Un gruppo di mamme salentine unite all’insegna della gastronomia tradizionale ha lanciato il primo Ristorante Diffuso d’Italia. Da Tricase Porto il format è sbarcato in Sicilia e promette di diventare virale. Una proposta vincente che potrebbe attrarre turisti nelle migliaia di borghi italiani
di Alessandro Novoli
“Vi aspettiamo a braccia aperte e pance vuote”: è questo il simpatico claim di un gruppo di agguerrite mamme pugliesi che dalla splendida costa salentina di Tricase Porto (Lecce), borgo di pescatori di appena 300 abitanti, hanno lanciato ‘Le Mamme del Borgo’, l’originale format di turismo esperienziale e sostenibile basato sul concetto di ‘cucina casalinga diffusa’. In sostanza ognuna di loro cucina qualcosa di particolare e insieme lo offrono ai visitatori che, dopo aver acquistato un ticket sul social network gastronomico Gnammo, possono gustare i piatti tipici della tradizione passeggiando per le vie del borgo da primavera a fine estate. Il buon cibo si fa dunque attrazione turistica: un modello di social eating, di convivialità allargata che sta puntando a rivitalizzare i borghi italiani, custodi della nostra identità più autentica ma spesso ubicati fuori dai circuiti turistici più frequentati. Tale iniziativa trova le sue radici in una naturale propensione della gente dei piccoli paesi italiani a condividere momenti di convivialità, soprattutto in occasione di festività o di importanti eventi familiari, e a creare reti sociali che hanno il loro fulcro nella ruga, nel vicinato, nella corte.
Sebbene l’iniziativa sembri riecheggiare qualcosa di già noto, in realtà non si tratta di una sagra (usualmente le sagre sono eventi gastronomici annui che propongono singole specialità, mentre in questo caso troviamo un menù variegato e declinato secondo un calendario di appuntamenti); non è street food se non per gli spazi in cui avviene la consumazione dei piatti (l’appellativo è infatti riferibile solo ad alcune precise specialità gastronomiche pensate per essere consumate per strada, mentre la proposta delle mamme salentine spazia nel ricco patrimonio gastronomico territoriale); non è in senso stretto un home restaurant perchè non si viene serviti in un’abitazione privata ma è la cucina casalinga ad andare incontro all’ospite, per strada. Insomma il progetto Le Mamme del Borgo è un po’ la fusione di tutte queste tradizioni e tendenze legate al cibo, potenziata da una passione unica per l’accoglienza e per la condivisione.
LE MAMME DEL BORGO: UN PROGETTO NATO PER AMORE
Tra i founder dell’iniziativa troviamo la milanese Eleonora Bianchi, 32 anni, una laurea in Beni Culturali e un passato lavorativo nel commercio dei prodotti tipici della campagna lombarda. Due grandi passioni – per il mare e per l’alimentazione – e un incontro speciale, hanno però presto cambiato la sua vita: “Alcune estati fa ho raggiunto una mia amica in Salento, lungo la costa adriatica verso Leuca, e lì – racconta – ho conosciuto Giuseppe, il mio attuale compagno, con il quale ho cercato da subito di creare un progetto comune. Avevamo voglia di lavorare insieme e così, con l’aiuto di alcuni amici, abbiamo intrapreso questo progetto di cucina comunitaria. Dopo un lungo periodo di ideazione iniziato nel 2014, abbiamo finalmente organizzato due cene-spot a ciascuna delle quali hanno partecipato circa 200 persone; poi è arrivato il lancio del nostro sito internet, della fanpage su Facebook, della brandpage su Gnammo e presto, grazie al passaparola, abbiamo ottenuto risultati davvero incoraggianti. Per il prosieguo abbiamo deciso di non stampare più di 300 ticket a serata, in modo da mantenere alta la qualità ed evitare lo spreco alimentare”.
