Il giardino è annesso alla dimora del nobile capitano inglese sir Alexander Hardcastle, a cui si deve il primo significativo recupero del sito archeologico della Valle dei Templi
di Redazione FdS
Era il 1921 quando il cinquantenne Sir Alexander Hardcastle, capitano della British Navy, reduce dalle guerre coloniali inglesi, arrivò ad Agrigento, o meglio Girgenti, come allora ancora si chiamava l’antichissima città siciliana di origine greca. La sua grande passione per l’archeologia lo lasciò stupefatto davanti ai ruderi della Valle dei Templi che allora giacevano abbandonati, come del resto già erano apparsi a Goethe quasi due secoli prima. Decise così di trasferirsi in Sicilia: una scelta che fece la fortuna di questo luogo magico perché per dodici anni e con l’aiuto dell’archeologo Pirro Marconi profuse lavoro e risorse economiche nel recupero di quelle straordinarie rovine. Marconi fu l’unico a supportarlo, visto che il Ministro dell’Istruzione, il siciliano Giovanni Gentile, la Soprintendenza e il mondo intellettuale si mostrarono indifferenti se non diffidenti nei suoi confronti. Hardcastle tuttavia, da anticonformista, appassionato e vero mecenate qual era, andò avanti a dispetto di tutto e scelse anche di vivere a stretto contatto con gli scavi acquistando una villa posta lungo le mura dell’antica Akragas, fra il Tempio della Concordia e quello di Eracle. Chiamò quella dimora “Villa Aurea” in omaggio alla vicina Porta Aurea da cui nel 210 a.C. entrarono in città i soldati romani dopo un assedio durato sei mesi.
La Valle aveva bisogno di lui: gli “enormi rottami” – come li aveva definiti lo studioso siracusano Raffaele Politi nel 1826 – erano immersi nelle sterpaglie, fra greggi di pecore al pascolo, il cui ovile sorgeva accanto al tempio di Esculapio insieme a un’abitazione di campagna. Hardcastle portò l’elettricità e l’acqua nella Valle, fece disboscare, recuperare, scavare, pagò le maestranze locali, acquistò i terreni circostanti già finiti in mani private, come quelli vicini al tempio di Vulcano e al tempio dei Dioscuri. Insieme a Pirro Marconi riportò alla luce la cinta muraria orientale di Akragas e i resti delle fondamenta del tempio di Demetra intrappolati sotto una chiesa medievale e nel 1924 compì l’impresa più ardua, quella di rialzare le otto colonne del tempio di Eracle.
L’impegno di Hardcastle in quella straordinaria opera di recupero, gli valse finalmente, quale riconoscimento ufficiale del suo lavoro, una foto sulla prima pagina del The Times che lo ritraeva con quelle preziose colonne alle spalle. Per i suoi contributi all’archeologia della città fu anche nominato cittadino onorario di Agrigento e gli fu conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. Un momento di meritato successo che però arrivava mentre fra campagne di scavo e di restauro, riposizionamento di colonne e acquisto di terreni, Hardcastle aveva finito col dar fondo a tutti i suoi averi. La situazione fu aggravata dal crollo di Wall Street del 1929 e dal fallimento della sua banca di fiducia, eventi che lo lasciarono povero e in preda a una grave forma depressiva. Di quell’uomo energico e volitivo rimaneva infatti solo un’ombra dimessa vagante nella Valle.
Prima di finire nel manicomio di Agrigento – dove sarebbe morto il 27 giugno 1933 – Hardcastle riuscì almeno a vendere Villa Aurea allo Stato. Un gesto che tuttavia non sottrasse all’oblio il capitano inglese, oggi ricordato solo da un busto in bronzo collocato nel giardino di quella che un tempo era stata la sua casa. Finalmente però, restaurato e sistemato, da domenica 25 agosto quel giardino da egli voluto apre al pubblico quale splendido corollario della visita alla Valle dei Templi, mentre la villa già dal 2008 è sede di rappresentanza del Parco archeologico e ospita mostre temporanee e manifestazioni. L’ingresso al giardino è gratuito con il biglietto di accesso alla Valle dei Templi.
Il giardino di Villa Aurea, che in parte è realizzato sui resti di una necropoli paleocristiana con ipogei e tombe ancora visibili, offre un piacevole viaggio sensoriale nella macchia mediterranea, integrata da specie esotiche ed esemplari rari, come l’Eucalyptus erythrocorys, considerato unico nei giardini storici siciliani. Percorrendo i viali del giardino si scorgono resti archeologici tra siepi profumate di mirto, rosmarino e lavanda, mentre sullo sfondo sfilano i templi, la campagna agrigentina, coltivata a mandorli e olivi, e la pianura verso sud fino alle sponde del Mediterraneo.
E verso quegli stessi luoghi correva il pensiero di Alexander Hardcastle quando chiese di essere sepolto nel cimitero monumentale agrigentino di Bonamorone, vicino al muro di cinta dove volle fosse aperta una piccola finestra per poter osservare i “suoi” templi in eterno.
Chi volesse approfondire la figura di sir Alexander Hardcastle, può leggere Passionate Patron: THe Life of Alexander Hardcastle (Archaeopress, Oxford), biografia pubblicata in Inghilterra nel 2009 da Alexandra Richardson.
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