di Redazione FdS
La Calabria si conferma regina di biodiversità e di vetustà vegetale: dopo Italus l’albero più antico d’Europa, e dopo i due faggi più antichi d’Europa, tutti scoperti nel Parco Nazionale del Pollino e datati scientificamente, il suo territorio torna infatti a primeggiare con una scoperta avvenuta nel Parco Nazionale d’Aspromonte, quella di una delle cinque querce più antiche del mondo, probabilmente la più vecchia di tutte. A individuarla di recente, nella spettacolare e quasi inaccessibile Valle Infernale – un vero e proprio paradiso naturale in cui si conserva ancora la primigenia flora aspromontana composta, tra l’altro, da monumentali alberi di pino laricio, roveri, faggi, abeti bianchi e cerri – un team di ricerca dell’Università della Tuscia coordinato dal prof. Gianluca Piovesan. Alla scoperta hanno collaborato anche il Parco Nazionale d’Aspromonte e i Carabinieri Forestali nell’ambito di uno studio finalizzato ad ampliare il patrimonio Unesco “Ancient and Primeval beech forests of the carpathians and other regions of Europe”, che tutela aree europee strategiche per la conservazione delle foreste vetuste.
La quercia, una rovere, ritrovata insieme ad altri esemplari monumentali all’interno della faggeta vetusta di Valle Infernale gestita dal Raggruppamento Carabinieri Biodiversità (Foresta Demaniale dell’Alto Aspromonte), ha rivelato un diametro di quasi due metri e un’età di oltre 560 anni. L’albero, caratterizzato da un fusto in parte cariato, cosa abbastanza comune fra i grandi patriarchi, è stato datato da Lucio Calcagnile e Gianluca Quarta del Cedad (Centro di Fisica Applicata, Datazione e Diagnostica dell’Università del Salento) con il metodo del radiocarbonio, utilizzando una piccola porzione di legno conservato all’interno del fusto cavo. La maestosa rovere aspromontana può pertanto considerarsi una delle querce più vecchie al mondo datate con metodo scientifico (nella foto di anteprima, un esemplare plurisecolare di quercia; per ragioni di tutela abbiamo volutamente scelto di non mostrare l’altrettanto maestoso esemplare calabrese). Essa costituisce un preziosissimo elemento di biodiversità per il Parco Nazionale, in quanto oltre al suo specifico valore naturalistico, garantisce – insieme ai tanti altri alberi vetusti presenti nella foresta di Ferràina – l’habitat a un gran numero di specie vegetali e animali, molte delle quali particolarmente rare proprio perché strettamente correlate agli ambienti forestali in cui gli alberi seguono un ciclo naturale ininterrotto che va dalla nascita fino alla morte, e anche oltre, dato che il legno morto, degradandosi, va ad arricchire il terreno di sostanza organica, regolandone fertilità ed equilibrio ecosistemico.
La foresta demaniale dell’Alto Aspromonte, grazie all’opera di tutela svolta finora, rappresenta oggi un caso di studio di eccellenza nella conservazione della natura, tanto che il suo esempio verrà divulgato nell’ambito del progetto Italian Mountain Lab, laboratorio di alta-formazione e ricerca a presidio delle montagne italiane, che si basa sulla capitalizzazione e il potenziamento delle esperienze esistenti, nonché sulla promozione della collaborazione a livello nazionale e internazionale per l’ampliamento delle attività di ricerca, sperimentazione, trasferimento tecnologico, formazione e supporto alle istituzioni territoriali per lo sviluppo e la valorizzazione della aree montane. A tal proposito, nell’evidenziare il ruolo della ricerca sul territorio delle Aree Protette, Sergio Tralongo, direttore del Parco d’Aspromonte, ha aggiunto: “Tra i tanti compiti che un Parco Nazionale è chiamato a svolgere, non si può trascurare l’indagine scientifica, che è alla base di qualsiasi politica di conservazione dell’ambiente. Gli studiosi che stanno lavorando sull’Aspromonte continuano a svelarci un patrimonio straordinario, finora quasi sconosciuto. La collaborazione con il mondo accademico è per noi fondamentale, per accrescere le nostre conoscenze, ma anche per favorire il legame del Parco con il suo territorio e la crescita professionale dei laureati nel settore”.
“Questa ulteriore scoperta – ha spiegato il Vice Presidente del Parco, Domenico Creazzo – certifica l’elevato livello di biodiversità esistente nel Parco ed aggiunge, al nostro patrimonio naturalistico, un nuovo e prestigioso elemento di caratterizzazione scientifica. Questa notizia di valenza internazionale deve ulteriormente spronarci a proseguire nelle attività di tutela e salvaguardia dell’Area Protetta, programmando percorsi di valorizzazione territoriale che inglobino le peculiarità naturalistica, storica, culturale, grazie a cui il Parco dell’Aspromonte può offrire agli appassionati, agli studiosi ed anche ai turisti visita di qualità”.
“Il Parco dell’Aspromonte è ancora in prima linea nello studio e nella valorizzazione del suo patrimonio forestale. – ha concluso il responsabile del Servizio Biodiversità Antonino Siclari – Pensare a querce di seicento anni, un’età più che ragguardevole per questi alberi, decisamente meno longevi rispetto alle conifere, è entusiasmante e ci ricorda il valore scientifico e culturale della nostra montagna, che custodisce segreti di enorme importanza. A noi il ruolo di scoprirli e di tutelarli, anche per le generazioni future”.
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L’albero quercia non solo si presenta come età molto vetusto contiene anche delle sostanze utile ed efficienti al corpo umano e alla loro salute