Le letture peripatetiche sull’infinito viaggiare tornano a respirare nei silenzi del Parco della Murgia materana. Torna a dialogare il paesaggio bucolico e selvaggio, tra lo scampanìo delle podoliche e lo sciabordìo dei torrenti delle gravine, con la voce di Giuseppe Cederna, l’Orfeo che incanta il suo gruppo di camminatori, verdi, sempre, nel cuore. A lui – attore, scrittore di viaggi e alpinista – il merito di aver armonizzato i testi di Kavafis, Leopardi, De Luca, Calvino con gli anfratti rupestri e le distese di grano, i boschi di Lucignano e la macchia mediterranea, gli oliveti secolari e la Selva Venusio, un esempio spettacolare di masseria fortificata, ancora tra le poche intatte, presidio di un ambiente agro-pastorale che tenacemente persevera nelle sue funzioni originarie.
La formula del trekking con l’autore, tra le passeggiate naturalistiche, assicura un benessere che dall’anima s’irradia al corpo, credetemi, senza far avvertire la fatica di quasi tre ore di cammino. E l’esplorazione rappresenta non solo una forma diretta di conoscenza, ma anche la più partecipata difesa dell’ambiente. Le escursioni originali e ispirate del progetto Naturarte (con rassegna fotografica degli eventi svolti), ideato da Luigi Esposito, in rete con tutti i Parchi della regione, comprendono visite ai luoghi di interesse naturalistico-ambientale, insieme alle ricchezze eno-gastronomiche e al patrimonio storico, antropologico e folclorico dei paesaggi identitari dell’area, nonché iniziative musicali, artistico-letterarie e fotografiche, proposte di turismo lento e riflessivo, che tocchi le zone meno antropizzate e ci lasci scoprire il piacere dell’osservazione della biodiversità.
“L’ambiente che ci circonda è colmo di meraviglie”, sottolinea Cederna, che ci fa dono di un testo bellissimo di Lanza del Vasto, vero Mahatma del sud. Non posso fare a meno di riportare il testo, così carico di suggestioni, autentico viatico per “attraversare” la natura, cambiando unità di misura dello sguardo. “Disegna l’insetto con passione e scrupolo. Un buon disegno è un atto di umiltà. Ricopia ogni corno, ogni barba, ogni pelo, la zampa d’erba, l’occhio di polline o di rugiada, il vetro molle e la metallica trina dell’ala, gli anelli d’oro limpido, i geroglifici della corazza simili ai caratteri di un testo indecifrabile. Pensa che anche di sotto e di dentro questo minuscolo gingillo gettato al vento è cesellato, dipinto, intarsiato, articolato, animato. Pensa che il mistero del creato, di cui la porta è una morte santa non è notte colma di nebbia e terrori, bensì gioiello d’estasi di questa specie, infinita filigrana di meraviglie.”
Oggetto di contemplazione estatica, l’insetto si fa, dunque, luogo di una teofania. Da vivere.
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