La lestopitta deriva il suo nome dal greco Λεπτός (leptòs), sottile e πίτα (pita), pane: quindi, pane sottile e non, come erroneamente riportato a volte, “pane veloce”. In realtà la sua preparazione è piuttosto semplice, ma non così veloce.
E’ una sorta di focaccia, semplice, a base di acqua, farina, olio e sale, che viene fritta e servita calda, quando è ancora croccante, o arrotolata e farcita, una volta fredda e ammorbidita. E’ stata in qualche modo assimilata alla piadina, sebbene il procedimento di cottura sia diverso. Gli ingredienti di base sono tuttavia simili, ma chi può sapere se le due preparazioni derivano da uno stesso impasto di base, oppure, come spesso capita e non solo in gastronomia, persone diverse in tempi e luoghi diversi hanno avuto la stessa idea?
La lestopitta ha certamente una derivazione greca e non soltanto nel nome. È tipica di Bova Superiore, caratteristico paese in provincia di Reggio Calabria, situato sul versante orientale dell’Aspromonte. Quasi mille metri di altitudine, 500 abitanti scarsi, è un paese pieno di vita, iniziative, eventi, storia e tradizioni: da visitare il Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs” dedicato alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale della minoranza storico-linguistica dei Greci di Calabria; il museo – che offre un percorso di visita basato sull’utilizzo anche delle più moderne tecnologie digitali – è intitolato al linguista tedesco che fin dal 1924 sostenne l’origine magnogreca della parlata ancor oggi in uso nei borghi ellenofoni di Bova, Gallicianò e Roghudi, nei versanti più impervi dell’Aspromonte meridionale. Da non perdere anche il bellissimo museo all’aperto denominato “Sentiero della civiltà contadina”, ideato da Saverio Micheletta e realizzato grazie anche alle donazioni spontanee dei cittadini che hanno messo a disposizione oggetti ed utensili d’altri tempi. Inserito tra i “borghi più belli d’Italia” il paese di Bova è considerato la capitale della cultura grecanica calabrese, da secoli legata alla presenza di una minoranza ellenofona, diretta discendente delle antiche popolazioni magno-greche e bizantine.
La lestopitta è di casa a Bova superiore (attenzione a non confondere con Bova marina: lì la nostra focaccia l’hanno solo acquisita per osmosi). Ha molte caratteristiche comuni con la pita turca e con il pane azzimo. Non contiene lievito, ma, a differenza degli altri pani citati, viene fritta anziché cotta su piastra o, come era d’uso un tempo, su lastre di pietra arroventate.
Si prepara con la semola di grano duro, in quanto è la varietà autoctona del meridione d’Italia. Il grano duro, utilizzato da sempre per tutte le preparazioni tipiche di queste zone, predilige infatti i climi caldi e temperati, al contrario del grano tenero, presente al nord e nei paesi più freddi ed umidi. Nel corso del tempo il grano duro sostituì poco alla volta il farro, meno saporito e di minor resa, che fu probabilmente il primo cereale ad essere utilizzato per la panificazione. La stessa parola “farina” deriva infatti dalle prime lavorazioni del farro.
Insieme alla semola di grano duro ed all’acqua è prevista l’aggiunta di olio, che regala croccantezza alla lestopitta. Il sale aiuta a dare sapore, ma non è indispensabile.
E’ importante una corretta lavorazione, e un po’ di pazienza: come tutti gli impasti, richiede cura e calma.
Buona merenda!
Ingredienti della lestopitta:
200 g di semola di grano duro
100 ml di acqua tiepida
un cucchiaio di olio di oliva
un cucchiaino di sale
Olio d’oliva abbondante per la frittura
Preparazione:
Impastare a lungo e con forza gli ingredienti, fino ad ottenere una palla liscia e compatta. Coprirla con un tovagliolo e lasciarla riposare almeno un’ora (foto 1).
Dividere l’impasto in quattro pezzi, schiacciarli leggermente con le mani, poi ripiegare verso il centro i lembi esterni e arrotondarli, formando quattro palline. Questo procedimento serve ad incamerare aria all’interno di ogni impasto. Coprire e lasciare nuovamente riposare almeno un’ora (foto 2).
Scaldate abbondante olio in una padella e intanto stendete sottilmente le palline di impasto con il matterello (foto 3).
Immergete nell’olio le sfoglie ottenute. Se l’impasto è stato ben eseguito, le vedrete gonfiare, come nel seguente video:
Sarà sufficiente farle dorare un minuto per parte bucherellandole con una forchetta. Appena fritte saranno croccanti, servitele calde con formaggi e salumi (v. foto di copertina, in alto). Raffreddandosi si ammorbidiranno e potrete arrotolarle e farcirle, magari con il “morzeddhu” catanzarese, altro gustosissimo esempio di street food calabrese a cui Famedisud ha dedicato una delle sue pagine gastronomiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
sito stupendo!! bellissimo ,grazie per avermelo fatto conoscere.