“O campi, quando vi rivedrò! quando potrò,
ora fra i libri degli antichi,
ora nel sonno e nel riposo,
obliare dolcemente questa vita affaccendata!”
“O rus, quando ego te adspiciam! quandoque licebit,
Nunc veterum libris, nunc somno et intertibus horis
Ducere sollicitae jucunda oblivia vitae!”
(Orazio, Sarire – II, VI, 60-62, I° sec. a.C.)
“Oh, ammirerò mai rivedendoli,
dopo lungo tempo,
i confini della patria e il tetto della mia povera capanna fatto di zolle,
io dietro una spiga a contemplare il mio regno?
[…] Innesta ora, o Melibeo, i peri,
disponi in filari le viti.
Andate mie caprette, andate,
gregge un tempo felice.
Io non vi vedrò, d’ora in poi,
pendere di lontano da una rupe piena di cespugli,
sdraiato in un verde antro;
non canterò nessun carme;
o caprette, non brucherete sotto la mia guida di pastore
il citiso in fiore e i salici amari.”
“En umquam patrios
longo post tempore finis
pauperis èt tuguri congestum caespite culmen,
post aliquot, mea regna, videns
mirabor aristas?
[…] Insere nunc,
Meliboee, piros,
pone ordine vitis.
Ite meae, felix quondam pecus,
ite capellae.
Non ego vos posthac
viridi proiectus in antro
dumosa pendere procul
de rupe videbo;
carmina nulla canam;
non me pascente, capellae,
florentem cytisum et
salices carpetis amaras.”
(Virgilio, Bucoliche, I° sec. a.C.)