E’ uscito nel 2013 per i tipi della Rubbettino (pp- 186 – 14,00 eu) il volume di Vittorio Cappelli dall’emblematico titolo di “La Belle Epoque italiana a Rio de Janeiro”, il racconto di uno spaccato di “Sud del mondo” influenzato dal Sud nostrano.
Dal volume emerge come l’immigrazione di massa abbia svolto un ruolo di primo piano nel tumultuoso processo di crescita di Rio de Janeiro, nell’arco di tempo che ha preso il nome di belle époque tropical, quando Rio era la capitale del Brasile. Nei decenni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la comunità degli immigrati italiani, dopo quella portoghese, era la più numerosa e vivace, tanto da lasciare poi visibili tracce nella complicata e travolgente storia della metropoli brasiliana.
In questo libro, l’autore ricostruisce l’intera vicenda dell’immigrazione italiana a Rio, prendendo le mosse dai suoi esordi, che risalgono principalmente al matrimonio tra la principessa napoletana Teresa Cristina di Borbone e il giovane imperatore del Brasile D. Pedro II: un evento che ha aperto la strada a molteplici e crescenti relazioni tra la penisola italiana e il Brasile. La narrazione si concentra poi sui decenni della Belle Epoque, quando si sviluppa una consistente immigrazione, in prevalenza d’origine calabro-lucano-campana, attratta dalle opportunità offerte dallo straordinario sviluppo demografico, economico e sociale di Rio.
L’approccio biografico del libro consente di entrare in profondità nelle vicende migratorie e nelle dinamiche sociali e culturali di questa belle époque carioca, restituendo al lettore con vivacità e freschezza il clima, le atmosfere, i percorsi spesso tortuosi e infine i conflitti sociali, culturali e politici che hanno connotato un’epoca di grande cambiamento. In questo scenario, emergono i volti e le storie di due gruppi familiari – i fratelli Jannuzzi, della calabrese Fuscaldo, e i fratelli Segreto, della cilentana San Martino – che, rispettivamente nell’architettura e nello spettacolo, imprimono il loro marchio a una belle époque più italiana che francese, guidando un protagonismo culturale e sociale che ha finito con l’appagare l’inesausta francofilia dell’élite carioca. L’intero lavoro mostra l’interesse del caso migratorio di Rio de Janeiro, sia sul versante della storia dell’emigrazione italiana che su quello della storia di Rio e del Brasile, destrutturando in entrambi i casi stereotipi pigri e consolidati.
fonte: nota editoriale Rubbettino