di Kasia Burney Gargiulo
C’è anche una brillante mente del Sud nel team di ricerca internazionale a cui si deve quella che in molti hanno gà definito la ‘scoperta del secolo’, ossia il rilevamento delle onde gravitazionali previste 100 anni fa da Albert Einstein nell’ambito della Teoria della Relatività Generale e finalmente catturate dai due osservatori statunitensi del progetto LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) con l‘importante collaborazione del gruppo di ricercatori italiani ed europei del progetto VIRGO. Si tratta di Pia Astone, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e docente di Fisica presso l’Università La Sapienza di Roma: dopo anni di ricerche in questo innovativo campo della fisica ha redatto, insieme ad altri 5 colleghi di varie nazionalità, l’articolo che sancisce la straordinaria scoperta, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Phisical Review Letters.
Nata a Napoli 55 anni fa da padre di Casoria (Na) e madre nata a Bari da genitori siciliani, Pia Astone ha studiato all’Università La Sapienza di Roma laureandosi con lode in Fisica, disciplina che l’ha vista subito impegnata come ricercatrice, ruolo che ama conciliare con la sua grande passione per il nuoto. E’ almeno dalla fine degli anni ’80 che la scienziata si occupa attivamente di onde gravitazionali iniziando a collaborare con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) nell’ambito del gruppo di ricerca ROG della Sezione di Roma. Nel ’90 ha vinto il concorso come ricercatrice all’Infn continuando a lavorare per il ROG quale responsabile della analisi dei dati e della collaborazione con l’Institute of Mathematics of Polish Academy of Sciences (facente capo al Prof. A. Krolak) per la ricerca di onde gravitazionali periodiche, da stelle di neutroni isolate. Una collaborazione, quella con i fisici polacchi, portata avanti per anni e sfociata in numerosi articoli nonché nell’ingresso dei suoi colleghi stranieri nel progetto VIRGO in corso di attuazione a Cascina, in Toscana, e protagonista della recente scoperta. Pia Astone è stata anche responsabile dell’accordo fra il gruppo ROG e l’AEI (Max Planck, Golm), per la ricerca di segnali da sorgenti periodiche isolate, accordo da cui è nata una lunga e proficua collaborazione. Nel 2001 ha quindi vinto il concorso come Primo ricercatore, ruolo che svolge presso la Sezione romana dell’Infn, dove tiene anche corsi di formazione.
Nel 2003 è finalmente iniziata l’entusiasmante esperienza del progetto VIRGO, che ad oggi rappresenta una delle punte di diamante della ricerca italiana e internazionale sulle onde gravitazionali. Continuando il lavoro già iniziato con il ROG, l’attività di Pia Astone si è concentrata sulla ricerca di segnali da sorgenti periodiche, sia quelle con parametri noti, come la pulsar “Vela”, sia quelle non note per le quali si effettua una ricerca cosiddetta ‘cieca’ estesa a tutto il cielo. La ricercatrice è responsabile sia della parte astronomica dei tools VIRGO che dello sviluppo di tecniche avanzate per la ricerca di sorgenti non note, così come dei tools di analisi contenenti le procedure di ripulitura dei dati da disturbi che ne limitano la sensibilità alle sorgenti periodiche; tali tools sono attualmente utilizzati anche dai suoi colleghi stranieri del gruppo LIGO, che li hanno inclusi nei software di analisi, così come dai fisici del gruppo “noise” del VIRGO, che si occupano di individuare disturbi che agiscono sulle macchine dell’esperimento nel dominio del tempo e in quello della frequenza. In particolare, fra il 2012 e il 2014 a Pia Astone è stato affidato il rilevante ruolo di coordinatore scientifico dell’esperimento VIRGO e di co-coordinatore scientifico del LIGO, incarico che l’ha vista in prima linea negli sviluppi più recenti della ricerca sulle onde gravitazionali.
ONDE GRAVITAZIONALI. PIA ASTONE: «UNA SCOPERTA DA DOPPIO NOBEL»
Non resta a questo punto da chiedersi che cosa la recente scoperta abbia consentito di conoscere dell’universo e quale sia il contributo degli scienziati italiani alla ricerca sulle onde gravitazionali.
