di Redazione FdS
Il mare di Gela restituisce il più antico relitto di nave greca mai ritrovato in Sicilia. E’ il quarto rinvenuto nella zona
Il mare di Gela, città della Sicilia meridionale dalla storia antichissima, continua a rivelarsi uno scrigno di straordinari tesori archeologici. Grazie alla segnalazione del sub gelese Franco Cassarino, si è pervenuti in questi giorni al ritrovamento del relitto navale greco più antico di tutta la Sicilia. Sulla base dei materiali recuperati, l’imbarcazione risalirebbe alla prima metà del VI secolo a.C. Datazione che la fa risultare di 60 anni più vecchia della famosa nave arcaica recuperata nel 2008 nelle acque gelesi e restaurata in Inghilterra. Il rinvenimento è avvenuto al largo della costa di contrada “Bulala”. Diversi i materiali recuperati nei fondali, fra i quali figurano un’anforetta, una brocca, una kylix a vernice nera d’importazione dall’Attica ed un vaso detto cothon d’importazione corinzia. I reperti, rinvenuti a circa 300 metri dal litorale, si trovavano a circa 4 metri di profondità nei pressi di alcuni elementi lignei emergenti dalla sabbia e ancora non recuperati. Sulla scoperta il Soprintendente del Mare della Regione Sicilia, Sebastiano Tusa, ha dichiarato che “questi beni dimostrano come l’area di contrada Bulala sia ricca di giacimenti archeologici” e che ci troviamo di fronte a “tasselli di storia dai quali emerge una Gela ricca, una città da cui transitava mercanzia pregiata.” Lo studioso ipotizza che probabilmente nella attuale località di Bulala ci fosse lo scalo marittimo dell’antica Gela: uno fra i primi insediamenti greci in Sicilia, una potentissima colonia dorica che alla lunga estese il proprio dominio su gran parte dell’isola e che secondo la tradizione sarebbe sorta nel 689 a.C. ad opera di Antifemo ed Eutimo su un precedente insediamento indigeno siculo, in un’area i cui primi insediamenti umani risalgono al V millennio a.C.
LE NAVI GRECHE DI GELA
L’ultimo ritrovamento marittimo è il quarto di una serie iniziata nel 1988, con la scoperta del primo relitto, l’unico finora recuperato integralmente fra il 2003 e il 2008. Questo recupero stimolò da subito l’idea di un “Museo della navigazione greca”che però – a causa di varie e discutibili vicissitudini – non ha ancora visto la luce, per cui i resti della nave sono stati affidati al Museo Archeologico cittadino, così come la parte di carico recuperata.
– Il primo relitto
Il primo relitto fu rinvenuto nel 1988 da due subacquei su un fondale argilloso e sabbioso a circa 4 m di profondità, a 800 m dalla costa (sempre in località Bulala) e a circa 2 km ad est della foce del fiume Gela. Grazie alle caratteristiche del fondale la nave risultò molto ben conservata nella sua struttura lignea e custodiva un carico vario, coperto da uno strato di pietre utilizzate come zavorra. La nave era una nave da carico di grandi dimensioni (21 x 6,50 m), esempio unico al mondo di nave antica costruita con una tecnica particolare, già citata da Omero nel II libro dell’Iliade: il fasciame della carena era infatti “cucito” con fibre vegetali. La nave è stata recuperata con due campagne di scavo: nel 2003 le attenzioni si sono concentrate sulla prua mentre nel 2008 è stata la volta della poppa. Dopo il recupero in mare i resti della nave sono stati restaurati presso il laboratorio specializzato della Mary Rose Archeological Services di Portsmouth in Inghilterra. Secondo la ricostruzione degli studiosi la nave, carica di mercanzie, doveva probabilmente approdare nel porto di Gela. Fu invece sorpresa da una tempesta affondando a poca distanza dall’Emporio di Bosco Littorio. La forza delle onde provocò uno squarcio che fece imbarcare acqua provocando lo sbandamento dello scafo che terminò la sua navigazione sui fondali argillosi del mare di Gela. L’imbarcazione, di grandi dimensioni rivelò una sorpresa nascosta dentro la stiva: una considerevole quantità di reperti archeologici, tra cui vasellame attico a vernice nera e due rarissimi askoi a figure rosse.
Dal carico, composto di oggetti provenienti da varie località, si è riusciti a tracciare un probabile itinerario che partiva dal mar Egeo. Dalle ceramiche a vernice nera e a rossa si è evinta una probabile sosta nel porto di Atene. Anfore di varia origine conducono a molteplici località e probabilmente contenevano vino e olio e altre merci collocate in cesti rivestiti di pece. Nei diversi porti la nave aveva inoltre caricato pietre per la zavorra, che dovevano sostituire le merci sbarcate. Alcuni degli oggetti trovati erano invece in dotazione dei marinai: sia le ceramiche trovate nella cambusa, sia oggetti di culto che testimoniano le pratiche religiose durante la navigazione.
– Il secondo e il terzo relitto
Una seconda nave, databile alla fine del V secolo a.C. e di dimensioni inferiori, giace invece ancora sui fondali a breve distanza dal primo relitto, ma è più vicina alla costa. Anch’essa ben conservata, il suo recupero non è stato ancora effettuato. Un terzo relitto, sempre di epoca arcaica, era stato da ultimo individuato alla foce del fiume Dirillo sul confine tra le province di Caltanissetta e Ragusa (e tra i comuni di Gela ed Acate). La scoperta è avvenuta per caso durante i lavori di scavo per la posa del gasdotto libico. Al momento non è dato sapere il destino di questi due relitti – data la cronica mancanza di fondi – anche se è da supporre che essi, così come quello più recentemente trovato, saranno oggetto di nuove campagne di nuove campagne scavi sicuramente dilazionate nel tempo.
GELA ATTENDE ANCORA IL SUO MUSEO DEL MARE DELLE NAVI GRECHE
Questi ritrovamenti, a cui va ad aggiungersi l’ultimo, confermano l’importanza archeologica rivestita dall’area del Golfo di Gela che, quasi certamente, nasconde ancora numerosi altri relitti di varie epoche (greca, romana e bizantina). Un motivo in più per approntare quel Museo della navigazione greca per il quale nel 2010 erano stati persino stanziati dalla Regione 5 milioni di euro di finanziamento. Fondi andati miseramente perduti per un’opera mai realizzata.
L’unico dato positivo, risalente sempre al 2010, è stata l’istituzione di un “area marina di tutela archeologica”. L’area parte da contrada Bulala e comprende le zone dove sono stati ritrovati i tre relitti di navi greco-arcaiche – qui furono rinvenuti altresì 102 reperti tra anfore, vasellame, pezzi marmorei e oggetti votivi, prontamente consegnati al museo – estendendosi, da un lato, lungo tre miglia di costa, e dall’altro per mezzo miglio verso il mare aperto. E’ stata istituita su iniziativa della Soprintendenza del Mare di Palermo e della capitaneria di porto di Gela. In quella occasione il Soprintendente Sebastiano Tusa parlò di “un importante passo avanti verso la reale tutela dei beni archeologici sommersi che non vanno blindati ma difesi e visitati con apposite autorizzazioni”. La zona è stata così sottoposta a severi vincoli e interdizioni come il divieto di balneazione, di pesca, di fermata e di ancoraggio. Solamente i pescatori professionisti possono pescare rispettando i limiti imposti dall’ordinanza della capitaneria.