Isola di Capri. Estate 1826. Nella quarta puntata del racconto sulla scoperta della Grotta Azzurra fatto dalla viva voce del poeta e pittore tedesco August Kopisch, esploratore dell’antro marino insieme al suo connazionale Ernst Fries, i due si accingevano a partire alla volta di quel luogo misterioso, noto agli isolani ma da essi temuto quasi fosse la casa del diavolo. L’incarico di accompagnarli fu affidato al barcaiolo Angelo Ferraro. Con loro sarebbe andato anche il notaio Giuseppe Pagano, titolare dell’albergo presso il quale i due tedeschi soggiornavano. In quattro si sarebbero fatti coraggio a vicenda. Stavano per uscire quando arrivò una persona, pronta a manifestare tutto il suo disappunto su quella iniziativa. Era il canonico, fratello del notaio Pagano…
Come sempre vi ricordiamo che il racconto è in versione integrale, nella traduzione dal tedesco a cura di Ingrid F. Stern. Qui di seguito, la Va Parte.
La scoperta della Grotta Azzurra a Capri | Entdeckung der Blauen Grotte auf der Insel Capri – Quinta parte
di August Kopisch (leggi Prima parte; Seconda parte; Terza parte; Quarta parte)
Ci voltammo a guardare.
“Ahimè, mio fratello il canonico!” – sospirò il notaio.
Evidentemente noi e Angelo avevamo parlato troppo ad alta voce ed ora tutto era stato scoperto.
Il canonico avanzò simulando un atteggiamento di cortesia e, trattenendo a stento la collera, iniziò a dire: “Perdonate, signori, se mi impiccio così poco gentilmente. Questa situazione non si sarebbe creata se mio fratello fosse più ligio alle regole del buon cristiano. Io ero qui già da un pezzo, dietro la porta a vetri, ed ho avuto modo di udire ciò che quest’uomo, ormai anziano e presumibilmente saggio, stava a confabulare con voi, miei cari forestieri, e con Angelo.”
“Ah, mancava proprio lui! Ora viene il bello!”, sospirò il notaio stringendosi nelle spalle. Ma subito aggiunse: “Lasciaci, fratello caro!…devo parlare con questi signori” .
“Come, parlare? E di cosa? Male, molto male…Signori, ecco mio fratello, il prestigioso notaio del luogo, il signor Giuseppe Pagano, uomo istruito, uomo dotto (e don Giovanni per la rabbia, ad ogni elogio, si levava il cappello) , ottimo padre di famiglia, bravo sposo, accorto educatore dei propri figli, amato e riverito da tutti, ma…assimilabile ad un sacco di stravaganza, ad una pentola di pazzia, che trabocca….e trabocca! – andava ripetendo sdegnato.
“Va Angelo – disse il notaio – va’ e fai quello che ti ho ordinato”.
Angelo si avviò e il canonico rivoltosi a noi riprese: “Voi, miei signori, perdonate, voi, stranieri in quest’isola, vi lasciate convincere dalle chiacchiere di mio fratello ad affrontare un’impresa che è molto più pericolosa di quello che sembri. Può sembrarvi facile nuotare in una grotta, perchè avete nuotato sopra le correnti e non siete affondati. Ma avete voi idea di che razza di acqua troverete nella grotta, se quell’acqua vi reggerà, se non cadrete in qualche trappola del demonio sprofondando nelle fiamme eterne? Ecco, signori, ciò che non sapete…Forse non avete saputo di come il mare intorno all’isola brulichi di pescecani divoratori di uomini, motivo per cui nessuno osa fare il bagno se non fra gli scogli. Sicuramente mi risponderete che trovandovi voi nella grotta, e quindi fra le pietre, non correte alcun rischio. Ma non pensate che il demonio possa tenere là dentro ben altri pesci al cui confronto i pescecani non sono altro che degli agnelli mansueti? Oh, non ridete signori miei…Ciò che vi sto dicendo non è pura fantasia. Ci sono fatti, semplici fatti, che lo testimoniano! Certo avrete letto gli antichi libri che parlano di sirene e tritoni. Ebbene, queste sirene e equesti tritoni altro non sono che demoni, che assumono tale aspetto ed altri ancora per nuocere all’uomo allontanandolo dalla via della salvezza eterna”
“Signor canonico – lo interruppi – le storie delle sirene, sono vecchie fiabe greche a cui non crediamo affatto.
