di Redazione FdS
Cerbiatti, cinghiali, lupi, arieti, un leone, un leopardo, un toro, si inseguono e si braccano animando una delle scene più dinamiche che si siano mai viste sui muri affrescati dell’antica Pompei. Protagonisti di un misterioso paesaggio naturale inquadrato alla base da una sorta di muro, verdeggiante di cespugli di edera e piccole palme e, ai lati, da festoni di foglie d’alloro disposti a mo’ di sipario, offrono uno spaccato di vita selvatica che sembra dialogare con la natura ”addomesticata” del giardino (viridarium) della domus dei Ceii, raro esempio di dimora antica di età tardo-sannitica (II sec. a.C.), la cui proprietà è stata attribuita al magistrato Lucius Ceius Secundus sulla base di una iscrizione elettorale dipinta sul prospetto esterno della casa. Il grande affresco domina infatti la parete di fondo del giardino della casa condividendo gli spazi con scene di paesaggi egittizzanti popolati di Pigmei e animali del Delta del Nilo raffigurati sulle pareti laterali. L’apparato iconografico a tema naturalistico si ispira a soggetti ricorrenti nella decorazione dei muri perimetrali dei giardini pompeiani, concepita al fine di ampliare illusionisticamente le dimensioni di tali spazi ed evocare all’interno degli stessi un’atmosfera idilliaca e suggestiva. In questo caso però, il tema dell’affresco, visto in rapporto alle altre pitture, testimonia anche un interesse specifico che il proprietario della domus doveva avere per il mondo egizio e il culto di Iside, particolarmente diffuso a Pompei negli ultimi anni di vita della città.
Come una pellicola sbiadita dal tempo e restaurata, finalmente questo affresco, come il resto dell’apparato decorativo, è tornato a riprendere vita, fulgore e vividezza, dopo che per anni – a causa della mancanza di una adeguata manutenzione e all’utilizzo di pratiche di restauro non idonee – si è assistito a un progressivo degrado e danneggiamento degli affreschi, soprattutto nelle parti basse dove maggiormente agisce l’umidità. Grazie ad un intervento molto complesso, diretto dalla restauratrice Stefania Giudice e realizzato con fondi ordinari del Parco Archeologico di Pompei, si è giunti ad una attenta pulitura della pellicola pittorica ricorrendo anche all’utilizzo del laser, che ha permesso di ripulire porzioni importanti dell’affresco, soprattutto nella parte relativa alla decorazione botanica. Le parti abrase del dipinto sono state recuperate attraverso un ritocco pittorico puntuale. Tutto l’ambiente è stato quindi chiuso per evitare in futuro infiltrazioni di acqua piovana e per preservarlo adeguatamente.
La Casa dei Ceii, scavata tra il 1913 e il 1914, presenta una facciata rivestita a riquadri in stucco bianco e un alto portale coronato da capitelli cubici, elementi esemplificativi dell’aspetto severo che doveva avere una casa di livello medio d’età tardo sannitica (II sec. a.C.). Al centro dell’atrio tetrastilo peculiare è la vasca dell’impluvio, realizzata con frammenti di anfore posti di taglio, secondo una tecnica diffusa in Grecia ma che Pompei trova solo un altro confronto nella casa della Caccia Antica.
La domus era stata già oggetto negli anni passati, nell’ambito del Grande progetto Pompei, di interventi di riqualificazione, regimentazione delle acque meteoriche e manutenzione delle coperture, resisi necessari a causa di una progressiva perdita di funzionalità delle stesse; condizione che negli anni stava esponendo ad un serio rischio di degrado gli ambienti sottostanti, caratterizzati da intonaci decorati e pavimenti di grande pregio. Nella dimora era stato inoltre riproposto parte del suo allestimento originario, con la ricollocazione del tavolo in marmo e della vera di pozzo nell’atrio, dove è anche visibile il calco di un armadio e il calco della porta di accesso della casa. Mentre nella cucina è visibile una piccola macina domestica.
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