Quello di Monna Lisa è forse il volto femminile più famoso della storia, ma la sua vera identità rimane ancora avvolta dal mistero. Un’antica leggenda vuole che sia morta in Lucania e su questa tradizione è nato un Museo
di Redazione FdS
SECONDO UNA LEGGENDA LUCANA LAGONEGRO SAREBBE STATA L’ULTIMA DIMORA DELLA MODELLA DI LEONARDO
La storia oltre che di grandi eventi più o meno documentati o di grandi personaggi più o meno celebri è fatta anche di tante piccole vicende e di figure minori che di quegli eventi appaiono come altrettanti corollari o comprimari. E’ il caso della fiorentina Lisa Gherardini, che la tradizione vuole essere stata la modella del dipinto più celebre del mondo, La Gioconda di Leonardo da Vinci. Ebbene, come vi avevamo promesso alcuni mesi fa trattando del caso del presunto autoritratto di Leonardo da Vinci custodito al Museo di Vaglio di Basilicata (Potenza), vogliamo parlarvi di un’antica leggenda del vicino borgo di Lagonegro secondo la quale Lisa Gherardini, dell’omonima famiglia di Montagliari (Fi), alias Monna Lisa (un diminutivo di “Madonna” che oggi avrebbe lo stesso significato di “Signora”), moglie di Francesco del Giocondo (e quindi la “Gioconda”), sarebbe morta proprio nel paesino lucano e ivi sarebbe sepolta in una tomba rimasta segreta. Una storia in cui sembra di assistere ad uno strano gioco di specchi e in cui è difficile stabilire da che parte stia la verità, considerato anche che è dubbia – se non l’esistenza storica di Lisa, a dire il vero alquanto documentata – la sua effettiva relazione col dipinto di Leonardo, relazione citata dal Vasari ma messa in dubbio da molti studiosi che considerano quel quadro nient’altro che un’immagine femminile idealizzata. Ma vediamo di ripercorrere le notizie su Lisa – quelle note e quelle leggendarie – cominciando da un ritrovamento avvenuto a Firenze nel 2007, che sembrerebbe smentire la leggenda lucana.
LA TOMBA DI MONNA LISA A FIRENZE O IN LUCANIA? IL MISTERO SI INFITTISCE
Da una notizia del gennaio 2007 si è appreso che all’interno dell’ex convento di Sant’Orsola, a Firenze, vi sarebbe (il condizionale è d’obbligo) la sepoltura di Monna Lisa, la modella che Leonardo Da Vinci ritrasse come La Gioconda. Il corpo di Lisa Gherardini, moglie del mercante Francesco Del Giocondo, riposerebbe all’ombra di una vecchia tomba la cui esistenza è stata ipotizzata grazie agli studi preliminari su antichi documenti svolti dal professor Giuseppe Pallanti. Un risultato che se pare aggiungere un piccolo tassello al grande mosaico della storia dell’arte, entrerebbe inevitabilmente in conflitto con la leggenda nota ai cittadini di Lagonegro, in Basilicata, secondo la quale Monna Lisa riposerebbe tra le montagne dell’Appennino lucano, in un luogo segreto, di fronte al Tirreno che in quel tratto abbraccia la Calabria e l’antica Lucania tracciandone il confine. La leggenda – ripresa anche dallo scrittore russo Dmitrij Sergeevic Merezkowskij, autore nel 1901 del romanzo “La resurrezione degli dei. Il romanzo di Leonardo da Vinci” – vuole infatti che la sepoltura della modella leonardiana si trovi in Lucania, dove la donna sarebbe deceduta nel 1506. Così recita il testo a pag. 229: “…durante il viaggio di ritorno dalla Calabria, dove Messer Francesco aveva concluso con grande suo vantaggio alcuni affari, tra gli altri uno per l’importazione di pelli di montone a Firenze, Monna Lisa era deceduta a Lagonegro, una piccolissima città sperduta, chi diceva di malaria e chi di una malattia infettiva alla gola”.
