di Kasia Burney Gargiulo
L’immagine che ce ne ha lasciato il grande scultore calabrese Francesco Jerace, nel piccolo Cimitero Acattolico di Napoli, la ritrae seduta su una seggiola intenta a scrutare un ideale orizzonte che per lei, scomparsa nel 1872 all’età di 92 anni, ha ormai la vastità dell’infinito, quello stesso celeste infinito a cui rivolgeva il suo sguardo di astronoma, una delle prime della storia. Lei è Mary Somerville, matematica britannica approdata all’astronomia nel corso di una vita vissuta all’insegna della caparbietà di chi sa di avere una vocazione irresistibile e ne persegue la realizzazione a dispetto di tutti e di tutto.
Le cronache del suo soggiorno napoletano – Mary amò Napoli a tal punto da definirla “la madre di tutte le scienze” e qui decise di trasferirsi, poco prima dell’Unità d’Italia – la ricordano ormai anziana seduta appunto su una seggiola, lungo la riviera di Chiaia, alle prese con la stesura delle sue memorie pubblicate dalla figlia poco dopo la morte. Ma il suo fervido interesse per la scienza continuò a prevalere su ogni altra cosa, come dimostra la sua volontà – ormai 86enne – di osservare da vicino l’eruzione del Vesuvio, cosa che fece recandosi a San Giuseppe Vesuviano dove ebbe modo di studiare la colata lavica. Senza dimenticare che, molto stimata negli ambienti scientifici italiani (ebbe la medaglia d’oro dalla Reale società geografica italiana), frequentò a lungo l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte e l’Accademia Pontaniana, esponendo ai suoi colleghi napoletani le proprie teorie astronomiche.
A Napoli si era trasferita dopo aver viaggiato in tutto il mondo e qui sembrò trovare quella felicità che non aveva vissuto da bambina, quando la famiglia fece di tutto per soffocare i suoi interessi culturali, ritenuti inappropriati per una donna: in diverse sue lettere, spedite da Napoli negli ultimi anni di vita, ricorre infatti il frequente richiamo ad una ritrovata felicità.
Chi oggi volesse renderle omaggio, non ha che da recarsi nell’ex Cimitero Acattolico di Napoli, noto anche come Cimitero degli Inglesi sebbene ospiti anche tombe di stranieri di altre nazionalità. Sul basamento che regge la grande statua della scienziata campeggiano anche i nomi delle due figlie Martha e Mary. La prima curò nel 1874 la pubblicazione di “Personal recollection”, i ricordi autobiografici della madre, e commissionò con la famiglia allo scultore Francesco Jerace il monumento funebre, realizzato nel 1876. Martha morì nel 1879 , quattro anni dopo la sorella Mary, con la quale fu deposta nel sepolcro della madre.
THE QUEEN OF SCIENCE
Sotto il sole del Sud Italia si compì dunque la parabola esistenziale di Mary Somerville, nata a Jedburgh (in Scozia) nel 1780, figlia dell’ammiraglio William George Fairfax. La sua fu un’infanzia turbolenta restìa com’era a farsi irregimentare dalla madre che la voleva ligia agli studi biblici e dal padre contrario all’idea che la figlia avesse altri interessi al di fuori di tipiche occupazioni femminili come la musica, il disegno e il cucito. Cacciata da scuola per un episodio di indisciplina, fatale fu per lei l’incontro con gli Elementi di Euclide, la più importante opera superstite di matematica antica, ed in generale con i libri della biblioteca di famiglia, luogo dove soleva rifugiarsi di nascosto per vagare con la mente oltre gli steccati della sua piccola casa di campagna. Abitudine che le costò non di rado un sacco di percosse da parte dei familiari. Considerata una ribelle indomabile, a vent’anni fu data in moglie al capitano Samuil Samuilovich Greig, ufficiale russo-scozzese, suo lontano parente, che non stimava affatto i suoi interessi e la sua vocazione per la ricerca scientifica. Da lui ebbe due figli, uno dei quali divenne avvocato e scienziato, ma nonostante gli impegni familiari, le ristrettezze economiche e l’indifferenza del marito, Mary non abbandonò mai i suoi amati studi.
Il suo destino ebbe finalmente una svolta quando rimasta vedova e ripudiata dalla famiglia, si risposò nel 1812 con un altro lontano cugino, il dottor William Somerville, un uomo colto che incoraggiò la sua passione per le scienze fisiche. Quello con Somerville fu un amore travolgente dal quale nacquero quattro figli. Contravvenendo agli schemi borghesi del tempo, l’uomo acquistò per la moglie libri e riviste scientifiche che le permisero di approfondire i suoi studi. Mary si avvicinò anche all’astronomia e venne elaborando nuove teorie matematiche e fisiche, discutendo le tesi di Laplace e di Gauss. Iniziò anche a pubblicare le sue prime opere di astronomia studiando l’effetto del magnetismo e il movimento dei pianeti.
