Veduta sulle isole del golfo di Napoli dalle 'colline' di Anacapri - Isola di Capri (Napoli) - Ph. Thilo Hilberer - License
QUANDO LA NATURA DEL SUD ISPIRA LA MUSICA: IL GRANDE COMPOSITORE FRANCESE NELL’EDEN MEDITERRANEO DI CAPRI
Tra i Preludi scritti da Claude Debussy durante i suoi soggiorni anacapresi e il brano naturalistico che piu rispecchia la concezione della musica del compositore e pianista francese. L’arrivo dell’artista nell’isola azzurra sul brigantino “Chesterfield” in compagnia di Nadezhda Filaretovna von Meck, l’affascinante protettrice che lo introdusse in tutti i salotti d’Europa. A dorso di mulo verso il paese di sopra e le passeggiate per i sentieri boscosi. Gli incontri e l’incanto nei lunghi periodi trascorsi sull’isola. Un uomo raffinato, quando glielo permetteva la borsa, che amava circondarsi di cose belle e una vera passione per i felini di razza angora dal mantello grigio.
di Maria Soscia
In un suadente pomeriggio primaverile del 1880, una snella goletta-brigantino “Chesterfield” affronta di bolina il vento, solcando il tratto di mare che separa Sorrento da Capri; tra le vele “quadre” dell’albero prodiero, appare la figura di un giovane “inquieto” che scruta con sguardo avido di curiosità le rocce a strapiombo ed il verde che le sovrasta a mo’ di berretto frigio … È Claude Achille Debussy. “Il n’y a pas de theorie: il suffit d’entendre le plausi est la regle!” ( C.D. 1900). A poppavia, tra le vele “auriche” del secondo albero, una elegante altera figura femminile e mollemente adagiata sulla pelle morbida delle poltrone, circondata dalla boiserie in mogano punteggiata di ottoni preziosi, di quel gioiello marino dei cantieri dell’Isola di Wight.
Lo sguardo fiero, il mento deciso, gli occhi bellissimi e penetranti rivelano la sicurezza consapevole di un potere e di una suadenza padronale che traggono certezza non solo dalla solidità di una invidiabile posizione economica, ma piuttosto dalla autorevolezza che le viene dalla sua cultura e dalla sua amicalità e frequentazione con i personaggi piu rappresentativi del tempo (valga per tutti il suo rapporto strettissimo con Tchaikovsky).
È Nadezhda Filaretovna von Meck, mentore di quel giovane talento, anche se di belle speranze, ascoltato per caso, ma fortemente voluto come insegnante di piano per sua figlia Julia giovane cantante, non senza nutrire, forse, per lui (con il quale suonava a quattro mani) una forte ed ambigua attrazione (“La vostra vicinanza e una delizia infinita”, anche se, secondo Paul Vidal, forse platonica). Lo proteggerà a lungo, lo introdurrà in tutti i salotti che contano in Europa ed in Russia portandolo con sè ovunque vada, da Interlaken ad Arcachon (Ville Marguerite), a Parigi, a Londra, a Vienna, a Roma (Villa Medici), a Napoli, a Fiesole (Villa Oppenheim), a Mosca, anche a Capri, questa nobildonna russa (vedova con undici figli del barone Karl, discendente di cavalieri teutonici di Riga) conosce i personaggi di rilievo che vivono sull’isola o che vi sono in qualche modo collegati, che presenterà a Claude.
Nell’isola incantata Debussy ritornerà diverse volte. Nel 1882, nel triennio del 1885 legato al “Prix de Rome”, ai primi del 900 ed ancora tra il 1909 e il 1913. I suoi soggiorni saranno citati, tra l’altro, anche da Claretta Cerio nel suo “Mein Capri”. Alcune atmosfere e suggestioni capresi saranno proprie della sua personalità, come ad esempio il simbolismo e lo stile “arabesco”.
