Presente in diverse località della Calabria, una nuova stazione di questa elegante e rara felce dalle antichissime origini è stata individuata di recente sulla Catena Costiera, area ad alto tasso di biodiversità
Interrompendo per un attimo la consuetudine di pubblicare sul blog FAME DI BIODIVERSITA’ un suo articolo sul ricco e variegato mondo della biodiversità del Sud Italia, Domenico Puntillo ha scelto questa volta di ospitare un testo nel quale – rimanendo in tema – due naturalisti riferiscono del recente ritrovamento sulla Catena Costiera calabrese di una nuova stazione di Osmunda regalis, una specie di felce dalle origini antichissime che, per quanto riscontrabile in diverse località d’Italia, ha visto nel corso del tempo, e per varie ragioni, ridurre progressivamente la sua presenza fino a rischiare l’estinzione. Il nuovo sito in cui questa felce è stata rinvenuta è limitrofo all’area del Parco di Monte Caloria, posta nella parte settentrionale della Catena Costiera, in provincia di Cosenza. Gli autori del testo sono Agostino Brusco, Presidente di Amici della Terra – Calabria e Direttore delle Riserve naturali regionali del Lago di Tarsia e della Foce del Crati, e Marcellino Gallo Splendore, responsabile del Museo del Castagno di Fagnano Castello (Cosenza).
Una nuova piccola stazione di Osmunda regalis sulla Catena Costiera
di Agostino Brusco e Marcellino Gallo Splendore
Inquadramento del sito
La Catena Costiera è un comprensorio montuoso di notevole importanza ecosistemica, che si estende da nord a sud per un tratto di circa 70 km. A nord lo separa dall’Appennino Meridionale il Passo dello Scalone, mentre a sud è separato dall’Altopiano Silano dalla Valle del fiume Savuto. Rappresenta uno dei più importanti corridoi ecologici di interconnessione naturale tra il Pollino e la Sila, e si distingue per la sua bellezza unica e per una ricca biodiversità.
L’area del Parco di Monte Caloria, localizzata nella parte settentrionale della Catena Costiera tirrenica, si estende tutta intorno alla sommità del monte Caloria culminante a quota 1.183 metri s.l.m., nel territorio del comune di Fagnano Castello (Cs) e confina con i comuni di Cetraro, Acquappesa e Malvito ed è delimitata, rispettivamente a nord ed a sud, dal corso dei valloni Pedalino e Cupo. Oltre il monte Caloria le altre cime principali che ricadano nell’area destinata a Parco, sono il Cozzo del Campanaro (1.118 metri s.l.m.), il monte Stefano lo Zoppo (979 metri s.l.m.) e il Serra Cavallo (879 metri s.l.m.).
All’interno dell’area di Monte Caloria non vi sono morfologie di tipo particolare rispetto alle aree dell’Appennino meridionale. Di estrema importanza, invece, tale da suggerire da solo la creazione di un’area protetta, risulta il complesso “sistema” dei laghi naturali, unici nel loro genere in tutta la Calabria. I laghi ricadenti in quest’area della catena Costiera hanno dimensioni esigue. Uno di essi il lago Trifoglietti (mt. 1.048 s.l.m.) supera appena l’ettaro; il secondo, il lago dei Due Uomini (mt. 1.077 s.l.m.) sfiora la superficie di quasi due ettari. I più piccoli sono lago del Frassino (mt. 1.084 s.l.m.) e lago Fonnente (mt. 1.068 s.l.m.), tutti, con l’aggiunta del lago Paglia, posto ad un’altezza di 1.071 mt s.l.m., rientrano nel territorio del comune di Fagnano Castello; mentre il lago Pressico, posto ad un’altitudine di (962 mt s.l.m.), è localizzato nel comune di Cetraro e Pantano della Giumenta (mt. 752 s.l.m.) nel comune di Malvito. Anche se di piccole dimensioni questi laghi naturali assolvono ad un importantissimo compito conservazionistico ospitando una ricca e diversificata batracofauna [è quella parte della fauna costituita dagli Anfibi – NdR], presente con 11 delle 12 specie censite in Calabria, e questi li rende unici e strategici per la tutela di questa componente erpetologica in tutta la regione Calabria.
L’area del Parco di Monte Caloria di indiscutibile valore ambientale e naturalistico, è stata già oggetto di varie proposte istitutive, avanzate dall’Associazione di protezione ambientale “Amici della Terra” alla Regione Calabria. L’area di Monte Caloria, i Laghi di Fagnano e Pantano della Giumenta sono stati designati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (oggi MITE), ai sensi della Direttiva Comunitaria 92/43/CE “Habitat”, Zone Speciali di Conservazione della Rete Natura 2000.
Osmunda regalis: etimologia del nome
L’etimologia di Osmunda potrebbe risalire ad una antica lingua scandinava (il norreno). Il nome sarebbe composto da ass (dio) e da mund (protezione). Un’altra ipotesi è che l’etimologia potrebbe risalire al sassone Osmunder, variazione del norreno Asmundr, altro nome del dio del tuono Thor, figlio di Odino, a cui la pianta era dedicata. L’epiteto regalis deriva invece dal lat. rex, règis (re), quindi, regale per il suo portamento maestoso. In antichità le furono attribuiti altri nomi come Filix florida, Filix palustris, Filicastrum, Filix aquatica e Filix latifolia.
