Iperico: l’erba che allontana il demonio. Segreti di una pianta ricca di virtù

Pianta di iperico in fiore, Parco Nazionale della Sila - Ph. © Domenico Puntillo

Pianta di iperico in fiore, Parco Nazionale della Sila – Ph. © Domenico Puntillo

di Domenico Puntillo

Diffuso in Italia da nord a sud, non mi è stato difficile scorgerlo nella mia Calabria tra la flora erbacea dei pascoli montani del Parco Nazionale della Sila dove spicca con i suoi fiori di un giallo splendente da primavera inoltrata ai primi freddi dell’autunno, raggiungendo il massimo rigoglio nel cuore dell’estate. Mi riferisco all’Iperico (Hypericum perforatum L.) noto anche come l’erba che allontana il demonio (fuga dæmonum), una pianta ricca di fascino per le molteplici virtù medicinali che le sono state attribuite nel corso dei secoli, molte delle quali confermate dalla moderna ricerca scientifica. Vediamo dunque di svelare alcuni dei suoi ‘segreti’.

L’etimologia della pianta deriverebbe dalla fusione delle parole ὑπἑρ=hyper (oltre) e ἑιχόνας = eikonas (immagine, apparizione) con riferimento alla presunta capacità della pianta di allontanare gli spiriti maligni. Linneo farebbe risalire l’etimologia, invece, ad eikos (somiglianza) perché sui petali sarebbe visibile un elemento simile a un’immagine. Infine una tesi legherebbe il nome invece ad ipò (sotto) ed ereíkē (Erica). L’aggettivo perforatum deriva, invece, dalle foglioline che, in controluce, appaiono bucherellate. In realtà è un effetto dovuto alle ghiandole traslucide presenti sia nelle foglie che nei sepali e nei petali. Nel Medio Evo la pianta prese il nome di “fuga dæmonum” (scacciadiavoli) [1] per le presunte capacità di rompere gli incantesimi e di scacciare gli spiriti immondi e anche di “herba solis perforata” ovvero erba del sole. Altri nomi attribuiti alla pianta sono: Milleforata, Perforata, Erba di San Giovanni, Pilatro, Millebuchi, Erba dell’olio rosso e Erba trona. Tuttavia il nome volgare più usato della pianta scacciadiavoli è quello di Iperico.
 

Foglioline di Hypericum perforatum viste in trasparenza: si notano le ghiandole traslucide - Ph. Harry Rose

Foglioline di Hypericum perforatum viste in trasparenza: si notano le ghiandole traslucide – Ph. Harry Rose | ccby2.0

Tra l’armamentario dei semplici (così vengono chiamate le varie piante con proprietà medicamentose) un posto d’onore spetta a questa pianta il cui uso risale a più di due mila anni fa. Già noto infatti al mondo ellenico con il nome di huperikón (ὑπερικόν), ne parla diffusamente Dioscoride Pedanio Anarzabeo (Πεδάνιος Διοσκουρίδης) [2] medico greco che esercitò la sua professione anche a Roma nei tempi di Nerone. Lo riporta nella sua Materia Medica. La sua opera si è tramandata per secoli ma la sua maggiore diffusione si ebbe nel 1500 quando il Mattioli [3] autorevole medico senese ne pubblica un commentario. Descrive l’Olio Mirabile contro i veleni dilungandosi sulla preparazione dell’olio di Iperico spiegandone dettagliatamente tutta l’elaborata preparazione [4]. Mattioli cita un altro importante medico greco, Galeno [5] che si trasferì nel 162 d.c. anche lui a Roma all’età di 33 anni: “L’Hyperico scalda, & disseccate composto di cosi sottili parti, che provoca egli i mestrui, & l’orina […] il quale impiastrato verde non solo salda le ferite, & l’ulcere; ma anchora le cotture del fuoco. Usandosi secco in polvere sana l’ulcere, che sono humide, & putride. Sono alcuni, che lo danno à bevere alle sciatiche”. Non si può fare a meno di citare anche Plinio il Vecchio (Gaius Plinius Secundus) che scrisse una monumentale enciclopedia sulla natura. Dell’Iperico scrive: “la natura del seme è di condensare: ferma il corpo, muove l’orina, e beesi al male della pietra col vino” [6].

