di Alessandro Novoli
Lo scorso 15 settembre il pubblico di Pisa è rimasto stregato dal fascino enigmatico di un codice miniato con pochi simili al mondo. E’ il Codice Purpureo di Rossano (Codex Purpureus rossanensis), che con i suoi centottantotto fogli in pergamena purpurea contenenti l’intero vangelo di Matteo e gran parte di quello di Marco – tracciati in lettere greche d’oro e d’argento e illustrati da splendide miniature – è ciò che resta di un’opera del VI sec. d.C. in origine completa di tutti e quattro i Vangeli. I partecipanti al convegno “Il Codex Purpureus Rossanensis, Fondamento della Civiltà Cristiana, Patrimonio dell’Umanità”, si sono trovati infatti di fronte a uno dei più antichi manoscritti miniati sopravvissuti del Nuovo Testamento, la cui bellezza evoca con forza gli splendori di quella cultura bizantina che ebbe nella cittadina calabrese di Rossano (Cosenza) uno fra i suoi centri più rappresentativi, soprattutto quale importante polo di irradiazione della spiritualità monastica di tradizione italo-greca, di cui si conservano tracce e testimonianze storiche, artistiche ed architettoniche.
Realizzato probabilmente in Siria, si ritiene che il prezioso manoscritto sia approdato in Calabria sulla scia dell’ondata migratoria di monaci greco-orientali causata dall’iconoclastia, sebbene non sia da escludere che a portarlo sia stato qualche aristocratico della corte di Bisanzio. Menzionato per la prima volta, nel 1831, da Scipione Camporota, canonico della Cattedrale della città, dove si trovava custodito, fu successivamente segnalato, nel 1846, dal giornalista campano Cesare Malpica in un suo libro-reportage, assurgendo infine a notorietà internazionale nel 1880, grazie agli studiosi tedeschi Oskar von Gebhardt e Adolf von Harnach e al loro scritto intitolato “Evangeliorum Codex Graecus Purpureus Rossanensis”. Custodito dagli anni ’50 nel locale Museo Diocesano, dal 2015 è stato riconosciuto quale Patrimonio dell’umanità ed inserito dall’Unesco nel Registro della memoria mondiale, massima consacrazione per un’opera diventata ormai una vera e propria icona della Calabria e del suo ruolo di mediazione fra la civiltà greco-orientale e quella latino-occidentale.
Da almeno tre anni l’attenzione verso il Codex di Rossano è andata dunque moltiplicandosi fino ad arrivare a questo nuovo “viaggio” storico, artistico e religioso che ha avuto come scenario l’ex Salone degli affreschi del camposanto monumentale di Pisa, nell’incantevole Piazza dei Miracoli. Un’occasione per mettere in luce ancora una volta tutta la preziosità, il mistero e il fascino di questo manoscritto, ed evidenziarne la capacità di stimolare la riflessione sulla diffusione della parola cristiana e della bellezza dell’arte bizantina. L’incontro, brillantemente organizzato dal Centro studi Ausonia, in collaborazione con le Arcidiocesi di Pisa e di Rossano-Cariati ed il Museo Diocesano e del Codex di Rossano, è stato patrocinato dal Comune di Pisa ed ha avuto il supporto dell’Opera della Primaziale Pisana.
I saluti del dott. Giovanni Nicolò Adilardi, Presidente del Centro Studi Ausonia; di Mons. Gino Biagini, Vicario dell’Arcivescovo di Pisa; del dott. Filippo Bedini, Assessore del Comune di Pisa; e della d.ssa Francesca Barsotti, Responsabile Beni Culturali Arcidiocesi di Pisa, hanno aperto l’incontro coordinato da Rocco Sergi del Centro Studi Ausonia. Sono seguiti gli interventi scientifici della d.ssa Cecilia Perri, Vicedirettore del Museo Diocesano e del Codex di Rossano, del prof. Francesco Filareto, Storico Bizantinista e saggista, e le profonde conclusioni di Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Rossano-Cariati.
Al termine dell’incontro è stata esposta al pubblico l’edizione facsimilare del Codex Purpureus Rossanensis realizzata dalla Franco Cosimo Panini Editore, rimasta in esposizione nel prestigioso salone fino a domenica 16 settembre. Il folto e affascinato uditorio, nell’ammirare la preziosa copia del Codex, ha espresso grande interesse a vedere l’originale e scoprire Rossano, la città che da secoli lo custodisce.
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