AD ANACAPRI
Il docile mulo trotterella con andatura costante sul sentiero che porta ad Anacapri, e man mano che vi si avvicina, Claude incontra dapprima quel bosco che a metà strada sembra suddividere i due villaggi, per poi immergersi nel verde lussureggiante delle “colline”, quando il sentiero si inerpica, un po’ prima di “San Michele”, verso il monte Solaro. Da quel punto il suo sguardo spazia e si inebria dell’incanto del luogo, dei larghi maestosi panorami, dei complici accoglienti verdi orizzonti collinari che ne circondando le pendici; gli si offrono cosi la punta lussureggiante della Migliera, la torre della Guardia, Orrico, Mesola, Campetiello, Pino e Damecuta, dall’altro lato Punta Cannone, Punta Tragara, Tuoro, promontori in realtà perche Capri vere e proprie colline non ne ha; al compositore e musicologo Alfredo Casella, infatti, che gli faceva notare appunto che a Capri vi sono piuttosto pendii che non colline, Debussy un giorno rispose che era stato il vino di Anacapri e quindi le sue vigne ad ispirargli il titolo “Les collines”, anche se forse noi preferiamo pensare diversamente. Percorre a piedi il sentiero boscoso che lo separa dai promontori che circondano la valle di Cetrella (l’antica “Anginola”) in una sinfonia da grande orchestra intonata dalle felci, complice il canto melodioso degli uccellini. More, ginestre, ciclamini, violette, corbezzoli, campanule gli vengono incontro, protette da castagni cedui, querce, ulivi, lecci e pini. Incontrerà il casolare di quell’originale signore che si chiama Compton Mackenzie e che conoscerà piu avanti ma solo casualmente e di sfuggita.
Quelle impressioni visive che avrebbero reso felici i suoi amici impressionisti (Renoir, Monet, Degas, Gauguin) negli incontri serali nei “cafés” o nei “Martedi chez Stephane Mallarmé” ispirano in lui piuttosto la fantasia “simbolista” della sua musica, “capace”, come egli stesso dira, di “rendere sensazioni inesprimibili, quasi uscite dall’ombra della vegetazione per rientrarvi” *
Ed ecco prender forma in lui l’introduttivo armonico prima del si maggiore e poi del do diesis minore (con sonorità quasi di campane a distanza) dell’inizio del suo “Les collines d’Anacapri” in cui il simbolo dell’atmosfera indolente ed assolata di un pomeriggio di siesta si alternerà ai ritmi della gioiosa e leggera melodia della danza locale, di quella “tarantella-quasi tarantella” cioe, diversa e particolare, perche Debussy è in grado inconsciamente di evocarvi tutte le sensazioni orientali di quella musica primitiva, naturale, del complesso “Gamelan” indonesiano, di Giava, da lui ascoltata durante l’Esposizione universale di Parigi dell’89; musica apparentemente semplice e pur complessa nel suo contrappunto primordiale, come semplice e pur complessa è la sua tarantella-quasi tarantella simbolista; la composizione dipana poi nelle note di una serenata (con riesposizione di echi di campane a distanza) per chiudere in un luminoso arpeggio finale caldo e solare, di cui l’elaborazione armonica, pur nella ardita giustapposizione, rende in pieno, con l’immaginazione, il senso morale dei profumi del suono, come l’avrebbe definito il suo amato Charles Baudelaire nel suo “Harmonie du soir” (da “Les fleurs du mal”), poi musicato da Debussy nei suoi “Cinq poemes”: “Voici venir les temps ou vibrant sur la tige chaque fleur s’evapore ainsi qu’un encensoir; les son set les parfums tournent dans l’air du soir, valse melancolique et langoureux vertige!…Le violon fremit comme un coeur qu’on afflige”.
Mai come in queste note Debussy è ambiguo ed allegorico. Anche un elemento particolare come un accordo amplifica in lui la sensazione generale della rivelazione viva ed istantanea dell’imperscrutabile, perche le sue non sono mai armonie scontate, ma simboli fantastici ed evocativi dell’armonia della natura. Scriverà piu tardi Claude a proposito della musica: “La musica e una matematica misteriosa (si riferisce forse a Johann Sebastian Bach di cui era un cultore appassionato), i cui elementi partecipano dell’infinito. È responsabile del movimento delle acque, del giuoco delle curve descritte dalle mutevoli brezze; niente è piu musicale di un tramonto per chi sa guardare con emozione; è la piu bella lezione di sviluppo scritta in quel libro non letto abbastanza assiduamente dai musicisti, voglio dire: la Natura”. **
Par proprio di vedere Debussy in estasi, rapito da uno degli straordinari tramonti di Anacapri! Ancora Debussy: “I pittori, gli scultori colgono momenti della bellezza dell’universo, mentre solo i musicisti hanno il privilegio di capire l’atmosfera naturale e di ricostruirla interamente; l’immaginazione di una foresta e la sua profondità insondabile più che non l’altezza degli alberi; non è una imitazione diretta, ma una trasposizione sentimentale di ciò che è invisibile nella natura; la musica non è limitata ad una riproduzione più o meno esatta della natura, ma alla corrispondenza misteriosa tra la natura e l’immaginazione”. ***
È evidente nel suo pensiero il collegamento con le “Correspondances” di Baudelaire. Tutto ciò inserisce a pieno diritto Debussy nella estetica simbolista e lo allontana decisamente dalla incauta e miope definizione su di lui di alcuni critici quale musista impressionista. Infatti, ciò che lega Debussy agli impressionisti è solo l’intento di cogliere l’attimo in fuga, le sensazioni istantanee, ma la grande differenza è ciò che non si esprime in lui in maniera descrittiva, ma palesemente simbolica. Sotto questo aspetto, Capri e la musica scritta da Debussy a Capri sono una straordinaria testimonianza della sua mente e del suo animo.