Secondo la vulgata quindi la celebre donna fiorentina, che da recenti indagini pare abitasse in Via Ghibellina di fronte alla casa di Leonardo, si sarebbe spenta in Basilicata a seguito di una fatale malattia che ne segnò tragicamente il destino. Mentre il marito, Francesco, è in Calabria per affari, la giovane Lisa avrebbe soggiornato a Lagonegro per qualche tempo affetta da una strana malattia che la condusse alla morte in pochissimo tempo. Sia chiaro che a Lagonegro tutto è dato per certo, e se per caso qualcuno si rifugia in un generico “si dice”, è destinato ad essere guardato male. Senza dubbio il fatto è curioso: come giustamente fa rilevare qualcuno, la tradizione popolare può anche essere considerata leggenda, ma è improbabile che la gente del posto cinque secoli addietro si sia potuta inventare un fatto così clamoroso che si è radicato nella storia stessa della comunità. Ma è possibile, aggiunge qualcun altro, che una tradizione vecchia di secoli poggi sul niente? Non è mancato chi negli anni si è posto domande, ha consultato registri parrocchiali e documenti dell’epoca in biblioteche pubbliche e private, fra Toscana e Lucania, e c’è chi riferisce di studiosi tedeschi che agli inizi degli anni Cinquanta avrebbero effettuato sopralluoghi, vere e proprie campagne di ricerca, nella chiesa romanica di San Nicola, del X secolo, e nel cimitero sovrastante. Avrete insomma capito che a Lagonegro si è sviluppato un mito di tutto rispetto, dando corpo a un fantasma che sembra dominare poeticamente nell’immaginario lucano, tra le strade di Lagonegro e nelle campagne dai paesaggi lunari, che da sempre affascinano studiosi e visitatori.
Intanto però, a Firenze, sono tutti convinti da anni che sia la città sull’Arno ad ospitare il corpo della celebre modella, pur con la consapevolezza che la ricerca orientata nell’ex convento di Sant’Orsola [ma ad oggi non risultano ancora identificazioni certe del presunto scheletro – NdR] non placherà l’inesauribile poesia sulla sepoltura di Monna Lisa, le cui spoglie d’ora in poi saranno contese dalle due regioni, continuando ad alimentare una leggenda che ha l’oscuro fascino del mistero. Intanto a Lagonegro il locale GAL La Cittadella del Sapere nella primavera 2012 avviò il progetto di realizzazione di un Museo Virtuale dedicato a Monna Lisa, segno evidente della volontà di non voler rinunciare all’affascinante leggenda che lega indirettamente il piccolo borgo lucano al genio di Leonardo. Il progetto, portato di recente a compimento con l’inaugurazione delle attività del Museo, è finalizzato alla realizzazione di attività di programmazione di eventi, seminari, incontri-studio, mostre e spettacoli culturali di carattere nazionale ed internazionale, insieme alla realizzazione appunto del virtuale “Monna Lisa Lagonegro Museum“. Il tutto ha come obiettivo lo sviluppo di attività che prevedono il coinvolgimento delle scuole e dei giovani, nella realizzazione di itinerari che accorpino storia, cultura ed enogastronomia creando reti collaborative fra più soggetti istituzionali.
MONNA LISA, ICONA ASSOLUTA DELL’ARTE
Il sorriso impercettibile della Gioconda, col suo alone di mistero, ha ispirato tantissime pagine di critica, di letteratura, di opere di immaginazione, di studi anche psicoanalitici. Sfuggente, ironica e sensuale, la Monna Lisa è stata di volta in volta amata, idolatrata, ma anche derisa o aggredita. Vera e propria icona della pittura, è vista ogni giorno da migliaia di persone che visitano il Louvre, tanto che nella grande sala in cui è esposta un cordone e un cristallo antiproiettili tengono a notevole distanza i visitatori: nella lunga storia del dipinto non sono mancati infatti i tentativi di vandalismo, nonché un furto rocambolesco che in un certo senso ne ha alimentato la leggenda. L’identificazione del personaggio rappresentato con Lisa Gherardini, in realtà molto dibattuta dalla storiografia artistica, ha come fonti antiche un documento del 1525 in cui vengono elencati alcuni dipinti che si trovano tra i beni di Gian Giacomo Caprotti detto “Salaì”, allievo di Leonardo che seguì il maestro in Francia, dove l’opera viene menzionata per la prima volta come “la Joconda”.
