di Redazione FdS
E’ uno dei luoghi più affascinanti e carichi di mistero della Sicilia, situato nel comune di Montalbano Elicona, in provincia di Messina. Si tratta dell’Argimusco, noto anche come la “Stonhenge siciliana”, un magico complesso di rocce monumentali modellate in complesse forme evocative o maestosamente semplici come i menhir d’epoca neolitica disseminati in varie parti d’Europa. Intorno alla vera natura di queste pietre, di cui vi abbiamo parlato in un nostro precedente articolo, le opinioni degli studiosi sono divise fra chi le considera delle semplici formazioni naturali, senza altre particolari valenze, e quanti ne rilevano anche le oggettive tracce di interventi umani molto probabilmente legati a culti ancestrali della fertilità e ad attività di osservazione astronomica. Tracce che, stando ai reperti ritrovati nell’area circostante, sembrerebbero riconducibili a una presenza umana dell’Età del Bronzo. Certo è che l’Argimusco, posto a circa 1200 metri sul livello del mare, fra orizzonti a perdita d’occhio su cui campeggiano l’Etna e le Isole Eolie, non ha mancato di suscitare l’interesse di appassionati di varie parti del mondo, soprattutto dopo che nel 2015 Montalbano Elicona, già inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia, ha conquistato il titolo di Borgo dei Borghi nel contest promosso dalla trasmissione RAI “Alle falde del Kilimangiaro”, riconoscimento che ha contribuito a ribaltare in breve tempo l’economia locale da agricolo-pastorale a turistica. E’ infatti in crescita esponenziale il numero di visitatori italiani e stranieri e, fra questi ultimi, soprattutto inglesi e tedeschi seguiti, più recentemente, dai giapponesi che, contrariamente al diffuso stereotipo, qui mettono da parte la macchina fotografica per dar di piglio al blocco da disegno, come si usava ai tempi del Grand Tour.
Del resto Montalbano Elicona, oltre ai suggestivi megaliti dell’Argimusco, ha dalla sua parte un centro storico ricco di beni culturali che vanno dal Castello svevo-aragonese con il suo borgo, alla chiesa di san Michele con il Museo dei Paramenti Sacri, quella di Santa Caterina d’Alessandria, con l’eclettismo stilistico della facciata e il raro portale cataro, e poi ancora la Basilica di Santa Maria Assunta e San Nicolò Vescovo edificata nel Medioevo e ampliata nel XVII sec., la chiesa dello Spirito Santo, anch’essa in stile cataro, la chiesa di San Sebastiano e il seicentesco santuario di Maria Santissima della Provvidenza, senza contare le numerose opere d’arte presenti al loro interno, fra cui varie sculture dell’artista rinascimentale Antonello Gagini. Straordinari anche l’ambiente e i paesaggi dei dintorni, come quelli della vicina Riserva Naturale del Bosco di Malabotta, uno fra i più antichi della Sicilia, situato nel cuore dei Nebrodi fra i 700 e i 1300 metri di altitudine, e il monte Rocca Salvatesta, il cosiddetto Cervino di Sicilia, che domina il non lontano borgo di Novara di Sicilia.
A dominare la scena in questi giorni è però l’altopiano dell’Argimusco con le sue grandi rocce di arenaria quarzosa su cui si è concentrato l’interesse dell’UNESCO che sta valutando la prospettiva di un inserimento del sito siciliano nella World Heritage List. Dal 24 al 28 ottobre si tiene infatti a Montalbano Elicona un convegno internazionale, organizzato da ICOMOS International Scientific Committee for Archaeological Heritage Management (ICAHM), il comitato per il patrimonio internazionale. Al meeting, che gode del patrocinio dell’Unesco rappresentato dal delegato Ray Bondin, partecipano ricercatori di 32 Paesi tra cui Emirati Arabi, Usa e Australia. Fra gli altri interverranno al convegno anche gli esperti italiani di nanotecnologie della società 4ward360 che studieranno la roccia dei megaliti con sofisticate strumentazioni.
Nel corso del convegno verrà presentata la mappa turistico-culturale dell’Argimusco, nata dalla collaborazione fra l’Istituto di Archeoastronomia Siciliana, la fondazione Mudima e Sicilyexplorers. Sarà un modo per illustrare ai presenti questo luogo incantevole che accoglie il visitatore con due grandi rocce ribattezzate”Virilità” e “Femminilità” per la loro morfologia che sembra alludere agli organi genitali maschile e femminile, seguite da imponenti rupi dai profili antropomorfi o zoomorfi come “L’Orante”, “Il Guerriero” (o Sacerdote), “L’Aquila”, il “Babbuino”, o altrimenti evocative come il “Grande Sedile” (o Torre). “Si tratta – ha detto lo studioso catanese di archeoastronomia Andrea Orlando – di un santuario naturale che gli antichi usavano per osservare il cielo; un raro esempio di astro-archeologia, utile per scoprire l’alternanza delle stagioni e sfruttare al meglio le risorse della terra”. Il convegno interdisciplinare punta dunque ad arrivare a delle conclusioni di carattere scientifico che possano contribuire a diradare ancor più il mistero sulle origini del luogo e al tempo stesso a gettare solide basi per promuovere la candidatura UNESCO.
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Immagine di anteprima “La pietra dell’Aquila al Solstizio d’estate”, di Francesco Montefusco per Argimusco.net