Più tardi la medicina araba diventa depositaria del sapere medico. I primi documenti scritti li troviamo in Averroe, Avicenna, Mesuae, Albucaris, Serapione. Avicenna [7] propone l’Iperico in tre farmaci allora molto noti: Hieralogodion, Hiera Galeni e Teriaca. Di quest’ultimo antico farmaco ne esistevano molte varianti tutte però contenenti almeno una quarantina di sostanze medicamentose che pare curasse molte patologie tra le quali gli avvelenamenti, il morso delle vipere ecc. Mesuae [8], altro medico arabo, cita l’oleum de hyperico mirabile mentre Serapione [9] prescrive la polvere di Iperico sulle “ulcera putrida” e il vino nel quale sono stati macerati i semi bevuto contro la quartana. Averroe [10] lo propone per provocare l’urina, in impiastro per sanare le bruciature del fuoco e posta secca e polverizzata per sanare la sordità.
 

L'iperico nel suo habitat naturale – Ph. © Domenico Puntillo

L’iperico nel suo habitat naturale – Ph. © Domenico Puntillo

Tutte le conoscenze della medicina greca, romana e araba sono state catturate ed elaborate dalla famosa scuola italiana: la Scuola Salernitana, prima Università di Medicina ufficializzata da Federico II di Svevia [11] e depositaria di tutto il sapere medico allora noto che si irradierà in tutta Europa. Fu merito di Costantino l’Africano, membro di questo scuola, di tradurre molti testi della medicina araba. E’ Pietro Diacono [12] che stila un elenco di opere mediche arabe che Costantino avrebbe tradotte. Arnaldo di Villanova, celeberrimo medico, commentò il famoso Regimen sanitatis salernitanum (Regola salernitana della salute) una sorta di trattato risalente al secolo XI e scritto in versi latini noto come Flos Medicinae Scholae Salerni (Il Fiore della Medicina di Salerno) o anche come Lilium Medicinae (Il Giglio della Medicina) racchiudendovi tutto il sapere di questa scuola in merito alle norme di igiene, al cibo e alle erbe e alle loro indicazioni terapeutiche. Tra gli esponenti più illustri di questa scuola anche un calabrese: Bruno da Longobucco [13] Nel Flos Medicinae Scholae Salerni pubblicato a cura di Renzi [14] l’Iperico viene elencato tra i “diuretica”.

In età moderna godette notorietà un medicamento in uso tra gli spadaccini: il Balsamo del Cavaliere di San Vittore (Balsamum Equitis Sancti Victoris) [15] nella cui formulazione l’Iperico era la parte preponderante e ovviamente confezionato per curare le ferite delle armi da taglio ma indicato anche contro le coliche ventose, la gotta, la sciatica ecc. Pare che durante le Crociate, i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme lo utilizzassero per curare le ferite dei combattenti.
 

Cespugli di iperico sull'altopiano della Sila – Ph. © Domenico Puntillo

Cespugli di iperico sull’altopiano della Sila – Ph. © Domenico Puntillo

La scuola che propugnava la teoria della segnatura (Signatura Rerum Naturalium) secondo la quale una pianta o parte di essa se somigliava ad un organo del corpo umano lo avrebbe guarito da eventuali malattie, proponeva l’Iperico nella cura delle ferite poiché i forellini osservabili sulle foglie in controluce, dovuti alla presenza delle ghiandole, venivano paragonati, a tante ferite. Inoltre il colore rosso sangue del suo olio avrebbe curato appunto le ferite sanguinanti. Paracelso [16], padre di questa teoria [17], proponeva l’olio sulle ferite e nelle malattie femminili quali tentigo obscura e ragadia vulvae, lo Sparallium (era un clistere uterino) nella cui ricetta entrava anche l’iperico. La teoria della segnatura verrà ripresa e rielaborata da Samuel Hahneman [18] nella sua legge similia similibus curantur base della nuova scienza dell’Omeopatia.

