Nell’anno di Nostro Signore 1713, regnante Carlo VI d’Asburgo, all’alba del cosiddetto dominio austriaco sulla città, andò in scena a Napoli – nel Teatro fondato poco più di un secolo prima proprio accanto alla Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, da cui prese il nome – una singolarissima opera, il “Basilio, re d’Oriente”, una sorta di fiaba bizantina. Raccontava con vertiginoso, raffinatissimo artificio le vicende che portarono un giovane armeno-slavo, palafreniere del basileus Michele III l’Ubriacone, ad ascendere sul trono di Bisanzio e restaurarne la gloria e lo splendore che pure sembravano perduti per sempre. I testi erano del librettista Giovanni Battista Neri, le musiche di un enfant prodige divenuto a circa ventisei anni, come recita il libretto, maestro di cappella dell’Ambasciatore del Portogallo, alloggiato in città. Il ragazzo era nato nel cuore della cosmopolita ed esoterica capitale del Regno, a due passi dalla Chiesa dedicata all’Apostolo degli Armeni, Gregorio l’Illuminatore, in cui le monache intonavano senza sosta inni religiosi, nella via di San Biagio de’ Librai, dove il padre Carlo aveva la sua bottega di stampatore accanto a quella di Antonio Vico, padre del futuro filosofo, Giovambattista. A partire da quella notte il nome di Nicola Antonio Porpora, uno dei più influenti compositori del diciottesimo secolo, maestro, tra gli altri di Franz Joseph Haydn e del celebre castrato pugliese Farinelli, avrebbe fatto il giro del mondo, sussurrato nei teatri con il fruscio dei sipari. E, senza dubbio, continua a farlo.
Le sue “Nuovamente composte opre di musica vocale”, scritte parzialmente a Napoli e pubblicate a Londra nel 1735, tornano oggi a splendere nella meravigliosa raccolta di 12 cantate “L’amato nome”, edita in doppio CD da Glossa e curata dall’Ensemble Stile Galante (gruppo di base ad Amsterdam ma composto prevalentemente da artisti italiani), in occasione del 250esimo anniversario della morte del celebre compositore napoletano, e presentata a Napoli lo scorso 17 febbraio a Villa Floridiana, presso il Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina. “Scrivo in te l’amato nome/ di colei per cui mi moro,/ caro al Sol, felice alloro,/ come Amor l’impresse in me”: nei versi di Metastasio, musicati da Porpora, rivive l’Arcadia che era stata di Sannazaro e con essa l’utopia di un nuovo e forse irrealizzabile ellenismo che accompagna, coi suoi nomi cifrati, l’intelligencjia napoletana – Vico, Pagano, Filangieri, Pimentel-Fonseca, per non citarne che alcuni – nel naufragio di altre utopie, che percorrono al pari di scosse elettriche la Napoli del Settecento, come l’illuminismo, il giacobinismo e la rivoluzione. “Qual tu serbi ogni tua fronda/ serbi Clori a me costanza/ ma non sia la mia speranza/ infeconda al par di te”.
A partire dal 2010, l’Ensemble Stile Galante, un progetto culturale dedicato alla musica italiana del diciottesimo secolo, diretto da Stefano Aresi e composto da Francesca Cassinari (soprano), Emanuela Galli (soprano), Marina Del Liso (alto), Giuseppina Bridelli (alto), Andrea Friggi (clavicemvalo) e Agnieszka Oszanca (violoncello), porta avanti un progetto straordinario di riedizione delle opere di Porpora che mira a restituirne il tocco più autentico, curando già nel 2010 la raccolta “Passio” e nel 2012 la raccolta di cantate pastorali “Aminta”, per Panclassics. Oltre che su Porpora, l’Ensemble ha profuso molte delle sue energie anche su altri protagonisti della grande fioritura musicale partenopea del Settecento; tra i molti, ad esempio, il calabrese Leonardo Vinci (“Fileno”, Pan Classics 2011; “Alto Arias”, Pan Classics 2013) e l’aversano Niccolò Jommelli (“Tirsi, Soprano Cantatas” Pan Classics, 2013).
Intervistato in esclusiva per Famedisud, Stefano Aresi ci ha parlato del nuovo CD ma innanzitutto ci ha raccontato perché Porpora si mise in viaggio per Londra in quel lontano 1733…
Porpora arrivò a Londra per la stagione lirica del 1733-34, essendo stato invitato a partecipare al lancio di una nuova compagnia teatrale, fondata per rompere il monopolio virtuale di Handel nella produzione di drammi per musica. Le forze trainanti di questa impresa furono il poeta Paolo Rolli e il celebre cantante Francesco Bernardi, detto il Senesino, e il suo innegabile background politico può essere visto nel sostegno ricevuto dall’aristocrazia nell’entourage di Frederick Louis, Principe di Galles (1707-1751), erede al trono e violoncellista dilettantista e clavicembalista. La compagnia, solitamente nota come “L’opera della Nobiltà”, fu creata per offrire spettacoli in cui predominavano il gusto e lo stile italiani più recenti, mettendo in scena opere di un compositore così innovativo e apprezzato come Porpora, e con cantanti eccezionali. Tra questi c’erano nuovi arrivati come Carlo Broschi, chiamato Farinelli, e cantanti già conosciuti dal pubblico londinese, come Francesca Cuzzoni, il Senesino e Antonio Montagnana.
Come si inseriscono nell’ambito di questo viaggio le cantate raccolte all’interno de “L’amato nome”?
