di Rocco Mazzolari
Il futuro ha un cuore antico. Prendendo in prestito il titolo di un noto libro dello scrittore piemontese Carlo Levi vi raccontiamo una storia ambientata nella Calabria del terzo millennio, una regione che finalmente sta riuscendo a far parlare di sè in positivo grazie a una serie di iniziative che hanno per protagonisti dei giovani, ostinati più che mai a produrre valore nella propria terra, seconda a nessuna quanto a risorse naturali e umane ma la più povera d’Italia secondo i dati Eurostat sul Pil regionale. Protagonista di questa storia è Stefano Caccavari, 27 anni, di San Floro (Catanzaro), studi in economia aziendale presso l’Università della Calabria, nel cassetto un sogno che a distanza di anni diventa realtà grazie al suo spirito di iniziativa, alla caparbietà e a un carismatico entusiasmo: quello di riportare le terre di famiglia alle colture di un tempo, con il valore aggiunto di una gestione moderna e la consapevolezza del valore sociale e ambientale di una simile operazione.
Salvaguardia del territorio, tutela della salute attraverso la riscoperta di materie prime lontane da pericolose sofisticazioni, riconquista di un più equilibrato rapporto con la natura: di tutte queste istanze Stefano ha scelto di farsi interprete, creando al tempo stesso una preziosa occasione di lavoro per se stesso e per altre persone. Il suo esordio si chiama Orto di Famiglia, ovvero l’assegnazione su richiesta di tanti piccoli appezzamenti di terreno in cui coltivare i propri ortaggi in modo totalmente bio: in cambio il know-how agricolo della famiglia Caccavari e la certezza di mangiare prodotti genuini e gustosi. Un successo strepitoso. E’ l’inizio di un percorso finito sotto la lente d’ingrandimento dei media nazionali e internazionali, attirando l’interesse, oltre che della gente comune, anche di figure note come l’epidemiologo Franco Berrino e il panificatore capitolino Gabriele Bonci, guru della pizza da farine biologiche, galvanizzati dalla nuova iniziativa di Caccavari che vede protagonista la Rete e un’operazione senza precedenti che si chiama Mulinum. A raccontarcela è lo stesso Stefano, un vero fiume in piena, come emerge chiaramente dalle sue parole.
Stefano Caccavari, in che misura, a suo avviso, il ritorno alla tradizione, per lei legato alla terra, può essere realmente rivoluzionario nell’era di internet e dell’intelligenza artificiale?
Penso che il ritorno alla tradizione sia rivoluzionario perché ha il sapore di un recupero di autenticità, valore di cui si avverte sempre di più il bisogno. Io ho cercato di interpretare, per me stesso e per gli altri, questo bisogno e credo che il significato della mia scelta sia stato colto e apprezzato dalla gente. Inoltre oggi viviamo in un’era unica, in cui per la prima volta quello che una persona fa può comunicarlo al mondo intero grazie a un post su Facebook o su altri social. Non è mai successo prima che un uomo che coltiva e difende il territorio potesse comunicarlo così facilmente: oggi se hai una missione chiara in testa e agisci per cambiare le cose, hai la possibilità di trovare tanti sostenitori e potenziali clienti per la tua impresa.
Tutto è partito con l’Orto di Famiglia, un’iniziativa che coinvolge tanta gente comune e uno staff composto per lo più da suoi familiari. Ora è la volta del progetto Mulinum: il recupero di un mulino a pietra per tornare a produrre la farina come un secolo fa. Come accade che uno studente universitario di economia aziendale a un certo punto della sua vita concepisce due progetti del genere?
Entrambi i progetti nascono da quella stessa esigenza di autenticità, mia e di tante persone, di cui parlavo prima, nonchè dalla volontà di creare qualcosa di bello e di utile in Calabria. Dopo il successo di Orto di Famiglia, l’intera comunità degli ortisti cercava delle alternative alle farine bianche raffinate, da qui l’idea di recuperare i nostri grani antichi: inizialmente li portavo a macinare fuori paese nell’unico mulino a pietra biologico certificato, ma per un anno ho maturato l’idea di rifare un mulino a San Floro, visto che un tempo ve ne erano ben 9, poi andati tutti distrutti. Allora ho lanciato un annuncio su Facebook e la mia gente mi ha aiutato, finanziandomi un progetto singolare e unico, il progetto Mulinum, il primo mulino a pietra dove il grano diventa farina e nello stesso casolare la farina viene trasformata in prodotti da forno come pane, dolci e pizza. E’ la prima volta che in Italia e nel mondo prende corpo quell’idea tanto ambita del “mulino bianco”. Noi la stiamo realizzando davvero con 101 soci da tutta italia: credo sia una bella risposta al sogno di un giovane di 27 anni.