Iniziamo col dire che si tratta della prima rilevazione strumentale in assoluto delle onde gravitazionali teorizzate un secolo fa da Einstein ed è stata materialmente compiuta dai ricercatori del LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), un doppio osservatorio costruito negli Stati Uniti, ad Hanford Site (Washington) e a Livingston (Louisiana). Dietro questa eccezionale conferma sperimentale c’è però anche il lungo e complesso lavoro dei ricercatori italiani e stranieri (francesi, polacchi, olandesi e ungheresi) del progetto VIRGO, un rilevatore del tutto simile a quelli americani che si trova a Cascina (Pisa) e così chiamato perchè studia gli effetti di supernovae e sistemi binari situati nell’ammasso di galassie della Vergine.
Da diversi anni gli scienziati che operano su tali rilevatori erano a caccia di quelle increspature che, come aveva previsto Einstein, si formano nella struttura quadridimensionale dell’Universo (spaziotempo) quando due masse si avvicinano ruotando vorticosamente le une attorno alle altre. Finalmente sono state catturate, e a produrle è stato un evento cosmico accaduto quasi un miliardo e mezzo di anni fa, quando sulla Terra comparvero le prime cellule evolute in grado di utilizzare l’ossigeno: a produrre l’evento, due buchi neri che hanno iniziato a ruotare per poi collidere ad una velocità di circa 150.000 km/s, ossia la metà della velocità della luce. Proprio la loro fusione è responsabile del prodursi delle onde gravitazionali che oggi siamo stati in grado di rilevare.
La possibilità che gli strumenti abbiano sbagliato – spiegano gli scienziati – è di una su 3 milioni e mezzo: quindi si tratta di risultati che hanno una certezza di 5,1 sigma, la stessa che pochi anni fa ha permesso di annunciare l’esistenza del Bosone di Higgs. In parole povere la fondatezza della scoperta è superiore al 99,9 per cento.
Se la pubblicazione e la divulgazione sono di questi ultimi giorni, le onde gravitazionali sono state rilevate il 14 settembre 2015, alle 10:50:45 ora italiana da entrambi gli strumenti americani nell’arco temporale di 10 millisecondi. Il rilevamento ha riguardato le onde gravitazionali prodotte nell’ultima frazione di secondo della fusione di due buchi neri con massa pari a circa 29 e 36 masse solari. Dalla collisione si è prodotto un unico buco nero ruotante di circa 62 masse solari: la differenza di 3 masse solari coincide con l’energia emessa sotto forma di onde gravitazionali.
Il sistema attuale di rilevamento di tali onde fa uso del laser, mentre un tempo si è utilizzata la tecnologia delle ”barre criogeniche” (barre di speciale metallo portate a temperature bassissime per renderle sensibili alle vibrazioni delle onde), di cui l’italiano Edoardo Amaldi è stato uno dei primi promotori al mondo. La ricerca di tali onde non è quindi materia di oggi, sebbene riuscire a trovarle – come spiega Pia Astone – sembrasse prima “una sfida impossibile, dato che, come affermava lo stesso Einstein, si tratta di segnali troppo deboli, cosa che in passato fece ritenere impossibile una loro rilevazione, ma alla fine ci siamo riusciti”.
“Finalmente – aggiunge la scienziata – possiamo osservare l’universo con occhi diversi. Non è un caso, infatti, che la prima misura diretta di ampiezza e fase delle onde gravitazionali sia stata accompagnata da un’altra importante scoperta, quella della fusione di un sistema binario di buchi neri”.
