Isola di Capri. Estate 1826. Nella terza puntata dell’esaltante racconto della scoperta della Grotta Azzurra di Capri da parte del poeta e pittore tedesco August Kopisch e del suo connazionale e collega Ernst Fries , avevamo lasciato i nostri due protagonisti alle prese con i preparativi per l’esplorazione, il giorno dopo, della costa dell’isola di Capri. I due si accingevano all’escursione forti delle tante letture fatte ma soprattutto dei ricchi racconti e consigli forniti dal notaio Pagano presso la cui pensione erano ospiti. Il grande momento della scoperta si avvicina. La puntata precedente si era interrotta nel preciso momento in cui qualcuno si era recato a cercare Angelo, il barcaiolo che avrebbe dovuto accompagnarli, mentre il notaio Pagano era sul punto di dire qualcosa, salvo poi arrestarsi improvvisamente con inattesa reticenza. Vi ricordiamo che autore del racconto è lo stesso August Kopisch il cui testo – mirabile per immediatezza e freschezza – fu dato alle stampe postumo nel 1903 con il titolo di Entdeckung der Blauen Grotte auf der Insel Capri. FAME DI SUD ve lo sta proponendo a puntate, in versione integrale, nella traduzione dal tedesco a cura di Ingrid F. Stern. Qui di seguito, la IVa Parte.
August Kopisch | Ernst Fries (autoritratti, 1830 ca.)
La scoperta della Grotta Azzurra a Capri | Entdeckung der Blauen Grotte auf der Insel Capri – Quarta parte
di August Kopisch (leggi Prima parte; Seconda parte; Terza parte)
Sembrava volesse tacere su qualcosa [l’autore si riferisce al notaio Pagano presso la cui pensione soggiornava insieme all’amico Fries – NdT], ma siccome ormai la mia curiosità era stata alquanto sollecitata, gli chiesi ripetutamente cosa stesse per dire, a cosa volezze alludere, per cui alla fine rispose:
“Sì. ho cinquantasei anni, e per quasi altrettanto tempo ho coltivato in me un desiderio…Il desiderio è questo: sul fianco nord-ovest della nostra isola si erge una sorta di torre, chiamata Damecuta. Là intorno vi è una certa quantità di ruderi romani e probabilmente un tempo vi sorse un palazzo di Tiberio. Fra il popolo circola la leggenda secondo la quale il luogo in altri tempi si sarebbe chiamato “dama chiusa” perchè l’imperatore Tiberio vi avrebbe tenuto segregate le sue ragazze.” Gli domandai per scherzo se non avesse intenzione di andare a liberarle. “No – rispose ridendo – ma sono convinto che lì ci fosse un palazzo di Tiberio.” E di nuovo, serio, continuò: “Statemi a sentire: ai piedi di quelle rovine, sulla riva del mare, c’è un luogo chiamato Grottelle, dove il mare penetra più o meno profondamente in tante piccole grotte. Una di queste, che ha una strettissima apertura, gode di una pessima fama e i barcaioli se ne tengono alla larga anche nei giorni di bonaccia convinti che vi abiti il diavolo con uno stuolo di spiriti maligni. Ma io…”
E qui si guardò intorno per essere sicuro che nessuno dei suoi lo udisse e appena s’accorse che eravamo gli unici presenti continuò a voce più bassa: “…ma io…non ci credo. Qui sull’isola non lo si può dire ad alta voce perchè si rischia di passare per poco religiosi. Ma voi siete uno straniero istruito e ammetterete che la religione consiste in qualcosa di diverso che non nel prestar fede agli spiriti e ai diavoli. basta, io fin dalla giovinezza ho sentito il più vivo desiderio di entrare a nuoto in quella grotta e di esplorarla. Eppure, vi confesso sinceramente, al solo pensiero mi viene un piccolo brivido; infatti non volli mai osare entrarvi da solo, nè tanto meno oserei adesso che sono un padre di famiglia. Per ben cento volte, lo dico davanti a Dio, da ragazzo, da giovane, da uomo, ho pregato amici e conoscenti, tutti robusti nuotatori, di accompagnarmi là dentro, ma invano! La loro paura del diavolo è stata più potente della mia preghiera. Ma ascoltate che cosa in seguito mi ha ancora più rafforzato nel mio desiderio. Circa trent’anni fa seppi da un vecchissimo pescatore che duecento anni prima due preti vollero affrontare gli spiriti. Essi nuotarono per un tratto nella grotta, ma subito fecero dietrofront assaliti da una terribile paura. Stando alla testimonianza di quei preti, la grotta dovrebbe avere all’interno l’aspetto di un tempio molto vasto, con un altare maggiore e, tutt’intorno dovrebbe essere circondata da simulacri: pare che l’acqua poi sia così stranamente meravigliosa, da incutere, nel nuotarvi, un indescrivibile spavento. Nei libri più antichi compare notizia di ciò, tramandata dagli scrittori che si sono copiati l’un l’altro, ma da molti secoli nessuno vi è stato veramente.