Castore Durante [19] a proposito dell’Iperico scrive: “Hypericum sistit alvum, frangit lapillos et sanas morsus si quando phalangia mordent…… a fulmine tutum reddi, est contra Phantasinata tristias pollens; dicitur hinc demonum fugat” (L’iperico è astringente intestinale, rompe i calcoli, guarisce i morsi quando li fanno le tarantole […] ti restituisce sano dal fulmine, è potente contro i cattivi pensieri; si dice che [sia] la fuga dei demoni). Sempre Castore Durante [20] aggiunge altre proprietà medicinali della pianta: “Giova alla sciatica, & à gli sputi, & vomiti del sangue. L’acqua distillata da tutta la pianta, giova bevuta à coloro che patiscono il mal caduco, & per i paralitici è molto lodata […] Applicato di sotto, caccia fuori i mestrui”. L’uso dell’Iperico non sfugge neanche aun altro mio conterraneo Marco Aurelio Severino [21] celeberrimo medico di Tarsia che propone tra le altre piante anche l’Iperico nella cura degli ascessi pestilenziali dei bambini.
 

Marco Aurelio Severino, medico-chirurgo, XVII sec.

Marco Aurelio Severino da Tarsia (Cs), medico-chirurgo, XVII sec.

Noel Chomel propone l’Iperico in varie altre composizioni tra cui nello Sciroppo antinefritico, nell’aperitivo e cachetico di Charas, nello sciroppo di Charas, nello sciroppo di Arnoire, nella polvere contro la rabbia di Paulmier, nella Teriaca di Andromaco, nella Teriaca reformata di Charas, nel Mitridato, nell’Olio di Scorpione composto, nell’Unguento Martiatum, nel Moudificativ d’Ache ecc. Funcke [22] lo consigliava nelle infiammazioni emorroidali sanguinanti mentre Adrian von Mynsicht [23] ne preconizzava la tintura, di sua formulazione nella “melancholia, mania, Dementiis, fascinationibus, & incantationibus, necnon in imminuta, & abolita Phantasia, & ratiocinatione […] Uniram ciet. Menstrua pellit. Tertianis & quartana succurit. Morbis quoque Renum & Veiscae prodest.”  Geoffroy [24] afferma che fra le piante vulnerarie occupa una posizione di preminenza ma che veniva utilizzato anche nelle ferite, nelle ulcerazioni (anche interne) e nelle ferite sanguinanti. Fra le altre virtù terapeutiche “promuove l’orina, combatte i calcoli renali espellendoli, è un antelmintico e combatte l’isterismo, la melanconia, l’ipocondria e la mania”.

Nella Farmacopea Universale [25] viene riportato un Oleum Scorpionum Compositum nella cui formulazione entrava anche l’Iperico usato “per far uscire il vajolo, nelle febbri maligne, nell’epilessia, nella paralisia e nelle altre malattie del cervello”. Nello stesso trattato [26] viene anche citato uno Sciroppo di Fiori di Iperico che “fortifica il cuore ed il cervello”. Lemery [27], famoso chimico e medico francese, riporta l’Iperico come componente del Balsamum Christi di Paracelso. L’Iperico entrava anche nella composizione del Balsamum Vulnerarium Mindereri, nell’Unguentum de Catello e nell’Unguentum Butyraceum Nervale Sa. Clossaei. Mynsicht [28] lo propone nelle pillole melanogoghe (Pilulae Melanogogae) per la cura di: “mentis alienatiomem, maniam, melancholiam, & inde ortum timorem […] lepram, elephantiasin, quartanam, ittero nero”.
 

