di Alessandro Novoli
Vi raccontammo la sua storia nel 2018 ma ora ve ne proponiamo un refresh perché durante la recente pandemia, il signor Francesco Mangano, artigiano calabrese di Taurianova (Reggio Calabria) con la passione per l’orticoltura, ha deciso di trasferire la sua appassionante esperienza in un libro dal titolo “L’orto sull’albero. Vademecum”, pubblicato per l’editore cosentino Luigi Pellegrini (euro 16) e già alla sua seconda edizione; un piccolo manuale di 72 pagine che ha il fine di consentire a chiunque abbia un po’ di terreno di dedicarsi a una pratica colturale che ha riservato all’autore grandi soddisfazioni oltre a una notorietà di recente riecheggiata anche sulle pagine della rivista australiana Rare Fruit Review. Utilissima a introdurre a coloro che tra i nostri nuovi lettori ancora non conoscessero la storia di Francesco Mangano, è la nota editoriale che accompagna il volumetto e che ci riporta agli albori di questa curiosa “invenzione” botanica: “Nella vita di ognuno di noi – scrive Mangano – ci sono giorni lieti e giorni tristi, giorni in cui viviamo dolori che ci sembra debbano stroncare la nostra esistenza e giorni in cui l’emozione che proviene da una grande passione sembra possa portarci a toccare il cielo con le mani. Quest’ultima sensazione l’ho provata la prima volta che ho incontrato mia moglie, poi quando sono nati i miei figli e infine quando ho incontrato una piccola piantina che parlò alla mia anima chiedendo solo di poter crescere liberamente. Ascoltai la sua supplica e la piantina diventò un grande albero, un Solanum mauritianum.“.
Poco più di venti anni fa una pianta selvatica di Solanum, dei cui semi una bustina è allegata in omaggio al succitato libro, è arrivata nell’orto del signor Francesco Mangano, a Taurianova. Si tratta di una pianta originaria dell’America centro-meridionale, botanicamente imparentata con melanzane (Solanum melongena) e pomodori (Solanum lycopersicum) e che solitamente misura sui 3 metri di altezza, ma in condizioni climatiche favorevoli può raddoppiare le sue dimensioni. E’ quanto accaduto nel giardino calabrese di Mangano e nessuno avrebbe mai immaginato che da quell’esemplare di sei metri sarebbe nata l’idea di un ‘orto verticale’, ossia un albero dai cui rami pendono lussureggianti grappoli di pomodori – ciliegini e San Marzano – e meravigliose melanzane – le viola dolci, le delicate bianche e quelle variegate – da raccogliere come raccogliereste delle mele. Tutto rigorosamente biologico.
“Quando questa pianta mi è stata regalata non immaginavo che sarebbe cresciuta così tanto” – racconta Mangano. “E invece è diventata altissima, più di sei metri! Inoltre mi sono accorto che faceva dei fiori simili a quelli dei pomodori ed ho scoperto che è della stessa famiglia, così mi è venuta l’idea di innestare una piantina di pomodoro su ogni ramoscello di questo albero. Pensi che su alcuni altri Solanum che poi ho aggiunto nel mio giardino sono riuscito a mettere fino a cinquanta innesti. Ho aggiunto anche le melanzane, talvolta mettendole insieme ai pomodori sullo stesso albero. Se avessi dovuto piantare in piena terra tutti questi ortaggi avrei avuto bisogno di un bel po’ di terreno libero. Questa idea che ho messo in pratica devo dire che è ben riuscita, come dimostra il successo che sta avendo ovunque”. Di recente Mangano ha specificato che il Solanum da lui utilizzato per gli innesti è della varietà Mauritianum (e non il molto più comune Torvum, di cui pure in tanti hanno parlato) e che sebbene la pianta sia molto resistente e possa crescere a varie latitudini, tuttavia mal sopporta gli inverni troppo rigidi, per cui un eventuale tentativo di coltivazione nel nord Italia richiederebbe molte più cure.
Ma vediamo di capire come si fa questo particolarissimo tipo di innesto che, a quanto pare, Mangano è stato il primo a praticare (ormai sono in tanti a imitarlo), e senza avere particolari competenze in ambito botanico: “Prendo la piantina che voglio innestare su un albero di almeno due metri – spiega Mangano -, quindi tolgo tutte le foglie lasciando il germoglio centrale e trancio di netto le radici. Poi taglio un ramo dell’albero e nella sezione pratico uno spacco dove inserisco la piantina e la lego con dello scotch. Copro per una settimana la piantina con una bustina di plastica in modo che la condensa la mantenga viva. Quindi tolgo la plastica e la piantina è pronta per iniziare il suo ciclo vitale. Quando le metti nel terreno queste piantine ”partono” subito, se invece le innesti sull’albero per i primi quindici giorni sembra che ritardino, però una volta attecchite recuperano di colpo due mesi di vita…Gli innesti li faccio da aprile a maggio, così ottengo una produzione che arriva fino a dicembre. E il tutto senza mai usare la zappa…”. Va specificato che per dar vita all’orto sull’albero, il Solanum viene preventivamente liberato da foglie e rametti, che inevitabilmente andrebbero a sottrarre forza vegetativa alle piante innestate. Rimangono quindi solo i rami portanti, ai quali Mangano aggiunge delle canne sottili bloccate con lo scotch nei punti apicali, che servono a reggere il peso degli ortaggi e ad evitare quindi che le piante innestate si spezzino. “Due mesi e mezzo circa dopo l’innesto – conclude – comincia l’abbondante fruttificazione che, se il clima si mantiene mite, qui in Calabria può proseguire fino a metà dicembre”.
Ma quali sono i vantaggi? A descriverli è lo stesso Mangano, il quale fa notare come quegli stessi ortaggi messi a dimora nel terreno avrebbero bisogno di essere irrigati almeno ogni due giorni, soprattutto col caldo torrido che d’estate fa nell’estremo Sud dell’Italia: “l’albero invece – aggiunge Mangano – ha lunghe radici che vanno in profondità per cui l’acqua la cerca e la trova dove vuole”. Si aggiunga poi che nel metodo di coltivazione abituale, il contatto con l’umidità del terreno favorisce l’attacco di parassiti e funghi che provocano malattie alla pianta: “sull’albero queste cose non succedono – prosegue – perché la zona dei rami è ben ventilata. Io non uso né antiparassitari né anticrittogamici. Quindi – conclude Mangano – c’è un risparmio idrico e non c’è bisogno di trattamenti, inoltre gli ortaggi sono anche più puliti, e tutto questo è un grande vantaggio”. L’unica seccatura, se così la vogliamo chiamare, è la necessità di una scala per raccogliere gli ortaggi spuntati sui rami più alti, ma si sa, non c’è vantaggio senza un pur piccolo sacrificio.
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mi puoi mandare dei semi del portainnesto. grazie