IL LINGUAGGIO
Dal punto di vista strettamente musicale poi, le innovazioni presenti nela musica di Debussy ci sono tutte nei suoi Preludi (scritti tutti a Capri tra il dicembre 1909 e il febbraio 1913). “Les collines d’Anacapri” daterà 1910, lo stesso anno della sublime valse “La plus que lente”. Il suo linguaggio armonico rifugge sempre dai “dogmi” accademici: purezza e cristallinita dei suoni (prediligerà l’arpa con i suoi armonici ed i glissando, la celeste e lo xilofono); i suoni non sono mai raddoppiati o abbinati, a differenza antitetica con Wagner dal quale si discosterà dopo una lunga iniziale attenzione (resteranno famose le sue dissertazioni sulla antiretorica wagneriana); gli accordi sono dissonanti, intesi come unità sonora, libera dai rapporti con gli accordi precedenti o seguenti; ciò che in lui lega la successione e soltanto il movimento melodico. Le innovazioni della sua musica apriranno il cammino della musica contemporanea di avanguardia del ‘900, ma mai alcuno dei compositori che verranno dopo di lui riuscira ad avvicinarsi alla sua eleganza, raffinatezza e sensibilità. Anche gli intervalli saranno dissonanti, come quello di seconda; scale pentatoniche ed esatonali che pongono la musica in una sospensione continua, omissione dei semitoni che da un senso di incertezza e di instabilità rendendo la sua musica libera da vicoli, elevandola verso il cielo (Debussy calmerà sempre i toni, ridurrà i volumi a favore dei sensi).
Queste sensazioni si avvertono ancora non solo nei Preludi, ma per esempio in “Estampes”, in “Images”, in “Reverie”, ne “La Mer”, nel suo “Clair de lune” in cui la rarefazione degli accordi evoca proprio atmosfere anacapresi, e ancora nei due “Arabesque”. Già, la tecnica dell’arabesque musicale, anche qui l’influenza caprese sembra affacciarsi, ma in Debussy l’arabesco, il cui modello egli era stato capace di riconoscere gia nel canto gregoriano, viene interpretato non come ornamento, ma piuttosto egli ne deriva ed ispira la linea costantemente animata e non figurativa, senza descrivere, senza concludere, ma assorbendone il carattere astratto (anche se sembra un paradosso); è evidente qui l’influenza al riguardo del pensiero simbolista di Charles Baudelaire. Ed anche qui l’arabesco e l’islamismo di Capri sembra giuocare il loro ruolo, quando si ritorni al pensiero di Debussy di assorbirne il carattere astratto.
LES COLLINES D’ANACAPRI
Dei dodici Preludi della prima delle due raccolte ispirate alla natura e scritte da Debussy durante i suoi soggiorni anacapresi, è certamente meno noto ad esempio de “La fille aux cheveux de lin” o del “Des pas sur la neige”, ma è certamente il brano naturalistico che più rispecchia la concezione della musica espressa da Debussy (per la verità comunque, presente in tutti i Preludi, forse proprio perchè scritti a Capri, si noti peraltro l’indulgenza della eleganza sostanziale e non formale del titolo riportato sempre alla fine di ogni Preludio e tra parentesi, quasi ad evitare nel lettore un suggerimento suggestivo).
D’altra parte, come vedremo dopo, queste eleganze da esteta o da dandy saranno sempre presenti nella persona e nel costume di vita di Claude.
