di Redazione FdS
Uno dei motivi del grande fascino che Pompei esercita da sempre sulla gente comune di tutto il mondo è scoprire, tra le migliaia di reperti emersi in circa tre secoli di scavi, oggetti che – al di là del diverso contesto culturale – spesso rimandano a usi e abitudini non dissimili dai nostri; manufatti in cui riecheggiano momenti di quella vita quotidiana nella quale risiede il volto più umano e toccante, per noi più facilmente riconoscibile, dell’antica città distrutta dalla furia del Vesuvio nel 79 d.C. È quanto tornato a riemergere in piccoli ambienti arredati rinvenuti attorno al sontuoso larario con raffigurato un ”giardino incantato”, già scavato nel 2018 durante interventi di manutenzione dei fronti di scavo nella Regio V. È la vita di Pompei che riaffiora, colta negli ultimi istanti rimasti cristallizzati in arredi sconquassati dall’eruzione. Piatti, vasi, anfore, oggetti in vetro e terracotta lasciati in bauli e armadi, abbandonati frettolosamente durante la catastrofe e recuperati oggi con gli strumenti dello scavo stratigrafico. Ma anche oggetti meno documentati come un prezioso bruciaprofumi decorato, e il gruppo unico di sette tavolette cerate raccolte da un cordino, di cui è stato possibile realizzare un calco.
La scoperta è stata fatta nell’area nord nella Regio V, uno dei grandi quartieri della città antica già interessata da scavi nel 2018, nel corso dei quali, come già accennato, è stato ritrovato un lussuoso larario riccamente decorato; un ambiente adibito al culto, che presenta su una parete una nicchia sacra ai “Lari”, numi tutelari della casa, con al di sotto due grandi serpenti “agatodemoni”, simbolo di prosperità e buon auspicio e, tutt’intorno, pareti dipinte con paesaggi idilliaci e una lussureggiante natura con piante e uccelli e su un lato una intera parete con scene di caccia su fondo rosso. Nel 2021 un nuovo progetto di scavo e di restauro ha previsto l’estensione dell’indagine archeologica negli ambienti superiori al primo livello e quelli del piano terra, posti di fronte al larario, addivenendo alla scoperta di stanze (due sopra e due sotto) che celavano ancora diversi arredi, di cui è stato possibile realizzare i calchi, e di oggetti di uso quotidiano.
Dall’indagine svolta si è dedotto trattarsi di una abitazione riconducibile al ceto medio pompeiano, “un ceto vulnerabile durante crisi politiche e carestie, ma anche ambizioso di salire sulla scala sociale” – spiega il Direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel. “Nella casa del Larario – aggiunge – si riuscì a far adornare il cortile con il larario e con la vasca per la cisterna con pitture eccezionali, ma evidentemente i mezzi non bastavano per decorare le cinque stanze della casa, una delle quali fungeva da deposito. Nelle altre stanze, due al piano superiore e raggiungibili tramite un soppalco, abbiamo trovato un misto di oggetti, alcuni di materiali preziosi come il bronzo e il vetro, altri di uso quotidiano. I mobili di legno di cui è stato possibile eseguire dei calchi sono di estrema semplicità. Non conosciamo gli abitanti della casa ma sicuramente la cultura dell’ozio a cui si ispira la meravigliosa decorazione del cortile per loro era più un futuro che sognavano che una realtà vissuta.”
LA STANZA DA LETTO
Per quanto riguarda gli ambienti sottostanti, è stato possibile recuperare innanzitutto l’intero arredo di una stanza, in quanto i vuoti creatisi in fase di scavo nella cinerite, hanno consentito l’esecuzione dei calchi del mobilio (la tecnica prevede che il gesso liquido venga versato nei vuoti restituendo le forme degli oggetti o dei corpi, una volta consolidatosi). La stanza presenta un letto, di cui si conservano parti del telaio, nonché il volume del cuscino, di cui è ancora visibile la trama del tessuto. La tipologia del letto è identica a quella dei tre letti scoperti l’anno scorso nella villa di Civita Giuliana nella “Stanza degli schiavi”: si tratta di una brandina estremamente semplice, priva di elementi di decorazione, smontabile e senza materasso; ci si stendeva su una rete di corde, delle quali si conservano tracce nel calco realizzato, e su un tessuto poggiato al di sopra di essa.
