La prima Bibbia in lingua ebraica del mondo veniva stampata in Calabria oltre mezzo millennio fa

Esemplare di testo biblico ebraico

Esemplare di testo biblico in ebraico

di Kasia Burney Gargiulo

Per la sua posizione geografica di ponte fra Oriente e Occidente, il Sud Italia è stato fra le prime terre del continente europeo ad annoverare la presenza di comunità ebraiche fin dal tempo dell’Impero Romano, senza trascurare il fatto che regioni come la Puglia hanno svolto un ruolo centralissimo nello sviluppo della stessa cultura ebraica, sotto il profilo del pensiero religioso e giuridico. Qui si sono infatti concentrate alcune fra le comunità più antiche della diaspora, considerato che già l’Imperatore Tito, all’indomani della distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo, vi deportò i primi ottomila ebrei col tempo raggiunti da altri a formare realtà culturali in cui avrebbero operato alcune delle maggiori personalità del mondo rabbinico, come ad esempio Shabbetai Donnolo, medico, alchimista e astronomo del X secolo nato ad Oria, nel brindisino, e morto a Rossano, in Calabria. Ed è proprio in Calabria che ci ha portati la nostra curiosità facendoci scoprire che a Reggio – città dell’estrema punta dello Stivale, affacciata sul suggestivo Stretto di Messina – spetta uno primato straordinario, ma pressoché sconosciuto: quello di aver dato alle stampe il 18 febbraio del 1475 la prima Bibbia in lingua ebraica edita con data certa, considerata anche il primo incunabolo ebraico databile conosciuto.

A scoprirlo fu Giovanni Bernardo De Rossi, presbitero, orientalista e bibliografo piemontese, docente alla Facoltà Teologica di Parma dal 1769 al 1821, come egli stesso scrive nel volume I° del suo “Dizionario storico degli autori ebrei e delle loro opere”, edito dalla Reale Stamperia di Parma nel 1802. De Rossi illustrò più ampiamente la scoperta nella sua opera “Annali ebreo-tipografici”, nella parte dedicata al XV secolo. Il volume contiene il commento al Pentateuco ad opera del talmudista Šelomoh ben Yişhah (Rashi | 1040-1105). Non è purtroppo dato sapere come sia arrivato a Parma dalla Calabria.

Certo è che questo volume venne alla luce a Reggio Calabria nel quartiere della Giudecca, zona a residenza ebraica della città, presso la bottega tipografica di Avrhaham ben Garton situata fra Porta Mesa e via Malfitana (secondo l’antica toponomastica), e la sua realizzazione fu resa possibile grazie ai finanziamenti dei commercianti di seta ebrei della città. Già nel 1450, in Germania, Johann Gutenberg, tipografo inventore della stampa a caratteri mobili, aveva stampato la prima Bibbia in latino, con una tiratura di 180 copie: un primato che dal 2001 figura inserito dall’UNESCO nell’elenco delle memorie del mondo. L’altro primato, però, come si può vedere, spetta alla Calabria, e non sarebbe una cattiva idea se anche il volume stampato a Reggio vent’anni dopo figurasse nell’elenco dell’UNESCO, vista la sua unicità.

Pagina del Pentateuco stampato in Calabria

Pagina del Pentateuco stampato in Calabria – Immagine tratta dal fac-simile edito a Gerusalemme nel 1969

Il prezioso incunabolo si trova oggi custodito presso la Biblioteca Palatina di Parma. Dopo la scoperta del De Rossi, il volume, insieme ad altri importanti documenti della cultura ebraica in Italia, venne infatti acquistato nel 1816 da Maria Luigia d’Austria per donarla alla Regia Bibliotheca Parmense ed ora, come dicevamo, è esposto alla Palatina: formata da 115 carte, la Bibbia ”calabrese” presenta legatura in cuoio, titolo, dati editoriali e fregi impressi in oro, rivelandosi preziosa testimonianza di un’antica arte della stamperia ebraica che ebbe in Calabria il suo centro di diffusione. L’incunabolo è incompleto di due pagine che si trovano esposte al Jewish Theological Seminary di New York (Rare Book Room) e pur tuttavia è considerato un esemplare di inestimabile valore, oggi assicurato per oltre un milione di euro.

Di questa preziosa opera – che risulta citata anche nella “Storia di Reggio Calabria” di Domenico Spanò Bolani e nelle ”Memorie delle Tipografie Calabresi ” di Vito Capialbi – esiste, per quanto finora è dato sapere, una sola copia, appunto quella della Biblioteca Palatina di Parma di cui un fac-simile è stato edito a Gerusalemme nel 1969. Ne esiste infine una moderna copia anastatica custodita presso la Biblioteca comunale “Pietro De Nava” di Reggio Calabria, dove si conservano anche altri libri in lingua ebraica risalenti al tempo della Giudecca di Reggio.

L’esistenza di questo volume è uno degli importanti tasselli di quello straordinario, ma dimenticato, mosaico culturale che per secoli è stata la Calabria, il cui legame in particolare con l’ebraismo è fra l’altro documentato da diverse memorie e tracce presenti sul territorio: dai resti del tempio di Bova Marina, risalente al IV secolo e costituente la più antica sinagoga d’Europa dopo quella ritrovata nell’area archeologica di Ostia, alla consuetudine annua che vede ogni estate l’arrivo in Calabria di centinaia di rabbini da tutto il mondo lungo la riviera tirrenica cosentina fra Diamante e S. Maria del Cedro per cogliere i cedri migliori da destinare al Sukkot, la Festa delle Capanne, per finire con leggenda che vuole Aschenez, pronipote di Noè citato nella Bibbia (Genesi, 10, 2-3), quale fondatore di Reggio Calabria, personaggio dal quale deriverebbe uno dei principali ceppi ebraici attuali, gli Ashkenaziti.

Di lui parla lo storico ebreo Giuseppe Flavio nel primo libro delle Antichità giudaiche dove afferma che “Aschenez in verità diede origine agli Aschenazi, che ora dai greci sono chiamati Reggini”, notizia ripresa anche da san Girolamo che, nelle questioni ebraiche sopra la Genesi, conferma che coloro che dai Greci erano chiamati Reggini, erano diretti discendenti di Aschenez, quindi Aschenazi: “Aschenas Greci Rheginos vocant”. In alcune fonti Aschenez è ritenuto fondatore anche di Numistra, nome che identificherebbe l’attuale Lamezia Terme (Cz). Su tale tradizione si basa la leggenda della città fondata – in remota età pregreca – dal mercante semita Aschenaz, ritenuto inventore della barca a remi, giunto sulle sponde italiche tre generazioni dopo il diluvio universale, quando finalmente si prosciugarono le acque che avevano sommerso le montagne.

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