“Vecchie fiabe greche? – gridò il canonico alzando entrambe le braccia. “Volesse Dio che fossero solo delle vecchie fiabe greche! Se fosse così, certi fatti non accadrebbero ancora al giorno d’oggi! Quanto tempo è trascorso dall’ultima morte di un pescatore dell’isola? Come si chiamava?”
“Nessuno lo sa!” – ribattè stizzito il notaio.
“Oh…eppure molti lo sanno! – riprese ilo canonico – Per farla breve, il pescatore morì di una orribile e misteriosa malattia, per aver visto uno di quegli esseri marini…E come ciò avvenne? Era andato proprio nei pressi di quella diabolica grotta a pescare con la fiocina. Il mattino era così luminoso che avrebbe potuto vedere le conchiglie strisciare sul fondo del mare, sebbene là il fondale raggiunga i sessanta bracci. Improvvisamente vide fuggir via tutti i pesci, tranne uno, sul fondo: questo cominciò a nuotare salendo sempre più in alto e descrivendo un cerchio intorno alla barca. Quel pesce aveva la lunghezza di un uomo; perciò il pescatore prese la più robusta delle sue fiocine nella mano destra, legò bene la corda e rimase in attesa con la sinistra poggiata sul remo. Quel pesce saliva sempre di più verso la superficie, mostrandosi ora rosso ora verde, come il colore cangiante dei suoi occhi. Il pescatore che non aveva mai visto nulla di simile, avvertì uno strano turbamento, ma invece di recitare un Pater Noster da buon cristiano, affinchè il pesce fuggisse di nuovo verso il fondo, prese coraggio, come si suol dire profanamente, e quando il pesce si avvicinò, scagliò la fiocina in nome del diavolo. La vide persino penetrare nella cervice del pesce, ma il mare si tinse talmente di un colore rosso sangue da non riuscire a distinguere più nulla. Pensava che il pesce fosse morto sul colpo, dato che la corda non aveva tensione, e così cominciò a tirare. Ma ecco che la fiocina ritornò su senza alcun pesce e senza l’estremità, spezzata in due, ma non rotta, bensì come liquefatta. Fu allora che piombò nel panico! Lasciò cadere il pezzo di fiocina nella barca, afferrò i remi e cominciò a remare con quanta più forza poteva, ma la barca invece di allontanarsi da quel luogo, girava su se stessa, descrivendo un cerchio, così come prima aveva fatto quello strano pesce. Alla fine si bloccò del tutto e da quell’acqua ancora rossa emerse un uomo sanguinante, con la forca conficcata nel petto e il pugno sollevato in gesto di minaccia. Fu allora che il povero pescatore cadde svenuto e la barca fu sospinta dalla corrente fino alla marina di Capri. Alcuni amici corsero a soccorrerlo. Per tre giorni rimase del tutto muto e infine, al quarto giorno, riuscì a raccontare quanto gli era capitato.Ma allora accadde qualcosa di prodigioso: la mano con cui aveva lanciato la fiocina cominciò ad avvizzire come una foglia e ugualmente avvizzirono, un po’ alla volta, il braccio e le altre membra. Alla fine tanto avvizzì tutto il suo corpo che arrivò a morire. Il suo corpo non aveva l’aspetto di un cadavere ma di una di quelle radici secche che si possono vedere nella bottega dello speziale”.
