di Alessandro Novoli
Dal turismo del mare, delle città e dei borghi a quello…nello Spazio, il passo è breve per una Puglia sempre più protagonista nel campo dell’innovazione. Le capsule della Virgin Galactic con sei passeggeri a bordo, più due di equipaggio, presto partiranno per lo spazio da Taranto-Grottaglie, ovvero dalla zona in cui attualmente sorge l’aeroporto “Marcello Arlotta”, per offrire la possibilità di osservare il nostro pianeta da un punto di vista fino ad oggi inedito per i non astronauti di professione. Nulla che ricordi i voli da Cape Canaveral, sia chiaro: a partire non saranno infatti razzi a decollo verticale, ma velivoli capaci di innalzarsi da una pista come normali aerei. La nascita del ”gate” pugliese è una tappa importante di un progetto che va avanti dal 2011, ossia da quando la Virgin – gruppo societario britannico che opera nel campo dei viaggi, dell’intrattenimento, dei media, della finanza e della telefonia mobile – ha inaugurato nel deserto statunitense del Nuovo Messico, lo “Spaceport America”, il primo aeroporto spaziale della storia, firmato dall’architetto britannico Norman Foster. Quello pugliese potrebbe infatti candidarsi ad essere l’unico spazioporto di Virgin Galactic fuori dagli Usa. A comunicare la notizia è stato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dopo che l’Enac (l’Ente nazionale aviazione civile) ha portato a termine la procedura di individuazione del sito più adatto. Si è arrivati alla scelta di Taranto-Grottaglie in quanto l’area è risultata rispondente ai criteri di selezione definiti da Altec, Asi ed Enac, parametri che vanno dalla lunghezza della pista alle aree di interdizione al volo, alla presenza di altri aeroporti nelle vicinanze.
La scelta della Puglia giunge a un anno è mezzo dall’accordo intercorso fra la Altec (azienda partecipata da Asi e Thales Alenia Space) e Virgin Galactic finalizzato alla costruzione di uno spazioporto in Italia, destinato ai voli suborbitali non solo a scopo di turismo ma anche per altre operazioni come test di nuove tecnologie, lancio di piccoli satelliti, addestramento per astronauti. Circa i tempi di apertura, le prime notizie parlano del 2020, data per la quale la Virgin potrebbe già far decollare un velivolo di fabbricazione italiana. E’ questo infatti – ha dichiarato Vincenzo Giorgio, amministratore delegato di Altec – uno degli obiettivi dell’importante collaborazione con la Virgin, oltre a quello della nascita di un polo di ricerca.
Naturalmente le strutture già esistenti a Grottaglie subiranno modifiche e adattamenti per renderle rispondenti alle esigenze di questa nuova frontiera del volo. Parallelamente occorrerà però garantire una copertura normativa all’iniziativa, attualmente del tutto estranea all’ordinamento italiano, che non disciplina lo spazio aereo oltre la quota ordinaria dei voli di linea, rendendo pertanto fuori norma le traiettorie suborbitali: a tal fine Enac e la Federal Aviation Administration americana stanno elaborando una normativa ispirata alle regole statunitensi.
Intanto Virgin Galactic prosegue con i suoi test sullo White Knight Two (vedi la foto in alto e il video seguente), il velivolo-madre dal quale – raggiunta l’altezza di 15 chilometri – si staccherà la aeronave SpaceShip Two in grado di portare a quota superiore ai 100 km fino a sei passeggeri più due di equipaggio. L’esperienza, dal decollo al rientro, dura 1 ora e quaranta minuti e permetterà di vedere il pianeta azzurro all’incirca come lo vedono gli astronauti delle stazioni orbitanti. Si rientra con lo SpaceShip Two che scende planando come un aliante nel punto da cui è decollato.
VIDEO | SPACESHIP TWO, TEST DI VOLO IN USA
Provare l’ebrezza del volo suborbitale – la cui caratteristica è di concludersi prima di aver percorso un’orbita intera – costerà la “modica” cifra di 250.000 dollari (circa 210.000 euro). Sebbene il servizio si annunci come una prerogativa ultra-elitaria, non bisogna trascurare – ha spiegato l’AD di Altec – tutto l’indotto industriale, terziario e scientifico, come l’incubazione di startup spaziali e la nascita di laboratori universitari impegnati nella ricerca aerospaziale.
Circa la gestione del nuovo spazioporto – ha concluso Giorgio – si stanno valutando vari modelli di business, fra i quali la creazione di una società mista che accanto a Virgin Galactic veda partecipi aziende e istituzioni italiane, come ad esempio Asi e Altec, e ciò con l’obiettivo di meglio radicare l’iniziativa nel contesto nazionale ed europeo e, se possibile, di abbattere il costo finale per gli utenti, fra i quali purtroppo non vedremo il compianto astrofisico Stephen Hawking che, com’è noto, si era candidato ad essere fra i primi a sperimentare il volo suborbitale a bordo di uno dei velivoli della Virgin Galactic.
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