L’Orto di Famiglia è ormai da tempo una realtà in fase avanzata. Il progetto Mulinum è praticamente quasi in dirittura d’arrivo: l’originalità del concept è la chiave di uno straordinario successo nel quale la Rete ha giocato un ruolo fondamentale. Ci parli della sua genesi, dello sviluppo e dei risultati conseguiti finora…
Un anno di analisi e di ricerche mi hanno portato a concepire Mulinum, questo casale in bio edilizia dove il grano si trasforma, con filiera cortissima, in prodotti da forno; nel frattempo ho conosciuto i migliori panificatori e pizzaioli d’Italia, i migliori produttori di grano biologico che ci credono davvero, ho quindi pensato di dare una risposta a un problema serio: la sensibilità e l’intolleranza al glutine e la voglia di mangiare sano come cento anni fa. Da qui è nata Mulinum srl, la prima e più grande startup agro-alimentare finanziata in pochissimo tempo sul web con mezzo milione di euro di capitali privati.
Com’è riuscito a suscitare e a concentrare tanta attenzione intorno ad un’iniziativa imprenditoriale così controcorrente? E di quali canali si è avvalso per raggiungere il suo obiettivo in un lasso di tempo tutto sommato molto breve?
Sicuramente la mia reputazione di giovane imprenditore che mantiene le promesse mi ha aiutato, sicuramente i miei 5000 amici su Facebook mi hanno sostenuto condividendo l’annuncio, così come l’idea di recuperare qualcosa di storico e di rilanciarlo in chiave moderna è piaciuta a tutti, in primis ai soci investitori che hanno individuato l’opportunità presentata da me e sicuramente anche alle centinaia di soci consumatori che ci hanno pagato in anticipo la farina per darci una mano. Oggi può succedere che 90 giorni di tempo ti permettano di battere ogni record e di realizzare il tuo sogno imprenditoriale.
E’ noto che esistono diverse forme di crowdfunding, basate per lo più sul diverso grado di coinvolgimento dei donatori. Qual’è stata quella da lei utilizzata?
Io senza accorgermene non ho usato il classico sistema delle piattaforme specializzate, bensì ho usato solo il mio post su Facebook. Da subito ho proposto l’equity crowdfunding, offrendo cioè di diventare socio di capitale a chi avesse versato almeno mille euro, e il crowdfunding reward a chi avesse versato almeno 250 euro, con l’impegno di fargli recapitare la farina corrispondente a casa. Così ho trovato 100 soci di capitali e altre centinaia di soci consumatori che aspettano la farina.
Raccolti i fondi, ci spieghi quali saranno i passaggi successivi. Intanto abbiamo visto che a San Floro le spighe di grano sono già alte e mature…
Ci stiamo già occupando delle autorizzazioni per la costruzione del casale di 300 metri in bio edilizia e per settembre contiamo di iniziare i lavori, poi compreremo anche il grano biologico antico dai nostri fornitori e faremo decine di controlli per assicurarci solo il vero biologico: in questo siamo categorici per cui sarà tutto trasparente e alla luce del sole. Siamo social in tutto e vogliamo essere trasparenti in ogni passaggio.
Quali varietà di grano coltivate a San Floro?
Coltiviamo 2 tipi di grano antico: il grano duro Senatore Cappelli, che da noi in Calabria risulta molto giallo ed è chiamato biondo, e il Tenero Rosso o Rubeum, un ecotipo calabrese che voglio far catalogare dal Ministero come grano antico locale, così da proteggerne per sempre i semi e custodirli insieme a tanti altri coltivatori. E’ ripresa anche la coltivazione della Segale Iermanu e del farro.
La produzione agricola nei suoi terreni fa notoriamente a meno della chimica. Con quali sistemi alternativi fronteggiate l’aggressione degli agenti patogeni?
Proteggiamo le colture in due modi: il primo, coltivando sempre il doppio delle verdure necessarie, perchè sappiamo che qualcosa può andare storto; il secondo modo è la lotta biologica: siamo seguiti dal prof. Francesco Santopolo, agronomo di fama nazionale che ci ha illustrato le relative tecniche basate sull’utilizzo di insetti innocui che mangiano gli insetti cattivi e di batteri naturali in grado di sconfiggere i parassiti che non hanno predatori naturali.
Si è appreso di un suo recente viaggio in Sicilia e di suoi incontri con produttori di varietà di grano antico. Sta cercando nuove sinergie?
In Sicilia lavorano sui grani antichi da circa 10 anni, sono molto avanti in tutto, e lì abbiamo trovato anche partner strategici sia per fare filiera sia per avviare il mulino con l’esperienza di chi già sa farlo. Penso che il Sud Italia debba essere unito, per questo ho fondato l’Alleanza dei Mulini del Sud, per condividere competenze e strategie. In Sicilia hanno apprezzato l’idea da subito per cui è nata l’alleanza.
Ci spieghi in breve in quale modo una persona può beneficiare delle attività e dei prodotti del suo mulino…
Se qualcuno vuole mangiare la vera farina integrale, quella biologica e senza chimica, quella di 100 anni fa, allora al Mulino di San Floro troverà proprio quello che cerca. Le farine sono inoltre acquistabili sul nostro sito dove si può anche attivare la Mulinum Card acquistando la farina in anticipo sulla produzione a un prezzo vantaggioso. Inoltre vogliamo mangiare lo stesso pane che mangiavano i nostri nonni, il pane brunetto, fatto solo di farina integrale, lievito madre e forno a legna d’ulivo. Non può mancare una pizza degna di questo nome, quella originale con le verdure biologiche e gli ingredienti locali e stagionali. Nel mulino avremo infatti solo 50 posti a sedere per la degustazione.
