La Napoli intima e affascinante del fotografo Nicola Vigilanti

Il Seminario dei Nobili, istituzione napoletana sorta nel 1608 per volere del Marchese di Villa, Giovan Battista Manso di Scala, per assicurare un’istruzione gratuita ai figli delle famiglie patrizie napoletane decadute. Sull’ingresso del palazzo un’antica lapide ricorda il Seminario –  Ph. © Nicola Vigilanti

Il Seminario dei Nobili, istituzione napoletana fondata nel 1608 per volere del Marchese di Villa, Giovan Battista Manso di Scala, per assicurare un’istruzione gratuita ai figli delle famiglie patrizie napoletane decadute. Sull’ingresso del palazzo un’antica lapide ricorda il Seminario – Ph. © Nicola Vigilanti

E’ una Napoli invernale, solitaria, piovosa, intima, silenziosa, e talora notturna, ma sempre piena di fascino, quella ritratta da Nicola Vigilanti, fotografo di stanza a Lione ma dalle radici pugliesi e partenopee. In altre parole un luogo apparentemente agli antipodi rispetto alla più consueta immagine di città solare, gioiosamente chiassosa se non caotica. In realtà questa più insolita immagine di Napoli (insolita nella sua rappresentazione iconografica) convive con l’altra radicandosi nella caleidoscopica natura di città che sfugge ad ogni tentativo di classificazione. Sì, perché Napoli è da sempre “splendore e frastuono”, “allegro tumulto e pacifica confusione”, “strepito di persone”¹ che “cavano l’arte dal sole”² e nella cui ”mobile e ardente natura” “c’è qualcosa del Vesuvio, dei suoi ardori e delle sue eruzioni”³, ma è anche città dalla “voluttuosità inesauribile che strugge il cuore con un piacere malinconico”, luogo che fa convivere “l’Averno e il Cielo, l’angelico e l’umano, ciò che è stato e ciò che sarà poi”⁴, dove non mancano momenti in cui i quartieri si presentano “silenziosi e immoti” come in certi pomeriggi domenicali, nella controra delle calde giornate estive o in quelle di intensa pioggia, allorquando la quiete e la solitudine delle strade, le saracinesche chiuse dei negozi e dei chioschi” restituiscono come “l’immagine di un mondo che si è sottratto allo sguardo esterno, per immergersi nella sua dimensione privata” ⁵.

A spasso per Napoli dopo la pioggia - Ph. © Nicola Vigilanti

Scorcio serale di una piazzetta di Napoli dopo la pioggia – Ph. © Nicola Vigilanti

A questa dimensione più schiva appartiene anche quel volto di Napoli che riunisce in sé storia e leggenda, cristiana devozione, magia ed esoterismo di ascendenze pagane, tratti che – in certe vie, architetture, opere d’arte, tradizioni – si fondono con la quotidianità in modo marcato oppure elusivo ma non per questo meno radicato. E questa molteplice anima di Napoli la si percepisce sempre, che si sia immersi nel cuore pulsante del suo centro storico o che si osservi la città da una di quelle terrazze naturali che la sovrastano, magiche appendici aeree del suo plurimillenario corpo urbano; da qui, diviso fra mare e terra, lo sguardo s’inebria di splendidi orizzonti correndo lungo la via Spaccanapoli, “un rettilineo di più di un chilometro, stretto e vociante, che divide in due l’enorme agglomerato…cuore di questa babele della storia”6 , oppure avanzando verso l’orizzonte marino dell’”imperioso Tirreno” 7 su cui sembra specchiarsi la sagoma azzurrina e falsamente rassicurante del Vesuvio “vulcano che ha tante possibilità di sterminio quanti sono gli acini d’uva e le ginestre di cui si agghinda per dissimulare le sue intenzioni.Scenari che ammaliano l’anima ma che invitano anche a riflettere su come Napoli sia un luogo sopravvissuto a tutto: invasioni straniere, rivolte popolari, eruzioni vulcaniche, terremoti. Una lotta per la vita che rafforza la sua intensa aura di luogo misterioso in cui s’annida “qualcosa di veramente vibrante e vivo che si avverte ovunque ed è come qualcosa d’infinito che percepisci anche quando la lasci” 9. [di Redazione FdS]  