Fiore di Hypericum perforatum - Ph. Ralf Wimmer | ccby-sa2.0

Fiore di Hypericum perforatum – Ph. Ralf Wimmer | ccby-sa2.0

Joseph du Chesne detto il Quercetanus consigliava l’Olio di Iperico e l’Olio di Iperico Composto nelle ferite da armi da fuoco [29]. La pianta entrava anche nella composizione del Balsamum Samaritanum [30]. Ancora Chomel [31] riporta il Balsamo del Commendatore di Parma nella cui composizione entra anche l’Iperico utile “contro il fuoco, contro il flusso del sangue e per le donne partorienti”. Il grande filosofo calabrese Tommaso Campanella [32] che si è occupato anche di medicina lo prescriveva per i problemi alle giunture (p. 376) e per il consolidamento delle ferite (p. 589). Petagna [33], illustre professore di botanica all’Università di Napoli, ci fa sapere che Linneo “narra che un chirurgo di Scania curava le gravi ferite, la cangrena e lo sfacelo colla sola tintura di Iperico con l’aggiunta di alcune gocce di Aloe”. Ne troviamo conferma nella tesi di laurea dedicata a questa pianta e discussa il 20 novembre 1776 per l’addottorazione di un allievo di Linneo di nome Carolus Nicolaus Hellenius [34]. Ancora Petagna, nella stessa pagina, scrive che “nel cronico reumatismo l’unzione dell’olio di Iperico collo spirito di vino, o la tintura d’Iperico impregnata di canfora pure per unzione fu trovata molto profittevole da Chomel [35] nel vol. 2 delle piante usuali”.

Nei primi del Novecento Fleury de la Roche [36] consiglia il Ratafià di Iperico come aperitivo e digestivo: “lasciare in infusione, per due settimane, in una bottiglia ben chiusa, in due litri di acquavite, 30 grammi di fiori secchi di Iperico e due limoni a fette: quando la macerazione è completa, passate comprimendo, in un panno fine e metti il liquido filtrato in bottiglie, dopo aver aggiunto 150 grammi di zucchero”.  Negli anni ’60 del secolo scorso Benigni, Capra, Cattorini [37], in un ponderoso lavoro riportano per l’iperico un indice corposo delle ricerche scientifiche pubblicate fino a quegli anni nonché un lungo elenco delle sue proprietà farmacologiche e del suo impiego terapeutico.
 

Tavola raffigurante l'iperico tratta da C. A. M. Lindman, Bilder ur Nordens Flora, 1905

Tavola raffigurante l’iperico tratta da C. A. M. Lindman, Bilder ur Nordens Flora, 1905

Valnet [38] stila un lungo elenco di proprietà attribuiti all’Iperico. In particolare all’interno come stimolante, aperitivo, digestivo, astringente, anti-acido gastrico, diuretico, balsamico, vermifugo, febbrifugo e all’esterno come topico vulnerario e antiputrido. La Gastaldo [39] cita l’uso popolare nel trattamento delle ulcerazioni o delle scottature. Inoltre l’uso interno della droga viene indicato per alleviare i disturbi nervosi, per curare le infiammazioni dei bronchi, dell’apparato urinario e, in generale, di tutti gli organi addominali. Lieutaghi [40] consiglia prima di applicare l’olio di Iperico sulla parte di pulire le ferite, le ustioni ecc. con acqua bollita. Pessei [41] riporta per la Sardegna l’uso dell’Iperico per cicatrizzare le ferite causate dall’Herpes zoster (Fuoco di Sant’Antonio). Lo stesso uso lo ritroviamo nella medicina popolare Corsa [42]. Puntillo [43] riporta per la Calabria l’uso popolare dell’Iperico nella cura della malaria.