La collisione fra buchi neri non è tuttavia l’unico caso in cui si producono onde gravitazionali: esse si generano anche in presenza di altri eventi cosmici come l’esplosione di una supernova, la caduta di un corpo in un buco nero e da stelle di neutroni o pulsar ruotanti. Addirittura si producono anche sulla terra, ma sono decisamente troppo deboli: più è grande la massa e più è asimmetrico l’evento che le produce, più sono forti. Poiché tuttavia il segnale che ci arriva dalla sorgente rimane comunque molto debole, risulta piuttosto difficile riuscire a intercettarlo. Volendo fare un’analogia esemplificativa, possiamo immaginare le onde gravitazionali come le increspature di un sasso lanciato in un stagno che perdono di intensità quanto più si allontanano dal punto di caduta. Va detto però che la difficoltà del loro rilevamento diminuisce quanto più precisi sono gli strumenti impiegati. Devono essere infatti in grado di riconoscere modifiche di lunghezze dell’ordine di 10-23, cioè pari a 0,00000000000000000000001.
Per riuscire a rilevare tali deformazioni dello spazio-tempo è stato innanzitutto necessario utilizzare un “metro” che non subisse a sua volta deformazioni, ossia la velocità della luce. Muovendo dall’idea che se lo spazio tra due punti si dilata o si accorcia, varia anche il tempo che la luce impiega per andare da un punto all’altro, gli osservatori LIGO e VIRGO hanno pensato di utilizzare tunnel lunghi anche 4 chilometri al cui interno vengono ‘lanciati’ dei fasci laser per misurare gli infinitesimali cambiamenti di distanza tra le estremità dei tunnel. In presenza di onde gravitazionali, hanno luogo alterazioni che è possibile rilevare misurando in modo molto preciso se lo spazio tra le estremità dei tunnel si è dilatato o accorciato.
Come ha spiegato Fulvio Ricci, coordinatore italiano della collaborazione scientifica internazionale, “con questa scoperta si apre un nuovo capitolo dell’astronomia”. Importantissime sono infatti le sue ricadute per la scienza, dato che le onde gravitazionali sono un mezzo del tutto nuovo per accostarsi allo studio dei fenomeni cosmici, a cominciare dal Big Bang molti dei cui enigmi attendono ancora una risposta. “Le prospettive che si aprono adesso sono tante” – osserva Pia Astone – “abbiamo uno strumento molto potente per studiare l’universo, tanto che le scoperte che potrebbero portare al Nobel sono due: oltre alla conferma dell’esistenza delle onde gravitazionali abbiamo osservato per la prima volta l’impatto di due buchi neri di masse stellari che orbitano uno attorno all’altro, per formarne uno nuovo”.
Va ricordato come questo risultato sia il frutto di un lavoro d’equipe internazionale che ha visto coinvolti circa un migliaio di ricercatori. Quanto all’impegno tecnologico e di analisi dei dati svolto dal team italiano, Pia Astone ha sottolineato come questo risultato “sia il coronamento del lavoro di tanti anni di molte persone, lavoro svolto con il costante supporto dei nostri enti finanziatori, primo fra tutti l’INFN. Adesso proseguiremo il nostro lavoro, non più domandandoci se ce la faremo, ma piuttosto quale sarà la prossima sorgente che manderà un segnale sui nostri rivelatori. Noi siamo pronti”.
LA RICERCA CONTINUA: I PROTAGONISTI
Dopo questo grandissimo successo la ricerca sperimentale prosegue in quelli che sono i poli fondamentali per lo studio delle onde gravitazionali: il LIGO (i 2 rilevatori costruiti nel 2002 grazie al generoso sostegno della National Science Foundation) negli USA, il VIRGO nato in Toscana nel 2003 dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, il progetto LISA Pathfinder, missione dell’Agenzia Spaziale Europea che dal 2015 sta mettendo a punto le tecnologie utili alla futura missione spaziale che andrà alla ricerca di onde gravitazionali tramite tre satelliti in orbita terrestre, il progetto KAGRA (Kamioka Gravitational Wave Detector), in Giappone, che si aggiungerà alla rete nel 2018, e il progetto GEO in Germania.
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ONDE GRAVITAZIONALI – REGISTRAZIONE DEL LORO SUONO by LIGO
ONDE GRAVITAZIONALI – SIMULAZIONE GRAFICA by NASA (License)