Palazzo Pignatelli, Vigilanti

Capitello a mascherone, Palazzo Pignatelli di Monteleone, XVI sec., Calata di Trinità Maggiore, Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Palazzo Pignatelli, Vigilanti

Part. della facciata di Palazzo Pignatelli di Monteleone, XVI sec., Calata di Trinità Maggiore, Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

 
CHIESA E PIAZZA DEL GESU’ NUOVO
Gesù Nuovo Vigilanti

Facciata della Chiesa del Gesù Nuovo, XVI-XVIII sec., Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

P.zza del Gesù Nuovo, Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

P.zza del Gesù Nuovo, part. dell'Obelisco dell'Immacolata, XVIII sec., Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

Interno della Chiesa del Gesù Nuovo, XVI - XVIII sec. - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

Crocifisso ligneo, Chiesa del Gesù Nuovo, XVI - XVIII sec. - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

Crocifisso ligneo (part.), Chiesa del Gesù Nuovo, XVI - XVIII sec. - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

Cappella del Sacro Cuore, Chiesa del Gesù Nuovo, XVI - XVIII sec. - Ph. © Nicola Vigilanti

Gesù Nuovo Vigilanti

Chiesa del Gesù Nuovo, XVI - XVIII sec. - Ph. © Nicola Vigilanti

 
La chiesa del Gesù Nuovo, o della Trinità Maggiore, è una chiesa monumentale di Napoli, sita nell’omonima piazza di fronte all’obelisco dell’Immacolata e alla Basilica di Santa Chiara. La chiesa e la piazza nascondono segreti secolari, frutto di credenze ben più antiche ed oscure legate alla religione, messaggi incisi nella pietra che solo occhi esperti possono individuare. Due grandi segreti aleggiano in particolare su questo luogo: il primo riguarda il bugnato della chiesa; sui blocchi lapidei ‘a punta di diamante’ sono infatti visibili degli strani segni secondo alcuni decrittabili con una qualche chiave di lettura occulta; una presenza che rimanderebbe ad arti magiche e conoscenze alchemiche in grado di convogliare energie negative su quello che prima di diventare una chiesa fu un palazzo appartenuto alla potente famiglia dei Sanseverino, realmente colpita da una serie di sciagure. Il secondo mistero avvolge invece la statua dell’Immacolata che si erge sull’obelisco posto al centro della piazza. Essa fu voluta dai Gesuiti quando presero possesso della chiesa del Gesù Nuovo e da allora è protagonista di uno strano fenomeno, forse solo una suggestione. In alcune ore del giorno, specialmente con la luce del tramonto o dell’alba, l’aspetto della statua cambia alla vista. Il drappo non sembra più coprire la Vergine, ma una figura scheletrica che regge una falce: la Morte. Alcuni associano tale figura a quella della “Santa Muerte”, la “Santissima” divinità venerata nell’ambito di alcuni culti e sette sorti in Messico ma collegati a gruppi criminali presenti negli U.S.A.. E’ pressoché impossibile credere che un simile culto sia nato a Napoli secoli prima di diffondersi in Messico, eppure quella figura incappucciata che sembra quasi sostituirsi alla effige santa pare proprio richiamare la blasfema tradizione di oltreoceano. Che sia suggestione o uno strascico di antichi culti non è dato sapere, eppure molti storici dell’arte e studiosi, poco inclini alle suggestioni, sono pronti a confermare l’enigmatico fenomeno ottico.