Ancora più di recente vi è stato un proliferare di libri divulgativi sull’uso delle piante medicinali ma anche una proliferazione di studi scientifici su questa pianta che hanno confermato molti usi tramandati ormai da oltre due secoli aggiungendovi nuove proprietà medicinali. Fra l’altro sono state scoperte nuove molecole che la pianta contiene. Vediamo i suoi componenti: Ipericina, Iperforina (favoriscono il sonno senza alterare la fase R.E.M.), quercitina, bioflanoidi (regolatori dell’umore: contrastano l’ansia e l’angoscia). Biapigenina (contrasta i sintomi nervosi come il bruxismo e i disturbi gastrici), amentoflavina (combatte le gastriti e le ulcere gastriche e migliorano l’attività del muscolo cardiaco). Altre suoi componenti sono vitamina C, carotene, acido caffeico, colina, saponina e pectina.
 

Fioritura di Hypericum perforatum

Fioritura di Hypericum perforatum

Occupiamoci adesso dell’uso sicuramente più noto dell’Iperico che la medicina moderna ha confermato. Prima di tutto è un valido serotoninergico e quindi un antidepressivo naturale (stati depressivi, ansia, attacchi di panico). Poi modula la secrezione della melatonina quindi consigliato in caso di insonnia. Sono stati, inoltre, attribuiti all’Iperico proprietà immunostimolanti, antinfiammatorie, antibiotiche, antisettiche, antivirali, antidolorifiche. Un gruppo di studiosi tra cui alcuni del Dipartimento di Farmacia dell’Università della Calabria [44] recentemente ha dimostrato che i prodotti estratti dall’Iperico sopprimono in vitro la proliferazione del melanoma umano. Altri autori [45] avrebbero dimostrato anche il potere di contrastare, sempre in vitro, anche l’HIV e il potere come agente immuno-modulatore. Secondo questi autori l’Ipericina contenuta nell’Iperico inibisce la crescita cellulare che deriva da una varietà di tessuti neoplastici: glioma, neuroblastoma, adenoma, mesothelioma, melanoma, carcinoma, sarcoma e leucemia.
 

Olio di iperico (Oleum hypericon) in preparazione - Ph. Holger Casselmann

Olio di iperico (Oleum hypericon) in preparazione – Ph. Holger Casselmann | ccby-sa3.0

É arcinoto che anche nell’uso esterno l’Iperico rivela le sue potenti virtù. Il suo olio noto da millenni (oleum hypericon) e preparato con le sue sommità fiorite è lenitivo, antinfiammatorio, cicatrizzante, epitelizzante usato quindi contro le ustioni, ferite, cicatrici, contusioni, micosi, smagliature, psoriasi, artriti, sciatica e dolori reumatici, dolori muscolari e perfino nelle piaghe da decubito che riduce in modo strepitoso. La formulazione più semplice è questa: raccogliere le sommità fiorite della pianta e porle in un barattolo dove si versa olio extravergine di oliva fino a due centimetri dall’orlo. Chiudere il barattolo e esporlo al sole sul davanzale della finestra agitando di tanto in tanto. Dopo qualche settimana, quando l’olio avrà assunto un colore rosso sangue, si filtra questo oleolito e si travasa in una bottiglia di vetro scuro da conservare al buio. Si consiglia di versarlo in vasetti monodose per far conservare integre le sue proprietà*.

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*ATTENZIONE! L’Autore dell’articolo e la testata Famedisud.it si ritengono esonerati da qualsiasi responsabilità per eventuali effetti negativi derivanti dall’uso di erbe. È sempre necessario chiedere il parere di un professionista prima di utilizzare una pianta a scopo medicinale.

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NOTE:

[1] Fridericus Houck. De hyperico (Aliis fuga daemonum), Ienae, Literis Krebisianis. Krebs, 1716

[2] Il Codex Aniciae Julianae (= Codex Vindobonensis, Codex Byzantinus ) è la copia illustrata più antica del De materia medica di Dioscoride (Πεδάνιος Διοσκουρίδης, Pedànios Dioskourìdes) (Anazarbe, 40 circa – 90 circa). E’ il più noto erbario miniaturizzato (secolo VI) ed é conservato nell’Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, sotto la sigla Vindobonensis Medicus Graecus 1. Il Codex venne regalato dal popolo di Costantinopoli ad Anicia Giuliana (Annika), figlia dell’imperatore d’Occidente Anicio Olibrio e di Placidia, figlia dell’imperatore Valentiniano III e nipote di Galla Placidia, verso il 512-513 per ringraziarla della costruzione di una chiesa dedicata alla Madonna (da Wikipedia)