E’ evidente quanto lei sia profondamente legato alla sua terra. Cos’ha provato nei giorni in cui si minacciava a poca distanza dai suoi terreni l’apertura della più grande discarica d’Europa per rifiuti solidi e speciali, poi bloccata da una vera e propria sollevazione popolare? Le risulta che sia definitivamente tramontato quello sciagurato progetto?
Notizia del 21 giugno, il Tar ha rigettato ogni ricorso della società costruttrice, quindi la discarica non si farà mai e poi mai. Non vi nascondo che come tutti i cittadini di San Floro e dei paesi limitrofi abbiamo passato mesi di terrore e sconforto; io a differenza degli altri ho pensato di avviare subito il progetto Orto di Famiglia e dall’adesione di 10 famiglie, in 2 anni siamo arrivati a 150: questo mi ha motivato a tutelare il territorio e a difenderlo coltivandolo. Questo mi spinge ad alzarmi ogni mattina, l’aspetto economico è solo una conseguenza. Proteggere San Floro e la nostra terra è la nostra missione.
Qual’è stata fino ad oggi la ricaduta occupazionale delle sue iniziative?
Con soddisfazione abbiamo assunto mio zio Franco in azienda, e col mulino pensiamo di offrire lavoro ad altre 4 persone. Credo che come inizio sia ottimo.
San Floro non è solo Stefano Caccavari, ma anche Nido di Seta, la cooperativa che ha ripristinato la bachicoltura dei tempi in cui Catanzaro era leader a livello europeo nella produzione del pregiato tessuto. E’ un caso che questo borgo di 600 abitanti stia diventando l’emblema della Calabria che vuole voltare pagina guardando al passato? Cosa accomuna i protagonisti di queste due esperienze?
Penso che ci accomuni fondamentalmente la nostra passione. Ritengo che ricordare e far ricordare chi eravamo ci stia aiutando a capire che strada prendere per il futuro. Io so benissimo dove andremo e sempre senza aiuti pubblici, a differenza di altri: questa purezza ci distinguerà sempre.
In che misura trova spazio l’innovazione tecnologica in questo recupero del passato che connota le sue iniziative? In fondo lei è figlio di questo tempo ed ha una formazione tecnico-economica sicuramente diversa da quella dei suoi genitori…
Sicuramente la mia mentalità orientata al digitale mi ha permesso di accelerare le cose, di organizzarmi meglio, di non aspettare condizioni favorevoli ma di crearle; certamente mi sono stati utili i consigli degli imprenditori che sono andato a conoscere o che ho conosciuto attraverso i loro libri. La formazione universitaria di per sé è quasi superflua e obsoleta…
Grazie alla sua esperienza, ritiene di poter dire con convinzione che in Calabria ci sia un futuro per i giovani e che si possa porre un freno all’allontanamento di migliaia di loro dalla propria regione?
Io spero che ogni ragazzo trovi la sua “fissazione”, la sua missione di vita, la sua missione imprenditoriale se ne ha una, e che ognuno faccia del suo meglio. Non importa se siamo in Calabria o in Lombardia, se uno vuole fare le cose deve alzarsi e mettersi in cammino, bisogna iniziare a muoversi sopratutto quando gli altri stanno seduti e aspettano.
Non so se lei abbia avuto riscontro di esperienze simili alla sua in giro per l’Italia, ma ha considerato l’idea che il suo potrebbe diventare un modello per altri giovani? Che effetto fa sentirsi un po’ pionieri a meno di 30 anni?
Mi sono reso conto che fino a 25 anni ero pure io seduto, con tante idee ma ancora seduto, per fortuna mi sono alzato e sto realizzando. Oggi 30 anni sono già troppi, bisogna agire subito, appena si sentono le spinte interiori, io ho queste idee da almeno 10 anni. Certo nel tempo credo di essere maturato, ma potevo realizzarle anche prima. Di sicuro i modelli Orto di Famiglia e Mulinum saranno replicati in Italia e nel mondo e questo credo che continuerà ad emozionarmi per i prossimi 10 anni.
Lei Caccavari fa parte del gruppo di giovani imprenditori calabresi che amano definirsi “eretici”. Cosa significa per lei essere un imprenditore eretico?
Per me significa essere capace e in grado di prendere una direzione. Per me “eretico” è come dire leader: il leader sa dove vuole andare, traccia la via e poi il resto lo trova.
Ortaggi, frutta, grano…Quale altra sorpresa dal profumo antico ha ancora in serbo per noi Stefano Caccavari?
Potrei raccontarvi il futuro della “Made in San Floro”, la nostra azienda, ma preferisco lanciare e far funzionare un progetto alla volta: preparatevi però per almeno altri 10 progetti nei prossimi 10 anni.
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