di Redazione FdS
Siamo abituati ad immaginare il mondo sottomarino come un universo silenzioso o al massimo animato dal sibilo del respiratore di un sub in immersione. Ebbene, non è così. A svelarlo, nel blu del parco marino sardo dell’isola di Tavolara (Olbia), è il gruppo di ricerca Chorus che, in attuazione del progetto sperimentale “Seacoustic”, realizzato in collaborazione con l’Agence de l’eau, è riuscito a catturare i suoni profondi del mare. Come vi è riuscito? Calando in acqua degli idrofoni, ossia dei grandi microfoni subacquei che hanno messo a segno una sorta di “intercettazione” ambientale. Tre sono state le zone in cui è avvenuta l’operazione: Molarotto, Molara e Capo Coda Cavallo, rispettivamente zone di riserva integrale (A), generale (B) e parziale (C). Dalle registrazioni è emerso come nelle profondità marine, in tutte le ore del giorno e della notte, ci sia un continuo ”chiacchiericcio” fra pesci, alghe Posidonia, rocce e coralli. Ciascuno comunica con un suono originale, di varia intensità, dal più intenso al quasi impercettibile, e mutevole a seconda degli orari. A influire sarebbe anche la presenza o meno dell’uomo nell’ambiente subacqueo. Questi i primi risultati di uno studio compiuto nell’arco di cinque giorni e in ore diverse, che ha permesso di captare suoni che l’orecchio umano, diversamente dagli idrofoni, non ha la possibilità di percepire.
Oltre che nei fondali di Tavolara, il progetto sperimentale ha calato i suoi microfoni anche nel mare di Cala Gonone (Nuoro), di Marsiglia, e di Calvi in Corsica. Saraghi, cernie, murene, posidonia, coralli, ecc. hanno affidato le loro ”chiacchierate” ai supermicrofoni da cui i ricercatori hanno estratto una traccia – scherzosamente ribattezzata playlist discoMolarotto – presentata pochi giorni fa nel corso di un convegno sull’isola di Tavolara. Questo tipo di studio rientra nell’ambito di una nuova disciplina definita “ecologia dei paesaggi sonori” che utilizza i suoni per saperne di più sulla fauna ittica, sulle caratteristiche dell’ambiente, sul suo stato di salute e sui relativi cambiamenti spazio-temporali.
Augusto Navone, direttore dell’area marina protetta di Tavolara, ha spiegato che se fino ad oggi per determinare la fauna ittica si è sempre utilizzato un approccio empirico basato sull’osservazione diretta, vi è tuttavia la possibilità che un giorno – a fronte di ulteriori evoluzioni dell’acustica passiva – sarà possibile arrivare ad identificare ogni singolo suono associato ad una specie, il che renderà l’attività di monitoraggio più efficace e meno problematica.
Fra le varie voci rimaste incise nella traccia audio ricavata grazie agli idrofoni, si sono ad esempio messe in evidenza non solo quelle dei pesci, ma anche quella dell’alga Posidonia. Dalle analisi – aggiunge Navone – è emerso infatti come alcuni habitat rispondano in maniera diversa e siano riconoscibili. E’ il caso della Posidonia che risponde in un modo diverso dall’ambiente coralligeno. Di conseguenza l’indagine acustica si è rivelata utile a caratterizzare anche gli habitat e non solo le specie animali. Lo studio prende in considerazione anche la rilevanza dei suoni antropici, quelli cioè prodotti dall’uomo, suoni che spesso entrano in conflitto con gli habitat e i loro animali. Insomma, con l’acustica passiva – ha concluso lo studioso – si apre un nuovo fronte di ricerca che grazie ad una collaborazione internazionale potrà dare risultati scientifici molto interessanti e utili.