“Les collines d’Anacapri” e stato eseguito dai piu grandi pianisti, quali ad esempio Cortot, Horowitz, Gould, Baremboim, Lipatti, Ciccolini, Freire, e non solo nell’integrale dei Preludi, ma anche separatamente. Ricordiamo, tra le tante, una suggestiva esecuzione che ne rese Arturo Benedetti Michelangeli all’interno della cappella di San Michele della villa di Axel Munthe, a lume di candela, nel 1958.
IL PERSONAGGIO
“Di fronte prominente, gioviana e sporgente come una prua, e di sguardo penetrante, richiamava immagini mediterranee, medievali o pittoriche; capelli neri, e folti, volto di un pallore olivastro, occhi neri e vivacissimi e sovrastanti una barba che con i baffi gli incorniciava parte del viso, solo una bella bocca rossa e sensuale metteva una nota di colore in quella immagine. Dallo incidere insieme felpato, talora felino, talora gitano, il suo corpo era languido ed indolente per il suo amico Leon Daudet; fumando una piccola sigaretta orientale, faceva uscire il fumo dal naso e formulava due o tre osservazioni penetranti ma sempre con una parlata un po’ blesa a piccole frasi (H. De Regnier, R. Bonheur, R. Peter in “Francois Lesure”). Eppure si sprigionava dai suoi occhi una notevole sensualità, una sensualità piu morale che fisica, che penetrava l’altrui animo creando turbamento.
Trasandato, di una noncuranza inglese, era in realtà molto “raffinato” e, quando la borsa glielo permetteva, vestiva con molta cura abiti di sartoria molto ben tagliati di “sargia blu”, il suo colore preferito insieme al verde mandorla, con cravatta con il nodo a la “La Valliére”, cappelli flosci a larghe tese.
Amava circondarsi di cose belle, quasi un precursore del “divino Gabriele” del cui decadentismo fu forse un precursore: portapenne di bambu, palline di legno giapponesi, bastoni, ombrelli eleganti e tante piccole frivolezze (F. Lesure).
Aveva una vera passione per i felini in particolare di razza angora dal mantello grigio, certamente per il mistero che si sprigiona dai loro occhi; d’altra parte il gatto sposa molto bene con l’esoterismo del quale egli sarebbe stato seguace per qualche tempo. Sarà anche una circostanza, ma un locale a Parigi di sua grande frequentazione, anche perche vi incontrava molti amici intellettuali, era appunto “Le chat noir”. In questo locale, durante il suo periodo bohemien, frequentò anche gli altri “Cafes Litteraires” della Rive Gauche, come “Chez Pousset”, “Le cafe napolitain”, “Chez Thommen”, “Le Cafe Vachette”, “La locande du clou” e “La nouvelle Athenes”, incontrandovi di volta in volta il simbolista Jean Moreas, musicisti come Paul Dukas e Chausson che frequentò molto ed Erik Satie (da lui definito come un “Socrate musicale”) con il quale instaurò un sodalizio fraterno, l’intera famiglia di Maurice Ravel, definito da Satie come “un Debussy plus epatant” e Gabriel Faure, finanzieri importanti per lui come Etienne Dupin (egli era sempre in difficoltà con il denaro), Robert Godet e pittori anche non impressionisti come Louis Hawkins, Adolphe Willette, che disegnò alcuni Pierrots per la sua “Mandoline” (scritta a Napoli e pubblicata dalla “Reveu Illustree” nel 1890), e Leopold Stevens, anche Verlaine (l’amico poeta simbolista) non disdegnava i “cafes”; sembra che proprio su uno di questi tavolini Debussy abbia abbozzato la musica per “Fleurs du mal” di Baudelaire.
LE DONNE
Le donne che hanno certamente influenzato la sua vita, ma non la sua musica, a parte quelle che ne hanno in parte favorito la carriera, dalla zia Clementine, alla suocera di Verlaine, a Nadeshda von Meck, passando per Antoinette Maurè, a Gabrielle Dupont (detta Gaby Lehry, suo grande amore che tenterà il suicidio dopo l’abbandono), ne ebbe alcune altre, ed in particolare Marie Blanche Vasnier (suo primo amore), ma non moltissime, tanto che uno dei suoi biografi, l’amico Paul Vidal, lo definiva di certo non un donnaiolo. Sposerà nel 1899 Rosalie Texier (la modella “Lilly-Lilo”, amica di “Gaby”) con grande meraviglia di tutti, festeggiando il pranzo nuziale proprio alla “Taverne Pousset” con il ricavato delle sue lezioni di piano, per abbandonarla poi nel 1904 (anche Lilly tenterà il suicidio a Place de la Concorde) per Emma Bardac: donna bella, colta, e raffinata cantante (gia “amica” di Fauré), moglie di un famoso banchiere e madre di un suo allievo Raoul, per la quale Claude scriverà durante un soggiorno insieme a lei a Dieppe, “L’Isle Joyeuse” (ispirato al dipinto di Watteau “L’embarquement pour l’Isle de Cithere”); da lei avrà la piccola “Chou-Chou” (“farfalla” dal giapponese “cho-cho”).