VICO DEL FICO AL PURGATORIO

Vico Fico al Purgatorio, Vigilanti

Scorcio del Vico del Fico al Purgatorio con il busto in bronzo di Pulcinella dell'artista Lello Esposito (2012) - Ph. © Nicola Vigilanti

Vico Fico al Purgatorio, Vigilanti

Il busto in bronzo di Pulcinella dell'artista Lello Esposito (2012) in Vico del Fico al Purgatorio, Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

 
Vico del Fico al Purgatorio: solo a Napoli i nomi delle strade riescono ad essere ancora più magici dei luoghi stessi. Che si stia camminando sul decumano inferiore (Spaccanapoli- San Biagio dei Librai) o sul decumano superiore (via dei Tribunali) nel cuore antico di Napoli è impossibile non notare Vico del Fico al Purgatorio, sia per la presenza di archi e di altri elementi iconografici che riportano nell’immaginario alla città di Napoli, sia perché le indicazioni della strada sono entrambe molto affascinanti, antica ed un po’ rovinata dal tempo quella sul lato di via dei Tribunali, densa di ricostruzione storica quella sul lato di via San Biagio dei Librai (un’apposita epigrafe indica Vico del Fico al Purgatorio già Vico Salvonato già Vico dei Rota già Vico degli Offieri).

BASILICA DI SANTA CHIARA

Santa Chiara, Vigilanti

Scorcio della facciata della Basilica di Santa Chiara, XIV sec., Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Santa Chiara, Vigilanti

Monumento funebre di re Roberto d'Angiò scolpito dai fiorentini Giovanni e Pacio Bertini, Basilica di Santa Chiara, XIV sec., Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

 
La Basilica di Santa Chiara e l’annesso monastero formano uno fra i più importanti complessi monumentali di Napoli. La Basilica ha il suo ingresso su via Benedetto Croce (uno dei segmenti della celebre Spaccanapoli) sorgendo sul lato nord-orientale di piazza del Gesù Nuovo, di fronte alla chiesa omonima ed adiacente a quella delle Clarisse un tempo facente parte dello stesso complesso monastico. Santa Chiara è la più grande basilica gotica della città, mentre l’annesso monastero comprende quattro chiostri monumentali (uno dei quali è il celebre chiostro settecentesco maiolicato), gli scavi archeologici di un vasto complesso termale romano d’età tardo-imperiale e varie sale che ospitano l’omonimo Museo dell’Opera, il cui percorso di visita include anche il Coro delle monache con resti di affreschi di Giotto ispirati alle Storie del Vecchio Testamento e dell’Apocalisse, un grande refettorio, la sacrestia ed altri ambienti.

I DECUMANI

Scorcio del Decumano inferiore (Spaccanapoli) - Ph. © Nicola Vigilanti

Scorcio del Decumano inferiore (Spaccanapoli) – Ph. © Nicola Vigilanti

I decumani di Napoli sono le tre antiche strade di Napoli, così denominate con termine latino ma già tracciate alla fine del VI secolo a.C. nella città greca. Disposte da est a ovest, si sviluppano parallelamente fra loro e rispetto alla costa e identificano il cuore antico della città. La configurazione della greca Neapolis  seguiva uno schema stradale ortogonale in cui tre strade, le più larghe, dette plateiai, attraversavano il centro urbano suddividendolo in quattro parti. Queste erano a loro volta tagliate perpendicolarmente, da nord a sud, da altre strade più piccole dette stenopoi e successivamente “cardini”, oggi coincidenti con i vicoli del centro storico. L’antico assetto stradale della città è rimasto sostanzialmente invariato fino ad oggi, sebbene in alcuni punti abbia subito modifiche a volte radicali. Un alto livello di corrispondenza con la struttura originaria presenta il decumano inferiore, noto come Spaccanapoli che, come si può ben notare osservandolo dall’alto della collina del Vomero, conserva la sua precisa linearità dall’inizio alla fine del tracciato. Segue integralmente l’antico asse viario greco l’odierna via dei Tribunali corrispondente al decumano maggiore, il più importante dei tre. Meno coerente con l’antico tracciato è il decumano superiore che, corrispondente alle attuali vie della Sapienza, Pisanelli, dell’Anticaglia e degli Apostoli, vede in più punti stravolta la propria direzione. Queste tre vie del nucleo antico di Napoli caratterizzano l’area (una superficie di 1700 ettari che racchiude 27 secoli di storia) che dal 1995 è stata inserita fra i siti protetti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità e comprende un ampio numero di siti archeologici, palazzi nobiliari e chiese monumentali.

