di Valerio Giancaspro*
La quotidianità delle persone famose, e mi riferisco principalmente ad artisti, filosofi e scienziati, ha da sempre interessato il pubblico. La vita viene spesso percepita come un susseguirsi quotidiano di eventi più o meno piacevoli, parzialmente sotto il nostro controllo, ma stupisce come alcune persone riescano a trascendere l’impietosa routine fatta di riunioni, traffico da pendolari e gazzette dello sport per creare dei capolavori. Nasce spontaneo il desiderio di capire come queste persone strutturino la propria giornata, magari c’è qualcosa da imparare.
Mason Currey ha fatto di questa curiosità un blog poi trasformatosi in un libro dal titolo “Daily Rituals” (ed. Knopf – 36 euro). Nel libro il sig. Currey descrive la quotidianità di personaggi famosi come Kafka, Kant o Mozart cercando di identificare, ahimè senza successo, la formula magica che connette la routine al genio. Le routine giornaliere di tali personaggi sembrano essere molto variegate, salvo che per alcune rare eccezioni come per esempio, le lunghe passeggiate, l’alcol e lo svegliarsi molto presto la mattina che sembrano essere comuni a molti. Personalmente avrei fatto una distinzione molto netta tra lo svegliarsi presto la mattina per necessità al farlo per libera scelta, ma questo dettaglio non sembra emergere dallo studio.
La raccomandazione di Gustave Flaubert di essere “regolari ed ordinati nella vita per poter poi essere violenti ed originali nella propria opera” sembra pero’ essere confutata dalla routine estremamente irregolare (anche se regolare nella sua irregolarita’) di personaggi come Mozart o George Simenon.
Uno dei personaggi relativamente regolari sarebbe il M° Ludwig van Beehtoven. Beehtoven, il quale si svegliava la mattina alle 9.00, si preparava religiosamente la sua tazza di caffè, che a suo dire doveva essere fatta con 60 grani per tazza (sembra li contasse uno a uno) per poi mettersi a scrivere musica ininterrottamente sino alle 14,30 circa, ora in cui pranzava. Dopo pranzo si andava a fare una bella e vigorosa passeggiata, portando con sè carta e penna (just in case), sosta nella taverna per una lettura dei fatti del giorno e vai con cena, birretta e pipata finale. Per le 22.00 era a letto.
Decisamente piu’ rilassato e volto al sociale l’approccio del M° Pëtr Il’ič Tchaikovsky, il quale componeva solo dalle 10.00 e le 12.00, e nel pomeriggio dalle 17.00 alle 19.00. Praticamente componeva nei ritagli di tempo rispetto a Beehtoven. Seguivano durante la sera varie attività legate al tempo libero nonchè cene e bagordi con amici.
Simile approccio il M° Wolfgang Amadeus Mozart. Anch’egli sembrava componesse tra le 7.00 e le 9.00 la mattina e tra le 23.00 e l’01.00 della notte. Come per Tchaikovsky molto tempo era dedicato ad attività sociali anche se con molta più irregolarità di routine.
Il poeta W. H. Auden invece preferiva cominciare la giornata con le parole crociate, seguita da una dose di Benzedrina, che sembra lo aiutasse a “concentrarsi”, pranzo, lavoro fino alle 21.00 e poi via di Vodka e Dirty Martinis. Quando non riusciva ad addormentarsi, forse per effetto della benzedrina si prendeva del Seconal, barbiturico che lo mandava per direttissima nel mondo dei sogni.
Il sig. Honoré de Balzac invece era quello che oggi si definirebbe un “workaholic”. Lavorava in continuazione di notte, e dormiva praticamente di giorno. Nel tempo libero faceva jogging e pushups. Qualcuno dice di averlo anche visto fare squats ma le fonti non sono molto attendibili.
Riporto di seguito un estratto di un’intervista alla scrittrice e filosofa Simone de Bouvoir tratta dalla Paris Review del 1965.
INTERVISTATORE
La gente dice che lei abbia molta autodisciplina e che non passi giorno in cui lei non lavori. A che ora inizia la sua giornata?
DE BEAUVOIR
Mah…si… è vero vado sempre di fretta, benché generalmente odio iniziare la giornata. Mi faccio un tè e poi, alle dieci cerco di lavorare un po’ almeno fino all’una. Poi mi vedo con qualche amico. Alle cinque riprendo a lavorare per poi smettere alle nove circa. Non ho nessuna difficolta’ a riprendere nel pomeriggio. Quando lei se ne andra’ di qui mi leggero’ un giornale o faro’ un po’ di shopping.
INTERVISTATORE
Quando si vede con Sartre?
DE BEAUVOIR
Beh…lui lo vedo tutte le sere e spesso mangiamo un boccone assieme. Di solito lavoro da lui nel pomeriggio.
INTERVISTATORE
Non la disturba passare da un appartamento all’altro?
DE BEAUVOIR
No. Poichè non scrivo libri scolastici posso facilmente portare tutta la mia roba con me e mi trovo molto bene.
INTERVISTATORE
Riesce a riprendere a lavorare immediatamente?
DE BEAUVOIR
Ehm … dipende da cosa scrivo. Se il lavoro va bene rileggo le cose scritte il giorno prime per un quarto d’ora o per mezz’ora e faccio qualche piccola correzione. Poi ricomincio da lì. Ho bisogno di rileggere cosa ho scritto per riprendere il filo.
INTERVISTATORE
Mi saprebbe dire se i suoi amici scrittori abbiano le sue stesse abitudini?
DE BEAUVOIR
No, non credo. E’ una cosa molto personale. Genet, per esempio, lavora in maniera diversa. Lui si mette lì per 12 ore al giorno per sei mesi di seguito se sta lavorando su qualcosa, e quando finisce sta per sei mesi a girarsi i pollici. Come le spiegavo io lavoro ogni giorno con l’eccezione dei due tre mesi di vacanze, quando di solito viaggio e quindi non lavoro per nulla. Durante l’anno leggo pochissimo, così durante le vacanze mi porto una valigia piena di libri, insomma tutti quei libri che non ho mai il tempo di leggere. Ma se il viaggio dura un mese o sei settimane comincio a sentirmi strana…specialmente se sono tra due libri. Insomma mi annoio se non scrivo.
Interessante è anche il punto di vista dello scrittore giapponese Haruki Murakami, che sembra avere una routine rigidissima. “La ripetitività stessa diventa una cosa importantissima. Una forma di ipnosi. Io ipnotizzo me stesso per raggiungere un livello mentale piu’ profondo. Ma reggere a questa ripetitivita’ per sei mesi o per un anno richiede molta energia mentale e fisica. A tal punto che scrivere un racconto diventa una sorta di allenamento alla sopravvivenza. La forza fisica e’ necessaria quanto la sensibilita’ artistica”. L’autore ammette di avere poca vita sociale.
Murakami sembra ricordare anche George Simenon. Simenon scrive 425 libri nel corso della sua vita, alternando momenti di lavoro intensi a momenti di dolce far nulla.
Insomma non sembra proprio esserci una regola fissa. Nel libro, Currey raccoglie le routine quotidiane di oltre 161 menti creative. Sono annoverati poeti, compositori, filosofi, pittori e scienziati ed è ricco di aneddoti molto interessanti. Purtroppo non è ancora disponibile una traduzione in italiano, ma sono sicuro che lo sarà molto presto.