di Redazione FdS
In che modo gli antichi greci immaginavano la vita dopo la morte? Il regno di Ade, dio degli inferi, era tradizionalmente immaginato come un luogo triste e senza gioia. Eppure non mancavano quanti credevano che alle anime umane toccasse un destino migliore. Il tema è al centro della mostra Underworld – Imagining the Afterlife in corso fino al 18 marzo 2019 negli USA presso la Getty Villa di Los Angeles-Malibu, celebre residenza-museo voluta dal magnate J. Paul Getty sul modello della Villa dei Papiri di Ercolano e oggi prestigiosa diramazione del Getty Museum. Organizzata intorno a un monumentale vaso funerario proveniente dall’Italia meridionale, dato in prestito dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli e recentemente restaurato presso il Getty, la mostra esplora le rappresentazioni degli Inferi nell’arte della Grecia e dell’Italia meridionale di cultura greca (Magna Grecia) e lo fa attraverso una serie di preziosi reperti che mettono in scena i miti e l’umana aspirazione a una esistenza beata dopo la morte. L’esposizione è organizzata in collaborazione con il Laboratorio di Conservazione e Restauro del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
IN PRINCIPIO FU IL CRATERE DI ALTAMURA
L’idea di una mostra intorno al tema del mondo infero è nata dall’accordo che il Museo Archeologico di Napoli ha concluso con il Getty Museum, impegnando nel 2016 il museo americano a restaurare (con successiva licenza di esporre) il Cratere di Altamura, monumentale vaso apulo conservato nelle raccolte del museo napoletano. Lo straordinario reperto è un cratere a volute e a figure rosse alto più di un metro e 50 centimetri, uscito nel IV sec. a.C. dai laboratori ceramici di Taranto. L’apparato iconografico che lo caratterizza è un vero e proprio viaggio nell’oltretomba popolato da oltre venti figure mitiche tra cui Ade e Persefone, Orfeo, Ercole e Sisifo. Il MANN ha affidato questo capolavoro ai tecnici del Getty perché i laboratori di restauro del museo americano sono all’avanguardia nel mondo (fra i reperti dell’Italia meridionale di cui si sono occupati negli ultimi tempi c’è anche l’Auriga di Mozia dato in prestito dalla Sicilia).
Il cratere fu trovato nel 1847 vicino ad Altamura, centro poco distante da Bari. L’antico nome della città è sconosciuto, ma nel IV secolo fu uno dei più grandi insediamenti fortificati della regione. Poche sono le informazioni sul resto del corredo funerario, ma le dimensioni monumentali del vaso ne suggeriscono il legame con qualche figura di spicco della comunità locale, tale cioè da giustificare il notevole sforzo realizzativo e un trasporto sicuramente impegnativo. Gli antichi abitanti del sud-est Italia, noti come Apuli, usavano seppellire i loro morti con corredi composti di vasellame e altri beni, ma i grandi vasi venivano prodotti per le élite locali. “Sebbene non fossero essi stessi greci – spiegano i curatori della mostra – gli Apuli furono strettamente legati alla cultura greca e molti dei loro vasi funerari sono decorati con scene tratte dal mito e dal dramma greco. Nessuna fonte letteraria parla delle scene apule dedicate all’Aldilà, ma il cratere di Altamura e altre vasi simili evidenziano quanto le tradizioni greche fossero influenti, anche se la pratica di rappresentare gli Inferi e la preminenza accordata a Orfeo sono la testimonianza di un approccio all’Aldilà che contraddistingue l’antica Apulia e, più in generale, il contesto sud italiano di cultura greca” [QUI tutti i personaggi dipinti sul Cratere di Altamura]
I DIVERSI ”VOLTI” DELL’OLTRETOMBA GRECO
L’Oltretomba, come ci insegna Omero nei suoi poemi, rappresentava una prospettiva oscura per i greci più antichi, soprattutto perché immaginato come un luogo privo dei piaceri della vita, con tormento perpetuo per i peccatori impenitenti e un paradiso eterno per pochi eletti cari agli dei dell’Olimpo. La mostra vuole tuttavia mettere in evidenza come nel mondo greco antico fosse contemplata anche una diversa concezione circa il destino dell’uomo oltre la morte, concezione che ritroviamo soprattutto nel pensiero di celebri filosofi come Pitagora e Platone, così come tramandato da testi o dalla tradizione orale: la conquista cioè di uno stato di beatitudine eterna raggiungibile dopo un percorso di purificazione fatto di molteplici esistenze terrene, prima della definitiva liberazione dell’anima dalla prigione del corpo, e di imprescindibili pratiche rituali i cui massimi esempi erano dati nel mondo greco dall’iniziazione ai Misteri Eleusini, ruotanti intorno alle figure mitiche di Ade, Demetra e Persefone, e dai culti legati al mitico cantore Orfeo e al dio Dioniso.
REPERTI DELL’ITALIA MERIDIONALE
Alcune delle testimonianze più ricche di elementi circa le antiche credenze sull’Aldilà provengono dall’Italia meridionale, in particolare dalla Puglia, come i reperti di Taranto e di Ruvo, oggi disseminati fra il Museo archeologico di Taranto, il Museo Jatta di Ruvo, il Museo di Napoli, lo stesso Getty Museum e altri musei del mondo: dai vasi funerari dipinti con elaborate raffigurazioni del regno di Ade alle rarissime laminette orfiche d’oro, sepolte col defunto e contenenti indicazioni sul ‘viaggio’ nel regno dei morti. Queste opere, insieme a offerte funerarie, monumenti funebri e rappresentazioni di banchetti eterni, mostrano al visitatore alcuni dei modi in cui l’Aldilà fu immaginato dai Greci nel V e IV secolo a.C. In verità questo tema, sebbene molto sentito dagli uomini di quelle epoche, non era molto trattato in campo artistico: nel VI sec. a.C. i pittori di vasi ateniesi si focalizzarono soprattutto sulle vicende di singole figure mitiche dell’Oltretomba, come Sisifo che spinge il suo masso. E se un noto dipinto parietale del V sec. a.C. rinvenuto a Delfi raffigura una scena dell’Oltretomba piena di diversi personaggi, in realtà è solo nella pittura vascolare del Sud Italia che nel IV sec. a.C. si sviluppò una tradizione di scene riccamente popolate. Circa quaranta vasi funerari pugliesi, tra cui il Cratere di Altamura, sono decorati con rappresentazioni degli Inferi, e le similitudini fra le composizioni suggeriscono la derivazione da un modello condiviso.
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