Pompei ed Ercolano a luci rosse. La camera segreta del Museo Archeologico di Napoli

Scena erotica da Pompei, affresco, I sec. d.C.

Scena erotica da Pompei, affresco, I sec. d.C. – Ph. Marie-Lan Nguyen License

“Le strappai la tunica; trasparente non era di grande impaccio, ella tuttavia lottava per restarne coperta; ma poichè lottava come una che non vuole vincere, rimase vinta facilmente con la sua stessa complicità. Come, caduto il velo, stette davanti ai miei occhi, nell’intero corpo non apparve alcun difetto. Quali spalle, quali braccia vidi e toccai! La forma dei seni come fatta per le carezze! Come liscio il ventre sotto il petto sodo! Come lungo e perfetto il fianco, e giovanile la coscia. A cosa servono i dettagli? Non vidi nulla che non fosse degno di lode. E nuda la strinsi, aderente al mio corpo. Chi non conosce il resto? Stanchi ci acquietammo entrambi. Possano giungermi spesso pomeriggi come questo!”

Ovidio, Amores, I, 5 – I° sec. a.C.

di Redazione FdS

English_flag Qualche anno fa ci trovavamo di fronte ad una delle ville più famose di Pompei, la celebre Casa dei Vettii, e non potemmo fare a meno di sorridere di fronte all’imbarazzo di due coppie di adulti appena usciti da quello che poi scoprimmo essere un cubicolo custodente una statua di figura maschile con attributi sessuali di dimensioni spropositate. Con la complicità del custode, e per loro scelta, quei signori erano stati introdotti nell’oscuro regno di Priapo e ne erano usciti con la fronte imperlata di sudore e le guance arrossate. Capimmo allora che in materia di costumi sessuali gli esseri umani, almeno qui in Italia, in duemila anni hanno fatto parecchi passi indietro, vinti da una diffusa pruderie che impedisce ancora a molti di vivere con serenità la naturalezza del sesso. E al tempo stesso riflettemmo su quanto in luoghi come Pompei ed Ercolano – le due città campane immobilizzate nel tempo dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C – il sesso fosse invece una materia serenamente legata alla quotidianità delle persone già nel loro vivere sociale, come testimoniato dai numerosi bassorilievi a figura fallica presenti sui muri di molte case accompagnati dalla scritta “HIC HABITAT FELICITAS” (qui abita la felicità). Un approccio alla sessualità, quello degli antichi, dalle innumerevoli implicazioni –  fra cui, importantissime, quelle simboliche e rituali legate alle pratiche propiziatorie della fertilità o a quelle apotropaiche per attirarsi la buona sorte, oppure più semplicemente ludiche, frutto cioè di una visione disincantata del sesso quale espressione della umana gioia di vivere; aspetto quest’ultimo al quale i latini, e prima di loro i greci, dedicarono fiumi di letteratura, di cui la citazione ovidiana con cui abbiamo voluto aprire queste nostre riflessioni è un esempio fulgido e lampante.

Proprio muovendo dal tema del rapporto degli antichi con la sessualità, quella vissuta e, ancor più, con l’erotismo rappresentato, oggi vogliamo portarvi in un luogo di Napoli che non tutti conoscono, al centro di una controversa storia secolare che per certi versi farà sorridere molti di voi e che ancora una volta testimonia della conflittualità ideologica, e persino politica, che nel corso dei secoli più recenti ha connotato – almeno in certe parti d’Europa – il rapporto con la sessualità e l’erotismo. Parliamo del Gabinetto Segreto del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, custode di una delle più ricche collezioni al mondo di oggetti e immagini dipinte a tema esclusivamente erotico, provenienti proprio dalle antiche città della cinta vesuviana. Il Gabinetto si trova nel piano ammezzato del Museo, di cui occupa le sale 62 e 65.