La sposerà poi, nel 1908. Negli incontri serali del “Martedi chez Mallarmé” di cui avrebbe musicato il celebre “L’après midi d’un faune” e non solo, incontrava la “fine fleur” dell’intellettualità del tempo, oltre a pittori impressionisti, personaggi come Bocklin, Andre Gide, che collaborava con lui alla sua “Revue Blanche” per la quale egli curava le colonne musicali (firmandosi “Monsieur Croche”), Alexandre Dumas figlio, il poeta simbolista ed amico Verlaine, di cui musicò “Les ariettes oubliée” e di cui subì sempre l’influsso. Basti pensare ai suoi versi quando magnifica la suggestiva indefinitezza dei contorni: “Rien plus cher que la chanson grise ou’ l’indecis au precise se joint car nous voulons la nuance encor, pas la couleur, rien que la nuance! Oh! La nuance seule fiance la reve au reve et la flute au cor!” (“Paul Verlaine” in Massimo Mila). Ed ancora Huysmans, Oscar Wilde, Paul Claudel e Paul Valery, il musicista Ysaye e Gerhart Hauptmann che rivedrà a Capri, Zola e quella Sidonie-Gabrielle Colette scrittrice “a la mode”, celeberrima nei circoli culturali del tempo con la quale ebbe lunga frequentazione e che avrebbe reincontrato a Capri; nel suo “Mes Apprentissages” Colette lo ricorda spesso descrivendo ad esempio le emozioni e l’entusiasmo di Debussy per la musica di Rimsky-Korsakov o il festeggiamento da lei organizzato per il “Pelléas ed Melisande” di Maeterlink (grande simbolista che lo avrebbe tanto influenzato), anche egli frequentatore dei “Martedi di Mallarmé”.
Altro poeta grande amico fu per lui Paul Bourget, di cui rileggeva spesso la “Romance” sfogliando “Les Aveux”, ed un “Paysage sentimental”, nel bosco di Ville d’Avray o nel bosco di Saint Cloud a Marie Blanche Vasnier, suo primo grande amore, e che avrebbe poi musicato: “L’ardente ebbrezza della vita fa che l’amante venga meno nè s’oda battere che un cuore” (da “Les Aveux). “Come teneramente si è offerta alla mia bocca la tua bocca nel grande bosco muto e nella morte languida dell’anno” (da “Paysage sentimental”, P. Bourget in Francois Lesure).
Nelle composizioni cantate, le melodie debussiane seguono sempre le curve dei versi liberandone la latente musicalità. Nelle serate dei “Martedi di Stephane Mallarmé” Debussy assorbirà la lezione e le idee avanzate del simbolismo di questo grande suo maestro, collegandole alla convinzione nel merito di Baudelaire: “La funzione del simbolo è quella di far corrispondere tra loro immagini, suoni, parole e colori, tramite le associazioni ed i ricordi; il che e poi la funzione della musica *; confermandosi ancora in lui la ben nota definizione del “Manifeste” di Jean Moreas (frequentatore del cafe “La Vachette”): “La denominazione di simbolismo è la sola ragionevolmente capace di designare l’altrui tendenza dello spirito nell’arte”. Naturalmente un personaggio come Claude Debussy non poteva sfuggire ad esperienze per cosi dire originali, quali ad esempio: l’esoterismo e l’occultismo, di cui praticò alcune sedute spiritiche nella “Librairie de l’art di Edmond Bailly” senza peraltro rimanere “contaminato”.
Indubbiamente questo ampio teatro di eterogenee influenze da Maeterlink, a Mallarmé, a Verlaine da lui frequentati, questa ampia varieta di pensieri, idee e fermenti differenti, penetrarono lo spirito di Debussy in modo diverso producendo tuttavia la creazione di un linguaggio “speciale” nel quale i fermenti assaporati sono presenti ma nello stesso tempo evanescenti per dar luogo ad una genialita ed una fascinazione particolare.