“Ma c’è dell’altro – aggiunse l’ottimo notaio, tenendo ferma la sua mano sulla mia – io, per parte mia, ritengo assolutamente che quelli siano ruderi di un palazzo di Tiberio, e poichè Tiberio non ha avuto palazzi senza uscite segrete, dichiaro e vi assicuro che l’uscita segreta di quelle rovine è attraverso questa grotta. Così la grotta, che all’interno è di volta alta, è probabile sia stata un tempio di Nereo e delle Ninfe, tanto più che, come si sa dai vecchi classici, Tiberio ha in vario modo, e secondo il suo capriccio, abbellito e utilizzato le grotte di Capri. Ora io debbo dire che tutti gli stranieri ai quali finora ne ho parlato, si sono presi gioco delle mie idee come di sogni bizzarri, ma ripongo fiducia nel fatto che voi mi darete ragione se affermo che la cosa vale la pena di una più attenta indagine.”
“Caro signor notaio – gli risposi – quegli stranieri che derisero le vostre argomentazioni sono per me quasi altrettanto sciocchi della gente del luogo, con la sua paura del demonio. Tutto ciò che mi avete narrato ha un suo senso coerente, ed io condivido talmente tanto la vostra opinione che ardo dalla curiosità di esplorare con voi il maledetto tempio del diavolo”
“Ma lì non si può entrare in altro modo che a nuoto – replicò il notaio ancora assalito dai dubbi – la grotta, all’interno, è piena d’acqua profonda”.
“Tanto meglio, così potremo andare in immersione se gli spiriti maligni vorranno tormentarci col fuoco!”
“Scherzate?”
“Ma nient’affatto! Dopo cinquantasei anni voi avete finalmente trovato in me l’uomo che è pronto ad affrontare l’avventura; e affinchè vediate che faccio sul serio, vi invito a venire con noi domani. Avevamo già deciso di fare un bagno; possiamo dunque fermarci presso quella grotta e fare il nostro bagno a casa del diavolo, in quelle stesse acque che duecento anni fa tanto terrorizzarono i due buoni preti.”
A quel punto il volto del notaio parve rischiararsi.
“Fatto – disse – io ci sto! Sapete, pur vecchio quale sono, posso ancora sfidare chiunque nel nuoto. Permettete che vi baci, caro don Augusto. Ora parliamo piano affinchè nessuno qui a casa venga a saper nulla. Altrimenti non mi lascerebbero andare, perchè – vi ripeto – la paura è grande.”
“Ora – aggiunsi io – dobbiamo riflettere bene su come organizzare la nostra impresa. Se l’ingresso è davvero così piccolo come dite, l’interno della grotta sarà buio; ci occorreranno, dunque, delle torce oppure del fuoco di pece in una tinozza.”
“Certo – disse il notaio – la spingeremo dinanzi a noi nuotando; questo ci consentirà di vedere anche com’è fatta la grotta. Angelo deve procurarci il tutto.”
Il mio compagno di viaggio, che fino ad allora era rimasto in silenzio, se ne uscì con l’osservazione che la cosa avrebbe richiesto troppe cure e troppo tempo, e che se ci fossero state molte di tali grotte, gli italiani si sarebbero certo convinti di poter trovare tesori dappertutto; per cui si pronunciò contro l’impresa. Il viso del notaio, da giocondo qual’era, divenne mortalmente pallido, ma gli dissi di star su d’umore perchè in un modo o nell’altro saremmo venuti a capo di quella faccenda. E rivolgendomi al mio amico lo invitai a riflettere sul fatto che noi avevamo già in mente di fare un bagno e che un bagno nella grotta non avrebbe certo preso più tempo di qualunque altro. Potevamo senz’altro combinare il giro dell’isola con tutto ciò. Ed aggiunsi che se la cosa non gli andava per l’indomani, avremmo potuto rimandarla.
Alla fine si arrese e promise che avrebbe fatto una nuotata con noi. Nessuno era più contento del notaio. Intanto ecco arrivare Angelo Ferraro, il vecchio barcaiolo; un uomo a cui l’aria marina e la calura del sole avevano impresso il colore della cannella. Avanzò verso di noi con modi semplici e sicuri, reggendo fra le mani il suo berretto da marinaio.
Non appena gli chiedemmo se si sentisse in grado di portarci a fare il giro dell’isola, rispose: “Benissimo, come farebbe un altro al mio posto, signori…”. Allora il notaio gli ordinò di procurarci quanto ci occorreva per la grotta. L’uomo allora sgranò gli occhi:
“I signori vogliono andare a nuotare nella grotta…?”
“Sì, e anche io – disse il notaio – vuoi venire anche tu Angelo?”
“Anche voi…?” disse il marinaio e, meravigliato, fece un passo indietro.
“Se è così – concluse, battendo il piede a terra – vengo anch’io! Sì, Angelo viene con voi.”
“Bravo Angelo!” – gridò il notaio.
“Sì – disse Angelo – è già da lungo tempo che avrei voluto fare una capatina in quella casa del diavolo. Ma da solo? Dio sa! Ora siamo in quattro, e dove si è in quattro, i diavoli non hanno potere. Mi metterò io stesso in una tinozza ed entrerò per primo, remando e spingendomi innanzi, legata, un’altra tinozza col fuoco di pece. Così lor signori potranno vedere meglio che non affaticandosi loro stessi avendo il fuoco proprio sotto il naso…”
“Bravo Angelo!” – ribadì il notaio.
“E bravo Angelo…!” – fece all’improvviso eco da un angolo una voce pacata ed ironica…(Fine P. IV – Continua)