La denominazione (a volte sintetizzata nel più misterioso acronimo G.S.) si deve ai Borboni, sovrani dell’allora Regno di Napoli, durante la cui reggenza avvennero le straordinarie scoperte archeologiche di Pompei ed Ercolano. Essi disposero che a quelle sale riservate, divenute nel tempo scrigno di una collezione ogni giorno più ricca, “avessero unicamente ingresso le persone di matura età e di conosciuta morale”. In realtà col passare del tempo, da questa cauta disponibilità a renderle visitabili, si passò ad un deciso ostracismo, come testimonia anche il cambiamento nella denominazione del luogo presto divenuto “Gabinetto degli oggetti osceni” o “pornografici”. In epoca tardo-borbonica si arrivò addirittura a dare a quegli oggetti una connotazione politica , ravvisando in essi il simbolo delle libertà civili e di espressione, e in quanto tali censurabili perchè politicamente pericolosi agli occhi del potere reazionario. Qualcuno addirittura propose di distruggere quegli innocui reperti in quanto “monumenti infami della gentilesca licenza” e “lascivissimi”, al fine di salvaguardare la buona reputazione della Casa Reale napoletana. Per fortuna l’allora direttore del Real Museo Borbonico riuscì ad ottenere che la collezione venisse chiusa ai visitatori o tutt’al più che ne fosse resa molto difficile la visita. Fu così che il portone di accesso venne fornito di ben tre serrature con altrettante chiavi, in possesso rispettivamente del direttore del museo, del custode e del real maggiordomo maggiore. La censura estrema ebbe però la meglio nel 1851 quando, dopo che vi furono rinchiuse anche tutte le Veneri ‘colpevoli’ semplicemente di essere nude,il Gabinetto fu definitivamente sigillato ed infine anche murato affinché “…se ne disperdesse per quanto possibile la funesta memoria”.

Come tutti i rivoluzionari che si rispettino, capaci cioè di guardare ai risvolti sociali e non solo politici delle loro imprese,  sarebbe stato Garibaldi a far togliere i sigilli al Gabinetto, ponendo così fine a quel grottesco e oscurantistico divieto. Giunto a Napoli, egli diede infatti subito l’ordine di rendere accessibile la sala “giornalmente al pubblico”. E delle famose tre chiavi, non trovandosi quella in dotazione alla casa reale, Garibaldi non esitò, tra lo sconcerto generale, ad ordinare di “scassinare le porte” (a testimoniare la verità storica dell’evento c’è un documento esposto in una vetrinetta all’ingresso della collezione). Con l’avvento dell’unità d’Italia e di Casa Savoia una nuova ondata di ottuso moralismo avrebbe colpito la collezione, pruderie che raggiunse il culmine durante il ventennio fascista, quando per visitare il Gabinetto occorreva il permesso del Ministro dell’Educazione Nazionale a Roma. Nel 1934 l’Alto Commissario per la città e la provincia di Napoli dispose infatti che: “tale sala, d’ordine superiore, per ragioni di moralità, può essere visitata soltanto dagli artisti, muniti di regolari documenti che ne attestino la professione e, di volta in volta, dalle personalità in visita ufficiale che ne facciano richiesta.” La censura non terminò col crollo del regime e cominciò ad allentarsi solo dopo il 1971 quando dal ministero furono impartite nuove regole per regolamentare le richieste di accesso alla sezione. Non lo si crederebbe, ma sono dovuti passare altri 30 anni perchè il Gabinetto Segreto fosse definitivamente aperto al pubblico, il che avvenne nell’aprile del 2000 dopo un completo riallestimento con criteri museali moderni.

Accedere oggi al Gabinetto Segreto è molto semplice: alla visita totalmente libera si è preferito – data la ristrettezza degli ambienti e l’ovvio forte afflusso di pubblico – un sistema di regolazione degli accessi sulla base di una prenotazione gratuita fatta lo stesso giorno della visita direttamente al banco informazioni. Unica limitazione rimasta è quella relativa ai minori di 14 anni per i quali si richiede l’accompagnamento da parte di persona adulta che si assume la responsabilità della visita.

Il nuovo allestimento dei reperti si è basato sulla loro provenienza e sui contesti originari. Dopo un cancello d’ingresso è possibile visitare un’antisala, un piccolo vestibolo e quattro sale interne che ripropongono i diversi ambiti “pompeiani”: la casa; il giardino; il lupanare (bordello); la strada. In tutti questi ambienti troviamo declinata la sessualità secondo lo sguardo degli antichi e in ambiti che vanno da quello riconducibile all’amore ed al piacere di coppia a quello religioso, da quello culturale al caricaturale, dal commerciale a quello magico e a quello funerario. Il tutto rappresentato da sculture in marmo, oggetti in bronzo, pitture, terracotte. Nel link qui di seguito trovate un’ampia selezione dei reperti del G.S.:

