vivere e lavorare a Pietrasanta, in Toscana – amava citare fra i suoi autori preferiti innanzitutto artisti della nostra epoca come Giacometti, Marino Marini, Brancusi, anche se per lui l’arte più emozionante rimaneva pur sempre quella antica, definendosi “impastato di latinità e di oriente”. Questo suo legame profondo con l’antichità e l’essere riuscito a ristabilire, da artista contemporaneo, un ponte con i suoi valori estetici più alti di cui l’osservatore delle sue opere è fruitore emozionato, rende la scelta di Pompei, quale scenario di questa mostra, assolutamente azzeccata. Il dialogo fra le sue opere monumentali e le rovine della città vesuviana ha un che di magico: sculture e contesto sembrano rivitalizzarsi vicendevolmente, creando un’osmosi di bellezza che cattura il visitatore e lo trasporta in una dimensione fuori dal tempo. Due realtà che finiscono col fondersi senza mai sopraffarsi l’un l’altra, instaurando un legame dialettico armonioso che evidenzia e valorizza tanto la solennità storica degli scavi quanto le figure del maestro polacco. Gli imponenti e raffinati personaggi scultorei convivono con le più famose architetture dell’antica Pompei: Dedalo e il Tempio di Venere, il Centauro e il Foro, il Centurione e le Terme Stabiane, Ikaro alato e il Foro triangolare. Una scelta che esalta la capacità delle opere di Mitoraj di interloquire magnificamente con uno scenario archeologico, come già ampiamente sperimentato nelle splendide mostre tenutesi nella celebre Valle dei Templi di Agrigento e ai Mercati di Traiano, a Roma.
Sono ben 30 le monumentali sculture di Igor Mitoraj che trovano collocazione nell’area archeologica di Pompei, in uno straordinario omaggio postumo al grande artista polacco scomparso. Le maestose sculture in bronzo sono state collocate in diversi settori degli scavi, sotto la direzione artistica di Luca Pizzi dell’Atelier Mitoraj. Dal Tempio di Venere alla Basilica e al Foro, da Via dell’Abbondanza alle Terme Stabiane, dal Foro Triangolare fino al Quadriportico dei Teatri, la mostra va a suggellare un binomio osmotico tra l’archeologia e la contemporaneità dell’arte del Maestro Mitoraj, che promette di replicare il grande successo delle esposizioni di Agrigento e Roma.
“Dei ed eroi mitologici popolano le strade e le piazze della città sepolta dal Vesuvio, emergendo come sogni dalle rovine – dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale della Soprintendenza Pompei – Simboli muti e iconici, le opere di Mitoraj ci ricordano, nella loro immanenza, il valore profondo della classicità nella cultura contemporanea. A Pompei, come scrive Théophile Gautier nel 1852, «due passi separano la vita antica dalla vita moderna»”.
Il grande evento espositivo è stato ideato e promosso dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, e organizzato dalla Soprintendenza Pompei, dalla Galleria d’arte Contini e dall’Atelier Mitoraj (Pietrasanta).