di Redazione FdS
Su una collina a circa 13 chilometri dal litorale dell’Alto Jonio cosentino, circondato da folti uliveti e dal bosco di Commaroso, sorge il piccolo borgo calabrese di Canna. Ottocento abitanti appena, un centro storico di origine medievale ma ricco di tracce rinascimentali, barocche e neoclassiche, il paesello si articola in un suggestivo intrico di vicoletti dove si respira l’atmosfera del tempo che fu. Una chiesa cinquecentesca intitolata all’Immacolata, con all’interno ancora l’antica decorazione, un pregiato fonte battesimale e alcune opere di artisti locali, e poi diversi palazzi storici, per lo più privati, di cui spiccano le facciate e gli stemmi nobiliari opera di scalpellini locali. Nel territorio si trovano diversi antichi mulini ad acqua lungo le sponde del torrente Canna, ma nel Palazzo Jelpo ne sopravvive uno a carbone risalente ai primissimi del ‘900.
Questo mulino si colloca all’interno del centro storico, in aderenza con il palazzo gentilizio oggi di proprietà comunale e denominato Palazzo delle Culture e dell’Ospitalità. Costruito nel 1800, apparteneva alla Famiglia Jelpo che, attorno al 1900, decise di arricchirlo costruendo in adiacenza il mulino. Nel suo interno si compone di impianti che oggi rappresentano pezzi storici. Dal mulino a palmento, a quello a cilindri, fino a quello a martelli.
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Il mulino è stato da poco restaurato e l’Amministrazione comunale di Canna ha deciso di farne un museo didattico volto a ricostruire un più saldo tessuto identitario, ristabilendo il legame fra cibo, territorio e identità culturale, temi che sono stati oggetto del dibattito svoltosi a Canna, lo scorso 21 agosto, per la inaugurazione dello storico mulino, alla presenza del Sindaco Giovanna Panarace, del fiduciario della Condotta Slow Food Pollino-Sibaritide-Arberia Lenin Montesanto e di Fortunato Amarelli, patron della storica azienda di liquirizia di Rossano e del bellissimo Museo aziendale ad essa annesso.
Torna così a vivere il mulino Jelpo, un simbolo delle tradizioni legate al mondo rurale, un luogo capace di raccontare una storia secolare tramandando ricordi di una vita semplice ma ricca di valori. I mulini erano infatti un tempo il motore dell’economia di una terra, quella calabrese, che ricca di fonti idriche sviluppava le sue aree industriali intorno ai canali d’acqua (come a Rossano, nella Valle del Celadi e a Corigliano, in quella del Pendino); con le farine ottenute dalla macina del grano antico, attraverso il prezioso lavoro dei mugnai, occupazione artigianale antichissima, si ottenevano pasta e prodotti da forno di qualità che se oggi non sono in via di estinzione, per sapore e proprietà, poco ci manca. Da qui la scelta dell’Amministrazione comunale di fare del mulino Jelpo un luogo ideale per rafforzare il sentimento di appartenenza e di tradizione nelle nuove generazioni.
Le sue macine hanno ricominciato a funzionare con la dimostrazione della molitura del grano, seguita dal dibattito sul tema “Cibo, territorio ed identità culturale”, conclusosi con l’auspicio dell’archeologa Sabrina Del Piano che il mulino Jelpo, “possa essere di stimolo al recupero di quelle sane abitudini alimentari che, lontane dai cibi standard imposti dalla globalizzazione, possano nel contempo essere sia un valido punto di ripartenza per un’alimentazione più armonica e genuina, sia per ricostituire un saldo tessuto identitario basato sulla rieducazione dei nostri palati a sapori e aromi sì del passato, ma proiettati verso il futuro.” Sono quindi stati preparati i prodotti derivati dalla farina e degustati i prodotti del territorio a conclusione di un evento patrocinato dal GAL Alto Jonio “Federico II” e dal Convivium Slow Food Pollino Sibaritide Arberia (per info sulle visite, contattare il Comune di Canna: Tel. 0981 934000).