LA STATUA DEL DIO NILO

La statua del fiume Nilo

La statua del dio Nilo, marmo, II-III sec. d.C., Largo Corpo di Napoli – Ph. © Nicola Vigilanti

La statua marmorea del dio Nilo è l’eloquente testimonianza della presenza, nell’area in cui si erge, quasi all’angolo fra Piazza S. Domenico Maggiore e l’inizio di via S. Biagio dei Librai (decumano inferiore), di una colonia di egiziani provenienti da Alessandria d’Egitto. Qui, fra il II e III secolo d.C., in corrispondenza dell’odierno Largo Corpo di Napoli, gli alessandrini eressero una statua marmorea al fiume Nilo, divinizzato in quanto portatore di prosperità e ricchezza alla loro madrepatria. Il dio vi appare raffigurato come un vecchio barbuto e seminudo disteso sulle onde del fiume, con i piedi posti accanto alla testa (purtroppo perduta) di un coccodrillo, simbolo delle acque e della fertilità, il braccio sinistro poggiato su una sfinge, e la mano destra reggente una cornucopia. Accanto al suo petto si nota un putto, probabile superstite di un originario gruppo e forse simboleggiante un affluente del fiume. Caduta nell’oblio, la statua fu ritrovata verso la metà del XII secolo, quando nell’attuale largo fu costruito l’edificio del seggio nobiliare che amministrava il quartiere. Attraversati ulteriori momenti di abbandono, della statua si persero nuovamente le tracce, fino alla definitiva riscoperta avvenuta nel XV secolo. Oggi la si vede posta sopra un basamento in piperno realizzato a fine ‘600, mentre una lapide del 1734 ricorda le vicissitudini della scultura nonché i lavori di restauro e consolidamento fatti realizzare in quell’anno da alcuni dei nobili più in vista della città di Napoli.

VIA SAN GREGORIO ARMENO

Scorcio di Via San Gregorio Armeno - Ph. © Nicola Vigilanti

Scorcio serale di Via San Gregorio Armeno. Sullo sfondo il sontuoso campanile dell’omonimo complesso monastico – Ph. © Nicola Vigilanti

Via san Gregorio Armeno prende il nome dal complesso monastico la cui chiesa, fondata intorno al 930, sorge circa a metà del suo percorso. E’ una delle strade più note del centro storico di Napoli, celebre soprattutto per le numerose botteghe artigiane di presepi che attirano turisti provenienti da tutto il mondo. La strada, che popolarmente è nota anche come san Liguoro, coincide con uno delle vie (stenopoi) dell’impianto urbanistico greco che caratterizza il centro storico di Napoli. Come stenopos (o cardine, secondo l’urbanistica romana), la via fungeva da collegamento tra le plateiai (o decumani): in questo caso la via collegava perpendicolarmente il decumano maggiore (attuale via dei Tribunali) e quello inferiore (odierna Spaccanapoli), due delle tre principali strade dell’antica Neapolis. L’estremità superiore della via coincide con l’attuale piazza San Gaetano su cui si affaccia la Basilica di San Lorenzo Maggiore, area un tempo occupata dall’agorà greca e, successivamente, dal foro romano.