ENTRA NEL GABINETTO SEGRETO…LASCIANDO IL PUDORE FUORI DAL CANCELLO

L’aspetto erotico-amoroso è quello ravvisabile in oggetti ispirati all’amore ed al piacere di coppia, come ad es. dipinti ritrovati nelle stanze da letto o bassorilievi in marmo. L’aspetto religioso si riferisce soprattutto ai culti di Dioniso e di Priapo nei quali l’elemento sessuale – ricollegandosi tali riti ai cicli vegetativi e all’umana fertilità – occupa un posto di primissimo piano. L’aspetto culturale lo si ritrova soprattutto nei decori e negli arredi (affreschi, statue, rilievi) a soggetto erotico, destinati a impreziosire gli interni delle case o i giardini delle ville, i cui protagonisti sono divinità ed eroi ed altri personaggi mitologici. L’aspetto caricaturale lo si ritrova soprattutto in oggetti (vasi, affreschi, statuette in bronzo) provenienti da ambienti destinati al convivio in cui si voleva sollecitare l’ilarità degli ospiti. L’aspetto commerciale è invece ravvisabile soprattutto negli affreschi provenienti da “lupanari” (dal latino lupa = prostituta), ossia i bordelli romani (a Pompei ce n’erano 25) nei quali sono stati ritrovati affreschi pornografici di qualità artistica a dire il vero modesta (del resto era una forma di pittura popolare), che ritraggono scene di accoppiamenti in posizioni svariate spesso accompagnate da iscrizioni puramente descrittive o ironiche. L’aspetto magico della sessualità lo si riconosce soprattutto nell’uso del fallo (membro virile eretto) in funzione apotropaica (capace cioè di scongiurare gli influssi maligni) e di amuleto: lo ritroviamo spesso nei tintinnabula, ossia i sonagli in bronzo sospesi a catenelle agli ingressi delle case o delle botteghe con la funzione di preservarle e difenderle dal malocchio, dall’invidia e dalla mala sorte. L’aspetto funerario lo si ritrova soprattutto in alcuni cippi fallici di tombe, dove l’elemento sessuale sembra alludere ad una speranza di rinascita (in quanto la terra in cui si discende con la morte è un elemento femminile di fertilità, e non sarebbe possibile rinascere se venisse a mancare l’elemento maschile) o in figure disposte direttamente sui sarcofagi. Vi sono infine una serie di oggetti spurii, provenienti – udite udite – dalla grande collezione d’arte del cardinale Stefano Borgia, esposti in una apposita vetrina e composti da bronzetti, lucerne e statuette in pietra tenera, tutti a tema rigorosamente sessuale.

Quello che emerge dalla visita al Gabinetto Segreto del Museo di Napoli è l’immagine realistica di due città, Pompei e Ercolano, tappezzate – all’interno e all’esterno delle case – di immagini erotiche.  Ma abbiamo parlato delle molteplici valenze date al sesso dagli antichi per cui occorre guardare a questo patrimonio di immagini mettendo da parte quel genere di maliza che essi non conoscevano. E’ soprattutto importante tener presente che questi aspetti non facevano della società antica una collettività priva di valori morali: nella vita di tutti i giorni il rapporto fra i sessi era una cosa molto seria. Le donne, in particolare, erano considerate il fulcro della famiglia ed anche se escluse dal voto, partecipavano attivamente alla vita sociale. Anche se divorziare era tutto sommato abbastanza semplice, si attribuiva al matrimonio e alla famiglia una grande importanza sociale.  Basti pensare che lo stesso imperatore Augusto non esitò ad esiliare, sull’isola di Ventotene, la sua unica figlia Giulia, accusata di immoralità, per applicare una sua legge sugli adulteri, che mirava a risanare la morale pubblica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

APPROFONDIMENTI:

Michael GrantEros a Pompei. Il Gabinetto Segreto del Museo di Napoli – Foto di Antonia Mulas – Mondadori – 1974
Stefano De Caro (a cura di) – Il gabinetto segreto del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Guida alla collezione) – Electa – 2000
Antonio VaroneL’erotismo a Pompei – L’Erma di Bretschneider – 2000
Sergio Rinaldo TufiPompei. La vita quotidiana – Giunti – 2003
Laura JacobelliLe pitture erotiche delle Terme Suburbane di Pompei – L’Erma di Bretschneider – 1995
Catherine JohnsL’eros dans l’art antique. Sexe ou symbole ? –  Gremese International – 1993
 

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnalati *

*

Torna su