di Redazione FdS
Grazie all’idea geniale avuta nel 1863 dall’archeologo Giuseppe Fiorelli, quella cioè di ricavare dei calchi in gesso dalle cavità lasciate nella lava e nel fango dai corpi umani delle vittime dell’eruzione vesuviana del 79 d.C., l’antica città torna ad emozionarci restituendoci una nuova “istantanea” di quei drammatici momenti. Con questa tecnica, nelle scorse settimane sono stati recuperati i corpi di due uomini, un quarantenne avvolto in un mantello di lana e il suo giovane schiavo. Il primo è ben messo, ben vestito, mentre l’altro, pur mostrando un’età di 18-20 anni, ha ossa che denunciano anni di fatiche fisiche. Entrambi sono stati ritrovati distesi in quel momento estremo in cui con la vita scompaiono anche le distanze sociali.
Il ritrovamento è avvenuto a poca distanza dalle mura cittadine, presso la villa suburbana di Civita Giuliana nota come la Domus del Sauro Bardato, una lussuosa tenuta di epoca augustea con saloni e terrazze affacciate con splendida vista sul mare nelle cui stalle gli archeologi del Parco trovarono nel 2017 i resti di tre cavalli di razza, uno addirittura bardato con una raffinata sella in legno e bronzo e scintillanti finimenti, quasi fosse stato preparato per l’imminente uscita del padrone, che probabilmente fu un comandante militare o un alto magistrato, forse un esponente dei Mummii, blasonata famiglia romana dell’epoca imperiale, ipotesi suggerita dal ritrovamento nella stessa villa dei resti di un muro affrescato con il nome graffito di una fanciulla, la piccola Mummia.
“Si tratta di una scoperta davvero eccezionale – ha dichiarato il direttore del parco Massimo Osanna – perché per la prima volta dopo più di 150 anni dal primo impiego della tecnica è stato possibile non solo realizzare calchi perfettamente riusciti delle vittime, ma anche indagare e documentare con nuove tecnologie le cose che avevano con sé nell’attimo in cui sono stati investiti e uccisi dai vapori bollenti dell’eruzione, cioè un manufatto in lana, forse un altro mantello, forse una coperta”. In particolare questi ultimi elementi sembrano rafforzare ulteriormente la recente nuova proposta di datazione dell’evento eruttivo, ossia il mese di ottobre del 79 d.C. I primi studi sembrano infatti aver già individuato il momento della fine per le due vittime, nel secondo giorno dell’eruzione, la mattina del 25 ottobre.
La indagini intanto continuano nel tentativo di comprendere meglio lo scenario in cui si è consumata la tragedia dei due uomini. Certo il contesto prima dell’eruzione dovette essere spettacolare, trattandosi di una villa posta subito fuori dalle mura della città, con rigogliose terrazze e giardini digradanti da cui si poteva godere la incantevole vista del golfo di Napoli e di Capri. Provvista di decine di ambienti diversi, con sale di rappresentanza accanto a signorili stanze da letto, la villa disponeva anche di un attrezzato quartiere di servizio , con l’aia, i magazzini per l’olio e per il vino e ampi terreni coltivati.
Il luogo non era ignoto agli archeologi risalendo i primi scavi al 1907-1908 ad opera del marchese Giovanni Imperiali, proprietario del terreno, che però fu alquanto sbrigativo nelle sue ricerche, facendo presto interrare gli ambienti senza peraltro lasciare una adeguata documentazione. Gli scavi in corso nonostante la pandemia e interamente finanziati dal Parco di Pompei con 1 milione di euro, vedono coinvolta anche la Procura di Torre Annunziata e i carabinieri allo scopo di bloccare i tombaroli, già molto attivi in questo sito. Dopo l’indagine nelle stalle, da gennaio 2020 si sta scavando intorno al lunghissimo criptoportico edificato sotto ad una delle grandi terrazze. “Siamo stati fortunati – afferma Osanna, “perché il vano nel quale abbiamo ritrovato i corpi dei due uomini era sfuggito sia agli scavi dei primi del Novecento, sia ai tombaroli: una trincea realizzata dai tombaroli passava praticamente accanto ai piedi di una delle due vittime“.
Rimane per ora il mistero della loro identità, “ma adesso – ha concluso Osanna – è fondamentale proseguire gli scavi. Ci vorrà del tempo, ma alla fine anche la tenuta del Sauro Bardato, come pure la Villa di Diomede i cui lavori si concluderanno in primavera, potrà aprire al pubblico con tutte le sue affascinanti storie”.
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