Durante la sua carriera Lord Brougham le chiese di tradurre Mecanique Celeste di Laplace per la Society for the Diffusion of Useful Knowledge: nacque così The Mechanism of Heavens (1831), una traduzione che, insieme ad altre, la rese subito famosa, al punto che un busto col suo ritratto fu commissionato e collocato nella Sala Grande della Royal Society. Mary riuscì a rendere popolari anche i Principia di Newton e pubblicò scritti originali come On the Connexion of the Physical Sciences (1834), Physical Geography (1848), e Molecular and Microscopic Science (1869). Physical Geography fu utilizzato nelle scuole e nelle università addirittura per i successivi 50 anni. I suoi lavori in materia di astronomia, nel 1838 valsero a lei e alla collega tedesca Caroline Herschel l’ammissione onoraria alla Royal Astronomical Society. Furono le prime donne a ricevere un tale riconoscimento, al quale Mary vide aggiungersi anche le membership onorarie di varie altre organizzazioni scientifiche illustri, tra cui undici società italiane, e una pensione di 300 sterline da parte del governo britannico.
Fra i suoi allievi figura la matematica Ada Byron Lovelace – la sola figlia legittima del celebre poeta Lord Byron e della matematica Anne Isabella Milbanke – i cui studi sulla macchina analitica ideata da Charles Babbage ne fanno una figura importante per la storia del computer, al punto da essere considerata la prima programmatrice al mondo.
Attenta osservatrice della realtà, Mary Somerville è stata anche uno tra i primi scienziati a prevedere la futura estinzione di numerose specie animali a causa delle attività dell’uomo e a promuovere il rispetto e la tutela della natura. Insomma una donna moderna a tutti gli effetti. E se il suo nome ha percorso il mondo ed il cosmo – Somerville è il nome dato ad un cratere lunare, mentre 5771 Somerville è un asteroide scoperto nel 1987 da E. Bowell presso il Lowell Observatory, così come Somerville Island nel Barrow Strait, è il nome assegnato in suo onore da Sir William Edward Parry nel 1819 a un’isola canadese, e Somerville College quello a lei dedicato dall’Università di Oxford – i resti terreni di Mary riposano a Napoli e forse sarebbe il caso che la città li tenesse in maggiore considerazione tutelando meglio quel piccolo spazio verde che li accoglie.
L’EX CIMITERO DEGLI INGLESI
Annesso alla Chiesa seicentesca di S. Maria della Fede, affacciata sull’omonima piazza nello storico quartiere di S.Lorenzo, si cela un antico e quasi sconosciuto angolo di Napoli, recintato con un secolare muro di tufo alla maniera di un hortus conclusus. E’ il giardino destinato dal 1826 al riposo eterno degli stranieri non cattolici su iniziativa del console inglese Sir Henry Lushington e della numerosa comunità britannica locale. Ampliato nel 1852, fu poi chiuso nel 1893 quando la zona subì gli interventi urbanistici del cosiddetto Risanamento. Oltre a quella della matematica e astronoma scozzese Mary Somerville, qui hanno trovato dimora le tombe di personaggi celebri come il pittore olandese Anton Sminck van Pitloo, esponente di spicco della cosiddetta Scuola di Posillipo, la scrittrice inglese Elizabeth Craven, suo figlio Richard Keppel Kraven, viaggiatore e scrittore, Friedrich Dehnhardt, botanico tedesco e direttore del Real Orto Botanico di Napoli, nonché curatore dei giardini della Villa Floridiana e della Reggia di Capodimonte, il potentissimo banchiere svizzero Oscar Meuricoffre, gli industriali svizzeri David Vonwiller, fondatore nel 1829 di una delle prime filande del cotone nel Meridione, a Fratte di Salerno, e alcuni membri della famiglia Freitag, artefice dello sviluppo delle industrie tessili a Scafati.
In realtà dei numerosi monumenti funerari un tempo situati in questo piccolo e solitario giardino di appena 4 mila metri quadri, ne restano solo nove, fra i più interessanti, dopo che il cimitero fu dismesso e sostituito dal nuovo Cimitero Inglese alla Doganella, nei pressi della Chiesa di Santa Maria del Pianto, dove decenni dopo molte delle sepolture furono trasferite.
Questo luogo avrebbe potuto conservarsi come uno degli angoli più affascinanti di Napoli se non fosse che, da quando nel 1980 il Consolato Inglese lo ha ceduto al Comune – che lo ha riportato all’antico splendore grazie alla battaglia condotta da Mirella Barracco e adibito dal ’93 a giardino pubblico – esso continua ad oscillare fra cura e degrado, sfuggendo ad un reale controllo, cosa che ha favorito diversi deprecabili episodi di vandalismo a cui qualche anno fa si è aggiunto anche un episodio alluvionale, causa di numerosi danni.
Ufficialmente il luogo risulta visitabile (dalle 7.00 alle 18.00), come si evince dalla scheda informativa pubblicata sul sito del Comune di Napoli, la quale precisa come all’ex Cimitero Inglese non si acceda più dall’originario cancello principale che dà sulla piazza della chiesa – spesso ridotta in uno stato di deplorevole degrado – bensì da un nuovo ingresso situato nella contigua via Biagio Miraglia. Il luogo è facilmente raggiungibile con qualsiasi autobus che dalla Stazione Centrale, attraverso il corso Garibaldi, si diriga verso piazza Carlo III (nei pressi del borbonico Albergo dei Poveri).
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Bibliografia:
– Giancarlo Alisio, Il Cimitero degli Inglesi, Napoli, 1993
– John A. Davis, Merchants, Monopolists, and Contractors: A Study of Economic Activity and Society in Bourbon Naples, 1815-1860, Ayer Publishing, 1981
– Kathryn A. Neeley, Mary Somerville: Science, Illumination, and the Female Mind, Cambridge University Press, 2001