La pubblicazione delle “Nuovamente composte opre di musica vocale” di Porpora si colloca all’interno di questo ambiente sociale e artistico: concepita come una raccolta di dodici cantate da camera italiane su soggetti arcadici (sei per soprano e sei per alto), fu pubblicata nel 1735, e dedicata al principe Federico. La collezione, destinata a diventare una delle opere di maggior successo del musicista napoletano, mette in scena testi di Pietro Metastasio, e sembra deliberatamente progettata come un’esposizione delle diverse abilità espressive, formali e stilistiche del compositore. L’edizione stessa era molto ben progettata e lussuosamente incisa, e include correzioni e varianti inserite dallo stesso Porpora durante le tirature. Era stampata su carta di alta qualità e distribuita senza un prezzo di copertina, come se fosse intesa come un prezioso dono per gli intenditori: una “carta d’affari” per il mondo poetico e musicale di cui Porpora era considerato uno dei i più grandi rappresentanti.
Che tipo di lavoro è stato svolto sulle cantate? E che tipo di approccio, a livello interpretativo, è stato scelto?
Il lavoro svolto su queste cantate da camera ha avuto anzitutto un fortissimo impianto storico nell’approccio ad ogni singolo dettaglio dell’interpretazione da noi offerta. La nostra idea è che a fronte delle innumerevoli e costanti dimostrazioni di pochezza metodologica (con conseguenti fraintendimenti) mostrate da esecuzioni e registrazioni di musica settecentesca in cui gli interpreti (soprattutto italiani e sudamericani) mostrano scarsa competenza in merito a moltissime questioni di prassi esecutiva e di orizzonte estetico dei pezzi, per distinguersi basti semplicemente comportarsi rispettosamente nei confronti delle partiture e studiare. Ed è quello che abbiamo cercato di fare, per lungo, lunghissimo tempo.
Un approccio museale?
Se questo approccio può sembrare museale, è solo perché non si vuole accettare il fatto che la musica di ogni singola epoca parli un linguaggio diverso rispetto a quella a cui siamo quotidianamente abituati: come ogni singolo linguaggio, anche la musica settecentesca può essere intesa bene solo se chi la parla la conosce realmente. Lo studio dell’aspetto storico nell’esecuzione e dell’estetica di Porpora e dei suoi contemporanei non è quindi un lavoro pedante, ma l’acquisizione di questo linguaggio, utile a far giungere al pubblico correttamente le idee che l’autore voleva trasmettere. È ovvio che ci rivolgiamo al pubblico degli anni 2000 e non più a quello del 1735, ma questo nostro pubblico ha di fronte un repertorio che ha più di 250 anni e che funziona su meccanismi estetico-musicali ben diversi da quelli odierni: percepire una patina di antico non fa certo male. Anzi, a mio giudizio è un buon esercizio in quanto aiuta a capire meglio la vita e i significati della musica che questi due dischi contengono. In un mondo abituato all’idea che la realtà siano le emozioni che proviamo personalmente e le nostre personali opinioni, lo scontro con una produzione artistica basata sull’idea che si debba rispettare ciò che la storia ci ha tramandato per come è e per quanto noi possiamo capirne non farà certo male, anzi darà merito alle idee estetiche cui questo repertorio attingeva nel ‘700, secondo cui gli “affetti” espressi dalla musica si trasmettono in modo univoco e non personalistico.
Porpora ha scritto queste cantate per pubblicarle a Londra nel 1735. Dal punto di vista filologico che tipo di ricerche e di analisi si sono rese necessarie?
Il progetto si inserisce nell’ambito delle nostre ricerche sul repertorio della cantata da camera settecentesca. In questo caso abbiamo registrato integralmente una delle raccolte di musica vocale di maggior successo di tutto il XVIII secolo, su musica di uno dei più stimati compositori della prima metà del secolo, Nicola Porpora, e testi poetici di Metastasio. Fortunatamente, nonostante poi si sia ampiamente diffusa in copie manoscritte deteriori, Porpora aveva riunito questi pezzi in una edizione a stampa da lui personalmente curata, stampata a Londra nel 1735 e dedicata al Principe di Galles, Federico. Da essa deriva, poi, il resto della tradizione. È un caso raro e fortunato, e credo che sia dovuto all’eccezionalità assoluta con cui è stata realizzato l’insieme di queste 12 composizioni, pensate come biglietto da visita delle potenzialità di un celeberrimo compositore appena giunto sul suolo inglese per dar lustro al proprio patrono, per rappresentare al meglio l’idea di raffinatezza, eleganza e complessità estetica e tecnica della produzione culturale italiana dell’epoca.
Dove e perché si è scelto di registrare?
La registrazione è stata realizzata dal tecnico tedesco Christoph Martin Frommen in due sessioni, una ad ottobre 2016 e una ad agosto 2017, nel Teatro Arena del Sole di Roccabianca, in Provincia di Parma. L’ambiente è stato scelto per le sue peculiari caratteristiche e per una serie di interminabili ragioni logistiche. Non è mai facile scegliere un luogo di registrazione, i parametri da valutare sono tantissimi. In questo caso devo dire con grande piacere che la disponibilità e l’entusiasmo dimostrati dalle realtà locali (sia amministrative che culturali) hanno fatto una grande differenza. La fase di editing, invece, si è svolta qui ad Amsterdam, mentre la postproduzione è stata gestita da San Lorenzo de L’Escorial (Spagna) e Heidelberg.
“L’amato nome” è disponibile nei migliori record store e può essere ascoltata su Spotify.
© RIPRODUZIONE RISERVATA