di Alessandro Novoli
Chi l’avrebbe mai detto che una città marittima e solare come Molfetta, con la sua celebre e dinamica attività legata alla pesca, custodisse un suo segreto “doppio” nell’oscurità del sottosuolo? E non si parla tanto di resti di edifici antichi rimasti inglobati nelle fondamenta di quelli di epoche successive, come se ne vedono ovunque nel Sud Italia, quanto di una vera e propria rete di cunicoli e di corridoi diramati lungo tutta la sua parte antica, una sorta di “planimetria sotterranea” che rispecchierebbe l’assetto superiore. A svelarlo è Mirella Cives, curatrice della pagina Facebook dedicata al “Viaggio nella storia sconosciuta delle campagne molfettesi e dintorni“. Nel cuore della città – spiega – esiste un’altra città, ma non la si può vedere o toccare con mano. “Esiste, ma non c’è, o meglio si trova proprio sotto i nostri piedi. Chissà quante volte tanti molfettesi avranno visitato il Borgo o piazza Municipio, percorso le strade principali di Molfetta, una fra tutte il Corso Umberto. Ebbene, è proprio a questi luoghi così familiari che bisogna fare riferimento. Proviamo ad immaginare un secondo Corso Umberto, ma sotterraneo. Immaginiamolo più piccolo, più stretto, ma a misura d’uomo. E ora proviamo ad immaginare di percorrerlo e di trovarci in pochi minuti da tutt’altra parte, magari nei pressi di Piazza Municipio.”
Il primo, inevitabile, impulso è quello di chiedersi a cosa servisse questa diramazione sotterranea della città: “Serviva sicuramente per difesa – prosegue – e per comprenderlo meglio occorre ripercorrere la storia di una scoperta, come tante avvenuta per caso”. Inizia così un racconto che ci riporta agli anni ’60, a quando un certo signor Corrado Adesso che abitava in una delle case del Borgo antico “trovò nel sottano di sua proprietà una pietra con anello, evidentemente l’ingresso di una botola. Vi entrò e si trovò in un lungo corridoio, pieno di detriti. Lo percorse fino ad arrivare all’altezza della chiesa di San Pietro. Si dovette fermare, perchè un cancello in ferro arrugginito gli impedì di proseguire oltre. La direzione del camminamento era rivolta verso Piazza Municipio, dove un tempo sorgeva uno dei castelli di Molfetta”.
La scoperta però non si fermò a quel primo camminamento, e dopo qualche anno “altri cunicoli vennero scoperti, come ad es. quelli rinvenuti durante i lavori di costruzione dell’attuale Banca del Monte Dei Paschi di Siena, là dove un tempo sorgeva il secondo castello di Molfetta, quello dei Gonzaga. Furono trovati due corridoi. Uno che andava verso la villa comunale e l’altro verso via Sen. Natale Palummo. Inoltre, durante lavori di scavo per delle tubature, in direzione del Liceo Classico all’altezza della sua prima finestra, fu scoperta una porta d’entrata interrata. Altri camminamenti emersero sempre duante lavori di manutenzione nei pressi di Via Pansini vicino alla chiesa di Santa Teresa, o in Via Fiume nei pressi di piazza Effrem, dove sorgeva la torre esploratoria che ha dato il nome alla piazza.”
Torniamo quindi alla funzione di questi ambienti sotterranei: “Come accennato prima, avevano una funzione difensiva. I soldati infatti potevano spostarsi più velocemente senza essere visti, da un luogo strategico ad un altro. Era un sistema difensivo anche per i civili, che utilizzavano il camminamento per rifugiarsi nel Borgo antico e trincerarsi tra le sue mura.”
La sorpresa per quei ritrovamenti si accrebbe ancor più quando il sig. Adesso riferì di aver trovato un pezzo di cuoio sul quale era presente l’intera mappa dei cunicoli sotterranei di Molfetta, una preziosa testimonianza di cui però si è persa traccia circa 50 anni fa. E con essa, a quanto pare, è sparita anche la memoria di tutto il resto, perchè “tutto è stato frettolosamente sepolto e condannato all’oblio”. Non si può, a questo punto, non condividere l’auspicio di Mirella Cives, che un giorno la Molfetta sotterranea possa essere riscoperta e studiata.
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