“Perchè non diciamo piuttoso che sembrava il codino di una parrucca?” disse ironico il notaio alzandosi indispettito e facendo su e giù per la stanza. Il canonico non fece una piega e continuò a parlare, inesauribile nel raccontare favole su quella grotta, storie che lui spacciava per pura verità. “Talora – disse – qualcuno ha intravisto un fuoco. Altre volte da quella grotta escono fuori strani animali, come i coccodrilli. Il suo ingresso muta sette volte al giorno, facendosi ora più largo ora più stretto. Di notte vi cantano le sirene e all’interno è tutta stracolma di ossa di morti. A volte vi riecheggiano urla di bambini. Sospiri e gemiti sono i rumori che più di frequente vi risuonano, e non è raro che nelle sue vicinanze siano scomparsi giovani pescatori.”
“Non sono altro che balle! – urlò alla fine il notaio, ormai privo di pazienza. “Lasciaci soli, caro fratello…Lo dico una volta per tutte: abbiamo deciso di andarvi e nulla al mondo potrà farci cambiare idea!”
Il canonico tentò allora di convincere il notaio ricorrendo ad ammonimenti religiosi. Lo fece inizialmente con dolcezza, ma siccome il notaio continuava a contraddirlo, quegli ammonimenti divennero minacce per cui, alla fine, i due fratelli gridarono così tanto che la moglie del notaio, seguita dall’intera famiglia, entrò per chiedere cosa stesse succedendo. Il canonico allora replicò con solennità: “Udite, cara signora cognata, cosa intende fare vostro marito, mio fratello. Udite, cari bambini, cosa progetta vostro padre! Domattina egli vuole, con questi signori, andare a nuotare nella grotta!”
“In quale grotta?”
“Nella grotta del diavolo, quella di cui parla sempre!”
“Oh…mio marito non lo farà!”, disse la signora spaventata.
“E invece lo farò, moglie mia!” rispose il notaio. “E tu figliolo, vuoi venire con me?”
“Sì!”, disse un vispo ragazzino dodicenne afferrandogli la mano. “Dove va mio padre, vado anch’io”.
“Bravo!”, rispondemmo noi. Questo per il canonico fu davvero troppo: congiunse le mani e pregando per l’anima del fratello uscì dalla stanza. “Eccoci finalmente in pace”, disse il notaio. “Ora, moglie mia, prepara la cena. I litigi mi mettono appetito. Io intanto scendo giù a prendere il migliore vino che abbiamo”. E così fece, mentre la moglie, incline a piegarsi al suo volere, sospirò e fece quanto lui le aveva ordinato. Le figlie, invece, con apprensivo interesse ci chiesero se davvero volessimo mettere a repentaglio corpo e anima e non recepirono affatto il mio tentativo di volgere tutto sul piano dello scherzo.
Fu portata la cena mentre il notaio arrivò con un gigantesco fiasco di vino prelibato. Poichè gli dispiaceva vedere il cruccio sul volto delle figlie, ordinò loro di andare a dormire. Tutte e tre si voltarono a guardarci con aria afflitta, come se ci vedessero ormai perduti, e richiusero la porta dietro le loro spalle.
Il notaio, tirando un sospiro di sollievo disse: “Ora siamo fra noi soli, quindi stiamo allegri!”. Quell’esortazione ci piacque. Assaltammo alcuni granchi prelibati e l’enorme fiasco di vino, e brindammo più volte al buon esito della nostra avventura. Il notaio si lasciò andare al racconto di tutte le idee che fin da giovane si era fatto su quella grotta. Io ne espressi alcune nuove e tornai a parlare delle statue e dei grandi tesori che certamente avremmo potuto trovare. Preso dall’entusiasmo, al notaio nulla di ciò che io dicevo appariva troppo fantasioso. E infatti rispondeva: “Chi può saperlo? Chissà, perchè no? Tutto è possibile!” e altre simili espressioni.
Il mio amico tedesco, che era il meno infervorato, alla fine disse: “Volete sapere cosa io penso sull’aspetto interno della grotta? Credo che essa sia bagnata, umida, oscura e tetra. E questo può bastare. Perciò andiamo a dormire.” Quindi ci alzammo; il notaio ci abbracciò ed essendo davvero tardi, andammo a riposare. (Fine P. V – Continua)