Osmunda regalis: uso terapeutico antico e moderno
Giuseppe Orosi [farmacologo italiano del XIX secolo – NdR] ci informa dell’uso medicinale: “L’Osmunda adoprasi contro le malattie scrofolose, ed i vermi. In tempi più recenti vantossi l’uso di queste felce contro la rachitide, amministrandola a dose giornaliera di circa 6 a 10 grammi, o come più vuolsi in infuso”. Lo stesso autore ci informa di un uso fitoalimurgico: “la Osmunda è assai feculenta, e se ne fece per questo, mista la sua farina agli ordinarj ingredienti, un materiale del pane in tempo di carestia”. Forse l’uso più importante era proprio quello contro il rachitismo tanto da far dedicare a questo argomento una tesi di laurea agli inizi del diciannovesimo secolo. Oggi viene ancora usata a livello terapeutico per le sue proprietà astringenti, diuretiche, toniche, purgative e vulnerarie.
Osmunda regalis: descrizione
Si tratta di una pianta erbacea perenne, cespugliosa, alta fino a due metri e provvista di fronde sterili e fertili. Quest’ultime sono dette “sporofilli”, cioè sono dotate di sporangi detti sori, che sono disposti in una “pannocchia” nella parte terminale delle fronde fertili. Le fronde sterili sono lisce e lucide, di colore verde intenso e hanno un bel portamento e circondano quelle fertili.
Origini e attuale distribuzione
L’Osmunda è una bella felce di notevoli dimensioni di origini molto antiche: risalirebbe al Terziario quando la vegetazione prevalente era da clima caldo-temperato-umido. È sopravvissuta insieme alla Woodwardia radicans, alla Pteris cretica e alla Pteris vittata allo sterminio delle glaciazioni quaternarie che hanno determinato la scomparsa di numerosi specie di felci e di altre piante andando ad occupare stazioni di rifugio con particolare condizioni microclimatiche (Pichi Sermolli, 1979). Per questo motivo a tale pianta sono stati assegnati gli attributi di “fossile vivente” e “relitto terziario”. La felce ha una distribuzione subcosmopolita. In Italia è presente in molte regioni (manca nelle regioni peninsulari del versante adriatico, in Friuli Venezia Giulia, Val d’Aosta e Umbria). In Calabria è abbastanza diffusa essendo presente nelle valli del Fiume Ancinale e dell’Alaco sulle Serre Calabre, sulla Catena Costiera presso il Lago Trifoglietti (Fagnano Castello). Un’ulteriore stazione è stata rinvenuta in un torrente nei pressi di Casabona nel crotonese (dati non pubblicati). L. Bernardo non riporta le stazioni con precisione ma per aree della Calabria (Catena Costiera, Medio Tirreno nella Valle del Corace, M. Poro-Vibonese, Aspromonte, Reggino).
Una nuova stazione di Osmunda regalis
Una nuova stazione di Osmunda regalis è stata rilevata sulla Catena Costiera, nel comune di Cetraro, ad un’altitudine di 970 mt. s.l.m. e a circa 700 metri dal Lago Trifoglietti, dove l’Osmunda forma un esteso popolamento. Il lago Trifoglietti è una torbiera in fase di interramento popolata da Briofite acquatiche che in associazione con piante palustri danno vita a questo importante ecosistema. L’ambiente è quello tipico di quest’area, con vegetazione arborea a faggio (Fagus sylvatica). Nel sottobosco diverse sorgenti danno vita a rigagnoli e piccoli ruscelli, che scendono verso valle, creando in molti casi ristagni e piccole aree paludose. La Osmunda è stata individuata lungo una sorgente che forma un acquitrino e che a sua volta da vita ad un ruscello, le cui acque confluiscono nel Lago Pressico. Anche in questo ambiente l’Osmunda vegeta in associazione con specie tipiche di zone umide ed in particolare con felci come la Felce maschio (Dryopteris filix-mas) e la Lonchite minore (Blechnum spicant). Per la rarità della specie si è ritenuto opportuno estenderne la conoscenza con questa nuova segnalazione.
Protezione e rischi estinzione
L’Osmunda regalis per lungo tempo è stata oggetto di raccolta indiscriminata, poiché le fibre dei rizomi e le zolle di terreno che l’avvolge venivano usate come terreno di coltura per la coltivazione delle Orchidee [detto appunto ‘osmunda’ – NdR]. Un’altra causa della sua rarefazione e conseguente riduzione di areale è dovuta al suo ciclo vegetativo molto lento. Per questi motivi la pianta è in pericolo di estinzione. Ai sensi dell’art. 2 della Legge regionale del 26 novembre 2001, n. 30, sono protette tutte le Pteridofite ovviamente compresa l’Osmunda regalis.
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Referenze bibliografiche
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