IL CRISTO VELATO DELLA CAPPELLA SANSEVERO

Il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino (XVIII sec.), Cappella Sansevero, Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino (XVIII sec.), Cappella Sansevero, Napoli – Ph. © Nicola Vigilanti

Considerato una delle opere più pregevoli della statuaria d’ogni tempo, il Cristo Velato è il capolavoro dello scultore napoletano Giuseppe Sanmartino. L’opera gli fu commissionata nel 1753 dal celebre Raimondo de’Sangro principe di Sansevero, personaggio noto come scienziato e alchimista in odore di arti magiche. Un’antica leggenda vuole infatti che lo straordinario velo marmoreo che lascia trasparire in modo mirabile le sembianze del Cristo morto, più che attribuirsi al virtuosismo tecnico del Sanmartino deriverebbe da un processo di ”marmorizzazione” alchemica ideato dal principe e applicato ad un velo di vero tessuto artificialmente pietrificato. Sempre smentita da accreditati studiosi di storia dell’arte, la leggenda non ha fatto che aggiungere fascino e mistero a quest’opera che costituisce la punta di diamante di un ricco ciclo scultoreo carico di enigmatici significati simbolici voluto dal principe a corredo della Cappella Sansevero, attigua all’omonimo palazzo di famiglia situato nei pressi di piazza S. Domenico Maggiore. Un luogo di culto oggi sconsacrato, diventato uno degli spazi museali più importanti della città di Napoli.

A SPASSO PER NAPOLI

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

A spasso per Napoli, Nicola Vigilanti

Ph. © Nicola Vigilanti

 

NAPOLI, VISIONI IN BIANCO E NERO

Napoli visioni in bianco e nero, Nicola Vigilanti

Il decumano inferiore (Spaccanapoli) visto dalla collina del Vomero. Sullo sfondo, i grattacieli del Centro Direzionale - Ph. © Nicola Vigilanti

Napoli visioni in bianco e nero, Nicola Vigilanti

Scorcio del centro di Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

Napoli visioni in bianco e nero, Nicola Vigilanti

Visione costiera di Napoli, col porto al centro e il Vesuvio sullo sfondo - Ph. © Nicola Vigilanti

Napoli visioni in bianco e nero, Nicola Vigilanti

La Galleria Umberto I (XIX secolo) - Ph. © Nicola Vigilanti

Napoli visioni in bianco e nero, Nicola Vigilanti

Villa Volpicelli (XVII sec.) a Riva Fiorita, Posillipo, Napoli - Ph. © Nicola Vigilanti

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Fonti citazioni (in testo di Redazione FdS):

1) Juan Andrés (1740 – 1817), gesuita, umanista e critico letterario spagnolo, in L’averno e il cielo, Napoli nella letteratura spagnola e ispanoamericana, a cura di Teresa Cirillo Sirri e José Vicente Quirante Rives, Libreria Dante & Descartres, Napoli, 2007
2) Camillo Boito (1836 – 1914), architetto e scrittore italiano, da Senso. Storielle vane, introduzione e note di Raffaella Bertazzoli, Garzanti, 1990
3) Emilio Castelar y Ripoll (1832 – 1899), scrittore e politico spagnolo, in L’averno e il cielo, Napoli nella letteratura spagnola e ispanoamericana, a cura di Teresa Cirillo Sirri e José Vicente Quirante Rives, Libreria Dante & Descartres, Napoli, 2007
4) Ramón Gómez de la Serna (1888 – 1963), scrittore spagnolo, in L’averno e il cielo, Napoli nella letteratura spagnola e ispanoamericana, a cura di Teresa Cirillo Sirri e José Vicente Quirante Rives, Libreria Dante & Descartres, Napoli, 2007
5) Thomas Belmonte (1946 – 1995), antropologo statunitense, da La fontana rotta, a cura di Domenico Scafoglio, Meltemi Editore srl, 1997
6) Stanislao Nievo (1928 – 2006), scrittore italiano, da Il prato in fondo al mare, Marsilio editori, Venezia, 2010
7) Bernardo Tasso (1493 – 1569), poeta italiano, in Francesco Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale, il Cinquecento, Donzelli editore, 2001
8) Giuseppe Marotta (1902 – 1963), scrittore e sceneggiatore italiano, da San Gennaro non dice mai no, Bompiani, Milano, 1956
9) John Turturro (1957), attore italo-statunitense, in John Turturro a Roma con il fior Fiore della sua Passione, movieplayer.it, 12 ottobre 2010

Foto e relativi testi di Nicola Vigilanti

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