[3] Pietro Andrea Mattioli, I discorsi Nelli sei libri di Pedacio Discoride Anarzabeo della materia Medicinale. Venezia, appresso gli Heredi di Vincenzo Valgrisi, MDLXXIII, p. 612

[4] Pietro Andrea Mattioli, Il Dioscoride, Mantova appresso Iacomo Roffinello, MDXLIX, p. 17

[5] Claudius Galenus, De simplicium medicamento rum facultatibus libri XI, Lugduni, Apud Gulielmum rovillium, MDXLVII, p. 43

[6] C. Plinio Secondo, Historia Naturalis Libri XXXVII. Traduzione di M. Lodovico Domenichi. Vol. II. Venezia, dalla tipo. Di Giuseppe Antonelli, 1844, p. p. 552

[7] Avicenna, Libri in re medica omnes. Tomus secundus. Liber Canonis Quartus. Venetiis, apud Vincentium Valgrifium, MDLXIIII

[8] Johannes Mesuae Damasceni, De re medica libri tres. Lugduni, apud Gulielmum Rouillium sub scuto Veneto, MDXLVIII, p. 434

[9] Yuhanna Ibn Serapion, Practica Studiosis Medicinae utilissima, Venetiis apud Iuntas, MDL, f. 161v

[10] Averrois Cordubensis, Colliget, Tomus Nonus. Venetiis, MDLX, c. 97r

[11] Il primo atto giuridico con il quale viene riconosciuta la Scuola Salernitata è stato emanato da Federico II, nel 1231, a Melfi. Nel Liber Augustalis, alla medicina (curriculum scolastico e esercizio della professione medica) sono dedicate cinque norme del libro III: 44, 45, 46, 47 e 48 (v. Liber Constitutionum)

[12] Pietro Diacono, De viris illustribus casinensibus opusculu, Romae, ex Typographia Reu. Cam. Apost. MDCLV, p. 66

[13] Bruno da Longobucco, Chirurgia Magna in Gyu de Chauliac, Cyrurgia Guidoni de Cauliaco, Venetiis per Bernardinum Venetum de Vitalibus, 1519; Alfredo Focà, Maestro Bruno da Longobucco, Reggio Calabria. Laruffa Editore, 2004

[14] Flos Medicinae Scholae Salerni in Salvatore de Renzi, Collectio Salernitana. Tomo I. Napoli, dalla Tipografia del Filiatre-Sedezio, 1852 p. 498

[15] Nicolàs Lemery, Pharmacopée Universelle, Tome Second. Paris, MDCCLXIV, p. 1025

[16] Teophrastus Paracelsus, Chyrurgia Minor, 1623, p. 125

[17] De Natura Rerum, Liber IV, De Signatura Rerum Naturalium, Getructh zu Strassburg/hen Bern hart Jobin, 1584, pp- 71-105

[18] Adrian von Mynsicht, Thesaurus, et armamentarium medico-chimicum, Amstelodami,Typis Jalocin Oiccailgim, MDCCXXIII, p. 48

[19] Castore Durante, Herbario Novo, Roma, Per Iacomo Bericchia, & Iacomo Ternieriy, MDLXXXV, p. 232.