Perchè però il progetto del primo Ristorante Diffuso d’Italia decollasse, oltre al contributo di Giuseppe Ferrarese e degli altri soci Mattia Sansò e Agnese Dell’Abate, determinante è stato, e rimane, quello di una decina di mamme salentine, tutte prive di esperienze professionali nel campo della ristorazione ma assolutamente imbattibili nella preparazione di piatti della cucina tradizionale locale. Eleonora, dal canto suo, non si cimenta ai fornelli, ma insieme agli altri fondatori del progetto si occupa della parte organizzativa, della comunicazione, delle relazioni con il pubblico e del coordinamento delle mamme, alcune delle quali tengono anche coinvolgenti laboratori di cucina tradizionale. Molteplici i gustosi piatti proposti: dalle fritture miste di paranza, must culinario di Tricase Porto, alla pasta col sugo di pesce, la pasta con sugo di pomodoro e cacioricotta, la parmigiana di melanzane, le polpette culle sarde e cozze alla vampa, le sarde panate, le zucchine o melanzane con aglio e menta fresca, le fave verdi culli spunsali, e la torta pasticciotto, tanto per citare alcuni dei piatti in programma fra aprile e settembre. “Le mamme – spiega Eleonora – fanno uso solo di materie prime a filiera corta, dal pescato locale freschissimo alle verdure e alla frutta”.
CONVIVIALITÀ ITINERANTE
Che siano decine o centinaia, gli ospiti delle Mamme del Borgo ricevono le deliziose pietanze direttamente sull’uscio della casa di ognuna di loro. Non ci sono tavoli nè relativi posti a sedere,ma solo ciò che offre la strada. Fra antipasto, primo, secondo, contorno e dolce, il visitatore si ritrova così a consumare una cena itinerante e ogni fermata è un’occasione per socializzare con qualcuno, con le infaticabili cuoche così come con gli altri partecipanti all’evento. E intanto ci si rilassa girovagando per Tricase Porto, fra i vicoli che attraversano il quartiere dei pescatori a ridosso del lungomare.
LE MAMME DEL BORGO: UN FORMAT DA IMITARE
L’esperienza di Tricase Porto, pronta a ripartire con il calendario di eventi 2017, non è rimasta priva di effetti fuori dal territorio comunale: “infatti – racconta Eleonora – abbiamo ricevuto richieste dalle Pro Loco di altri comuni, mentre è già avviato un progetto analogo nel comune siciliano di Motta Camastra, le cui promotrici ci hanno scoperto su internet e ci hanno contattato chiedendoci di fare rete”.
A chiamare Eleonora da Motta Camastra (Messina) – borgo di circa 700 abitanti posto su uno sperone roccioso affacciato sulle celebri Gole dell’Alcantara – è stata Mariangela Currò, 42 anni, già titolare di un bar nel piccolo borgo medievale, la quale è riuscita a coinvolgere altre persone e ad affiliarsi a Le Mamme del Borgo sebbene il progetto siciliano, partito nel 2016, contempli alcune varianti rispetto al modello pugliese: dalla possibilità di prendere prenotazioni con ampio anticipo anche per eventi fuori programma, alle modalità del pranzo talvolta consumato direttamente nelle case delle cuoche, alla partecipazione di un gruppo di ragazzi che propongono visite guidate nel centro storico.
IL PROGETTO ‘LE MAMME DEL BORGO’ E LA NORMATIVA VIGENTE
Un progetto così inconsueto come Le Mamme del Borgo, suscita naturalmente curiosità e interesse anche sotto il profilo della sua gestione burocratica e a tal proposito Eleonora Bianchi spiega come esso sia “perfettamente aderente alla normativa vigente in materia di home restaurant, tipologia di attività ormai utilizzata da molti operatori nell’ambito della sharing economy”. Quanto alla sicurezza alimentare “è essenziale che che ci siano i requisiti per la somministrazione di cibi e quindi che una persona, in possesso delle licenze, faccia da garante del gruppo, redigendo il manuale e facendo un corso alle mamme”. Anche sotto questi profili dunque, il progetto Le Mamme del Borgo sembra non trovare ostacoli quanto alla possibilità di stimolare la creazione di una rete italiana di Ristoranti Diffusi, in cui siano protagoniste le donne che vivono nei piccoli paesi. Donne che vogliano promuovere il proprio territorio secondo un modello alternativo, sostenibile e coinvolgente di turismo capace di valorizzare risorse agroalimentari locali di qualità, di recuperare e alimentare un prezioso capitale sociale e di creare fonti di reddito là dove spesso dominano immobilismo e disoccupazione.
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