SICILIA | Un prezioso capolavoro siciliano custodito al Museo Estense di Modena

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Presepe in corallo, argento dorato, rame, bronzo dorato di bottega siciliana, Trapani, XVIII sec. – Galleria Estense di Modena

Presepe in corallo, argento dorato, rame, bronzo dorato di bottega siciliana, Trapani, XVIII sec. – Galleria Estense di Modena

di Redazione FdS

La Redazione di Fame di Sud porge gli auguri di un Sereno Natale a tutti i lettori e lo fa con uno degli straordinari capolavori prodotti dall’artigianato siciliano del corallo. Si tratta dell’antico e splendido esemplare di Presepe in corallo, argento dorato, rame e bronzo dorato custodito presso la Galleria Estense di Modena. Da un documento del 1869 quest’opera  – risalente al XVIII secolo e proveniente da una bottega trapanese – risulta segnalata come parte dell’arredo del Palazzo Ducale di Modena. E’ senza dubbio una delle espressioni più raffinate dell’arte della lavorazione del corallo che a Trapani raggiunse il suo apice fra Sei e Settecento ma che già a partire dal ‘500 – grazie al metodo di lavorazione al bulino sviluppato dall’artista  Antonio Ciminello – riuscì a produrre sculture di piccole dimensioni in rosso corallo con risultati di estrema cura dei dettagli. Il Presepe custodito a Modena, capolavoro che riprende gli stilemi della pittura di paesaggio tipici del ‘700 nonché l’allegoria del Cristianesimo che prevale sul mondo pagano, ambienta il tema della Natività all’interno di un’architettura classica diruta nella cui ricostruzione l’uso del corallo e dei metalli (compreso il prezioso argento dorato) raggiunge livelli di incomparabile bellezza.

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Particolare del presepe in corallo, argento dorato, rame, bronzo dorato di bottega siciliana conservato presso la Galleria Estense di Modena – Trapani, XVIII sec.

L’arte della lavorazione del corallo, nella Trapani del XVII e XVIII secolo, ebbe applicazioni sia nella produzione di preziosi gioielli sia in quella di oggetti di uso liturgico o domestico. Una delle sue peculiarità fu appunto la combinazione fra il corallo e metalli come l’oro, il bronzo, il rame. Ma se questo fu il periodo di maggiore fioritura di tale arte, già molto tempo prima – nel XII secolo –  il viaggiatore arabo Idrisi, autore di celebri resoconti di viaggio e di mappe geografiche, magnificava la qualità del corallo siciliano. Ad attivare però una vera e propria industria locale fu la scoperta, nei primi decenni del ‘400, sia a Trapani sia a San Vito Lo Capo, di numerosi banchi di corallo. Famiglie di origine ebraica addirittura emigrarono dal Maghreb per dedicarsi in Sicilia alla lavorazione e alla commercializzazione del corallo che sarebbe poi finito sui mercati di tutta Italia. Il ruolo degli ebrei in quest’arte proseguì anche dopo la loro espulsione nel 1492 grazie ad alcuni esponenti della comunità convertitisi al cristianesimo i quali restarono a lavorare in Sicilia.

La pratica della raccolta del corallo, risulta peraltro segnalata nel mare di Trapani anche in epoca anteriore, quale oggetto di appositi Privilegi. A esercitarla erano i pescatori corallai che prendevano il mare con  i ligudelli, barche appositamente attrezzate con la ‘ngegna una grossa croce di legno a bracci uguali, zavorrata con massi di pietra, alla quale erano fissate reti adatte alla pesca del corallo. Oltre che alla lavorazione artigianale, il corallo era anche considerato un elemento naturale dotato divirtù apotropaiche e proprietà terapeutiche.