[20] Castore Durante, Herbario Nuovo, In Venetia, appresso i Giunti, MDCXXXVI, p- 235

[21] Marco Aurelio Severino, De recondita abscessuum natura Libri VIII. Francofurti ad Moenum, Impensis Ioannis Beyeri, Typis Caspari Rotelii, 1643, p. 456

[22] Carolus Ludovicus Funccius, Disputatio Medica Inaurugralis de Haemorrhoidibus, Altdorffl, typis Heinrici Meieri, Univers. Typographi MDCLXXVII, p. 32

[23] Adriani A. Mynsicht, Thesaurus et Armamentarium Medico-Chymicum, Lugduni, Sumpt. Ioan. Antonii Huguetan, MDCXLV, pp. 56-57

[24] Stephano Francisco Geoffroy, Tractatus de Materia Medica, Venetiis apud Nicolaum Pezzana, MDCCLVI, P. 322

[25] Nicolas Lemery, Farmacopea Universale, Venezia. Nella Stamperia dell’Hertz, MDCCXXXV, pp. 457-458

[26] Nicolas Lemery, Farmacopea Universale, Venezia. Nella Stamperia dell’Hertz, MDCCXXXV, p. 119

[27] Nicolas Lemery, Farmacopea Universale, Venetzia.Nella Stamperia dell’Hertz, MDCCXXXV, p. 417

[28] Hadriani a Mynsicht, Thesaurus et Armamentarius Medico-Chymicum, Lugduni, Sumpt. Ioan. Antonii Hygurertan. MDCXLV, p. 142

[29] Joseph Du Chesne, Sclopetarius sive de curandis vulneribusque Sclopetorum ictibus accederunt, Apud Joannem Lertout, p. 192

[30] Théophile Boent, Medicina septentrionalis collatitia, Pp. 328-329

[31] Noel Chomel, Supplement au dictionnaire oeconomique contenant divers moyens pour conserver & augmenter son bien, & meme sa santé, Lyon, Chez Jacques Lions et Louis Bruyset, Lyon, MDCCXII, p. 69

[32] Tommaso Campanella, Medicinalium juxta propria principia, Lugduni, sumptibus Ioannis Caffin & Francisci Plaignard, MDCXXXV

[33] Vincenzo Petagna, Delle facultà delle piante Tomo II, Napoli, presso Gaetano Raimondi, MDCCXCVI, p. 782

[34] Carlo Linneo, Amoenitates Academicae Vol. VIII, Erlangae, Sunptu Jo. Jacobi Palm, 175, p. 326

[35] Chomel, Abregé de l’Histoire des Plantes Usuelles. Tome Second, Paris, Chez Jacques Clousier, MDCCXXXI, p. 684-688

[36] Fleury de la Roche, Le Plantes bienfaisentes, Paris, Librairie Blériot, Henri Gautier, Successeur, 1906, p. 229

[37] Renzo Benigni, Carmela Capra e Pier Emilio Cattorini, Piante Medicinali. Chimica, Farmacologia e Terapia, Inverni & della Beffa, Milano, 1964, pp- 755-772

[38] Jean Valnet, Fitoterapia. Cura delle malattie con le piante, Giunti – Martello. Firenze, 1979 pp. 273-274

[39] Paola Gastaldo, Compendio della flora officinale italiana. Fitoterapia, Vol. XLII n. 4, 1971, pp. 97-97

[40] Pierre Lieutaghi, Il libro delle erbe, Biblioteca Universale Rizzoli. Milano 1981 p. 218

[41] Antonia Pessei, Le piante officinali della Sardegna, Il Maestrale. Nuoro, 2000

[42] Parc naturel regional de la Corse, Arburi, arbe, arbigliugle: Savoirs populaires sur les plantes de Corse, Le Parc, 1985

[43]Domenico Puntillo, Contributo alla conoscenza della fitoterapia tradizionale in Calabria 1. Quaderni Siani. 1986, p. 15

[44] Menichini G., Alfano C., Marrelli M., Toniolo C., Provenzano E., Statti G.A., Nicoletti M., Menichini F., Conforti F. Hypericum perforatum L. subsp. perforatum induces inhibition of free radicals and enhanced phototoxicity in human melanoma cells under ultraviolet light. Cell Proliferation 2013, 46: 193-202

[45] Shrivastava M., Dwivedi L.K., Therapeutic potential of Hypericum perforatum: A review, IJPSR, 2015; Vol. 6(12): 4982-4988

 

 

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