CAPRI
Poteva mai l’isola di Capri, la Capri “misteriosa”, di cui il mescolamento delle culture e delle genialità si respirava nell’aria, in cui la pittura, la poesia, il pensiero avanguardista, l’intellettualita estetica permeavano l’ambiente, non coinvolgere o rimanere non coinvolta, se si preferisce, da una personalità come quella di Claude Debussy? Nei lunghi periodi trascorsi da Claude sull’isola, egli ebbe modo di frequentare personaggi di ingegno o stravaganti, esteti, dandies, eccentrici ma comunque tutti caratterizzati da un particolare senso di “charme”.
Frequentò a “Villa Pierina”, lungo via Mulo, Maxim Gorki con Maria Fiodorovna, che lo introdussero al novelliere mistico anarchico Zolotarew ed al critico letterario Rogacewski. Incontro a “Villa Discopoli” Rainer Maria Rilke, che aveva gia conosciuto a Parigi, e Victor von Scheffel dal cui poema origino lo “Zum kater hiddigeigei” ed il ritrattista Allers, il pittore Diefenbach, e quell’Hauptmann, futuro Premio Nobel ed autore tra l’altro di quel “Die blau blumen” di chiara ispirazione caprese e convinto simbolista, che gia aveva frequentato a Parigi.
Tra i suoi amici francesi reincontrò Andre Gide, che aveva collaborato con lui per la rivista “Reveu blanche” e che ora collaborava a Capri per la “TRA” (“Tra il pianto e il riso”), la rivista tedesca del professore Miradois, cui collaboravano artisti stranieri e forse talora anche il “Nostro”, il pittore Tristan Corbiere, e naturalmente Debussy non poteva sfuggire all’incontro con Jacques Fersen, ma, si badi bene, soltanto per il comune interesse per l’esoterismo e forse per l’occultismo. Reincontrerà qui ancora la sua amica Colette. Frequentò Oscar Wilde e dovette di certo conoscere Edwin Cerio ed Axel Munthe, anche se i suoi biografi, tra i quali il suo amico Vidal e Lesure, non ne fanno cenno. Il luogo di ritrovo era di certo anche per lui lo “Zum Kater Hiddigeigei” e forse il “Café della Bella Carmelina” a Tiberio, al tempo mescita di vino e birra in campagna in cui si poteva gustare al più un piatto di “cicerchie”.
LA MER
L'”imprevedibile” mare di Capri nel 1903 (come confiderà in una lettera al suo amico Paul Vidal) rinnoverà in lui la suggestione, già esercitata dal mare della Provenza e dei suoi soggiorni ad Antibes e Cannes, per i movimenti della melodia della sua delicata e suggestiva suite sinfonica “La Mer”: “De l’aube a midi sur la mer”, “Jeux de vacue” e “Dialogue du vent et de la mer”, “Al Grand Hotel” di Eastbourne durante la sua famsa fuga con Emma Bardac. Ma Debussy non rimase irretito dall’isola, nè da quei personaggi, abituato com’era alla eccentricità ed alle diversità culturali, da uomo che aveva girato il mondo ma, piuttosto, direi che vi lasciò il suo segno, distinguendosi anche in questo. Mi sembra facile “rubare” al grande scrittore e critico Francois Lesure, di lui straordinario biografo e studioso di fama accademica internazionale, una frase che forse ci illumina sul motivo di un rapporto tra una natura eccezionale quale quella di Capri ed una mente dalla raffinatezza ed eleganza di pensiero irripetibili quale quella di Claude Debussy: “Il simbolismo certo non basta a spiegare Debussy, ma senza di esso non e possibile comprendere la formazione del suo linguaggio; si cercherebbe invano un poeta, un pittore, un drammaturgo che abbia a tal punto saputo trarre profitto da una corrente che di fatto non fu mai un movimento ma una comunitù senza dogmi, con un’etica per cui la musica occupava il posto dei sogni”.
Un aforisma infine, del filosofo e musicologo tedesco Theodore Adorno, apparso molto piu tardi, e forse la conclusione migliore di questo nostro “incauto” omaggio a C.A. Debussy, perche sembra scritto proprio per lui, anche se non lo sara mai palesemente: “L’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità”.
FdS – Courtesy of L’ISOLA
NOTE:
* in “Debussy” di Maria Francesca Cuccu
* v. op. cit.
* v. op. cit
* v. op. cit.