Nei primi decenni del ‘500 vennero scoperti lungo le coste della Spagna nuovi banchi di corallo, circostanza che andò ad incrementare ulteriormente l’arte trapanese con la realizzazione di opere sempre più complesse fino alla realizzazione di veri e propri capolavori come quello che qui vi presentiamo. Le maestranze impegnate in quest’arte erano di vario tipo: dai maestri corallari agli scultori; ai primi toccavano forme di lavorazione relativamente più semplici come la rimozione della patina arancione (cenosarco) con tenaglie, appositi raschietti in ferro e pietra molare, e la conseguente riduzione del corallo in piccole sfere poi bucate con il fusellino; queste erano destinate alla realizzazione di rosari, collane e bracciali. Gli scultori si applicavano invece su rami di corallo di maggiori dimensioni, ottenendo con il bulino vere e proprie piccole sculture o pregiati cammei.

Queste doti creative degli artigiani ed artisti trapanesi – fra cui presto cominciarono a distinguersi singole figure come quella di Matteo Bavera, un frate laico francescano –  attirarono l’attenzione di committenti importanti come il viceré di Sicilia che per il re Filippo II di Spagna fece realizzare nel 1570 una Montagna di corallo, purtroppo andata perduta; altri oggetti furono realizzati per essere donati in circostanze importanti, come il Capezzale con la Madonna di Trapani, di cui fatto omaggio a Vittorio Amedeo di Savoia in occasione dell’incoronazione avvenuta a Palermo nel 1713 ed ora esposto presso il Museo Interdisciplinare Regionale “Agostino Pepoli” di Trapani.

I Maestri trapanesi disposero di una prima tecnica per applicare sui loro lavori i tanti dettagli in corallo. Si trattava dell’antico metodo del retroincastro, consistente nel fissare appunto dal retro di una lamina di rame forata gli elementi in corallo avvalendosi di una speciale colla a base di pece, cera e tela, e ricoprendo poi il tutto (sempre nella parte porteriore) con un’altra lamina ornata talora con incisioni e punzonature. La superficie degli oggetti risultava così riccamente ricoperta di corallo secondo un tipo di decorazione arabo-islamica detta “a tappeto”. Alla fine del ‘600 si affermò invece la tecnica della cucitura del corallo per mezzo di fili metallici e piccoli perni, il cui unico neo era quello della maggiore facilità con cui gli elementi in corallo tendevano a staccarsi.

L’affinamento dell’arte della lavorazione del corallo stimolò inevitabilmente l’estro creativo dei maestri corallari di Trapani, che dal realizzare piccole sfere, “olivette” e virgole nel rosso materiale marino si spinsero a scolpire motivi vegetali e floreali sempre più ricercati, dettagli dalle linee complesse un tempo impensabili, trasferendo in questo campo forme e stilemi tipici del gusto barocco normalmente riscontrabili in pittura ed architettura. Ecco allora apparire i primi presepi, paliotti d’altare, calici da messa e i fantasiosi trionfi spesso ispirati ad opere architettoniche o alla pittura di paesaggio, proprio come il presepe estense del quale vi abbiamo parlato.

Questi meravigliosi manufatti divennero oggetto di un vero e proprio fenomeno di collezionismo in tutta Europa, diffusione che è all’origine della presenza di opere coralline trapanesi in numerosi musei, italiani ed esteri. In Italia uno dei musei più importanti è senza dubbio il Museo Pepoli di Trapani che dispone di una ricca sezione dedicata al corallo. Fra gli oggetti più pregevoli  non si può non ricordare la Lampada pensile realizzata nel ‘600 dal citato Matteo Bavera, ritenuto autore anche dello straordinario Crocifisso scolpito in un unico pezzo di corallo.

Come già altre forme di lavoro manuale creativo, anche l’arte del corallo ha conosciuto un lungo periodo di declino iniziato già un secolo fa con il progressivo abbandono dell’artigianato in Italia, ma da circa un trentennio si sta assistendo a Trapani ad un progressivo recupero di quest’arte, con una vera e propria riscoperta delle tecniche tradizionali, grazie alle quali si è tornati a produrre oggetti di grandissimo pregio.
 
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