Lo stesso Vasari scrisse che “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanableu”, dilungandosi poi in una serie di lodi del dipinto, in realtà piuttosto generiche. Alcuni dubbi sono sorti a partire dalla descrizione del Vasari, che parla della peluria delle sopracciglia magnificamente dipinta (ma la Gioconda non ne ha) e che esalta le fossette sulle guance (pure esse assenti). Ciò è comunque spiegabile con la particolare storia del dipinto, che seguì Leonardo fino alla sua morte in Francia e che venne ritoccata per anni e anni dall’artista. Vasari infatti potrebbe aver attinto la sua descrizione da una memoria dell’opera com’era visibile a Firenze fino al 1508, quando il pittore lasciò la città: analisi ai raggi X hanno mostrato che ci sono tre versioni della Monna Lisa, nascoste sotto quella attuale. A sostegno della testimonianza del Vasari, nel 2005 Veit Probst, storico e direttore della Biblioteca di Heidelberg in Germania, ha pubblicato un appunto del cancelliere fiorentino Agostino Vespucci, ritrovato a margine di alcune lettere di Cicerone e datato 1503, che conferma l’esistenza di un ritratto di Lisa del Giocondo: « [Come] il pittore Apelle. Così fa Leonardo da Vinci in tutti i suoi dipinti, ad esempio per la testa di Lisa del Giocondo e di Anna, la madre della Vergine (…). Ottobre 1503 ». Ciò non toglie peraltro che Leonardo possa aver trattato lo stesso soggetto in più dipinti distinti, come del resto fece con altre sue opere, e che quindi il dipinto del Louvre non fosse quello destinato a Messer Francesco del Giocondo, ma una sua variante. Non a caso Leonardo lo aveva con sé in Francia, ed è bizzarro che non l’avesse consegnata al suo committente. Si aggiunga inoltre la testimonianza scritta di un testimone oculare, il molfettese Antonio De Beatis, segretario del cardinal Luigi d’Aragona, che vide l’opera portata da Leonardo in Francia e ad essa potrebbe riferirsi parlando di un dipinto voluto dal nobile mecenate Giuliano de’Medici. Al di là comunque delle prove storiche sulla vera identità della Gioconda e sul vero luogo di sepoltura della sua presunta modella, rimane il fascino immortale di un sorriso enigmatico che ammalia proprio perché ha l’aria di essere il suggello di misteri di cui probabilmente non verremo mai a capo.
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Solo per segnale il seguente sito
Il Vero Codice da Vinci
IL VERO CODICE DA VINCI NON E’ un Thriller come il fantasioso “CODICE DA
VINCI”
di Dan Brown, ma racconta e svela finalmente dopo 5 secoli i segreti
racchiusi
da LEONARDO nel dipinto della Gioconda.
agostino-de-santi-abati.webnode.it
L’immagine della Gioconda e il volto di Marilyn sono due icone a valenza archetipa, non troppo dissimili, che non a caso Andy Warhol colse e ripropose. Marilyn fonte di ispirazione per la Pop Star Madonna e per la sua erede Lady Gaga, e per molteplici altre cantanti, attrici e artisti. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo: Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.
Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Gesù avendo una intelligenza simile hanno avuto un volto somigliante verso il termine della vita, avvenuta ad età differenti. La Gioconda è un ritratto ideale, un rimando al volto archetipo di Gesù, un abile gioco di prestigio, una straordinaria illusione ottica che rimanda al volto di Leonardo (potrebbe essere un suo ritratto al femminile) e indirettamente a quello della Sindone (Il volto sindonico e l’autoritratto di Leonardo si somigliano). Questo è forse la ragione principale del mistero e fascino del quadro. Cfr. Ebook. (amazon) di Ravecca Massimo: Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.
La sua signor Ravecca è una tesi abbastanza nota e diffusa. Cò non toglie che in Lucania si conservi a livello popolare (ma ripresa anche in ambito letterario) la curiosa leggenda sulla morte di Monna Lisa.