Accanto ad esso un baule ligneo bipartito, lasciato aperto nel momento della fuga e su cui sono crollati travi e tavole del solaio soprastante. Il baule conservava un piattino in sigillata ed una lucerna a doppio beccuccio con bassorilievo raffigurante la trasformazione di Zeus in aquila. Accanto al baule, un tavolino circolare a tre piedi con sopra ancora una coppa in ceramica contenente due ampolline in vetro, un piattino in sigillata ed un altro piattino in vetro. Ai piedi del tavolino, un’ampolla in vetro e brocchette ed anforette che testimoniano un uso quotidiano della stanza. Il mobilio e le forme ceramiche sono stati trovati nella posizione in cui dovevano essere nel momento della fuga, restituendoci una fotografia di quell’istante [ per i singoli oggetti v. photo gallery seguente].
IL DEPOSITO CON L’ARMADIO LIGNEO
L’altro ambiente di scavo sembrerebbe essere un locale deposito o magazzino. È l’unico degli ambienti a non avere le pareti intonacate ed anche il piano pavimentale è semplice terreno battuto. È stato possibile realizzare due calchi, di cui uno ha restituito la forma appena percepibile di uno scaffale in cui l’anforame era stipato, mentre il secondo ha restituito un cumulo di fasciame ligneo legato da corde, ovvero assi di legno di essenze diverse, con diverso taglio e rifiniture, probabilmente per usi disparati, dal mobilio a lavori di riparazione su edifici domestici e di servizio.
L’armadio ligneo
Del tutto sorprendente è invece ciò che è stato possibile recuperare all’esterno dell’ambiente, nell’angolo sud del breve disimpegno, di fronte alla cucina. Conservatosi all’interno della cinerite, si è messo in luce un armadio ligneo con almeno quattro ante. La parte superiore del mobile e gli sportelli anteriori sono risultati compromessi dal crollo del solaio soprastante, con tegole, pavimenti ed intonaci che ne hanno sventrato i livelli superiori di cui però sono comunque percepibili le forme sul muro retrostante. Si tratta di un mobile di circa 2 m di altezza, con almeno cinque ripiani. Su quello più in alto sono stati rinvenuti brocchette, anforette e piatti in vetro, mentre è tuttora in corso lo scavo dei livelli inferiori.
GLI AMBIENTI DEL PIANO SUPERIORE
Gli ambienti superiori sono stati scavati per prima, tuttavia i materiali rinvenuti sono stati prevalentemente ritrovati in fase di caduta nella volumetria degli ambienti sottostanti. Tra questi di gran valore documentario è il piccolo calco delle tavolette cerate. Un unicum per la tipologia di ritrovamento, di cui è stato possibile realizzare un primo esemplare di calco che ne consente la perfetta restituzione della volumetria e dei dettagli. Si tratta di un gruppo di sette trittici, legati tra essi da un cordino sia in senso orizzontale che verticale. Il polittico doveva probabilmente essere conservato su qualche scaffale, unitamente ad altri oggetti in ceramica e in bronzo. Contenute all’interno di un grosso armadio, crollato durante l’eruzione, sono inoltre state recuperate diverse forme ceramiche d’uso comune, da cucina e da mensa, ma anche forme in sigillata (tipo di ceramica romana fine da mensa) ed in vetro, molto ben conservate. A queste si affianca un piccolo set di forme in bronzo, tra cui spicca una ben conservata pelvis (bacile) con fondo perlinato ed anse con attacchi a palmette. Con essa anche due brocche bronzee, una delle quali con ansa con applique sormontante a forma di sfinge ed attacco inferiore a testa leonina. Oltre alle forme metalliche, anche il ritrovamento di un bruciaprofumi in forma di culla, in ottimo stato conservativo, con la decorazione pittorica policroma perfettamente conservata che ancora mostra i dettagli di labbra, barba e capigliatura del soggetto maschile e decorazione geometrica sull’esterno.
L’AMBIENTE ALLE SPALLE DELLA DOMUS DEL LARARIO
Alle spalle della Domus del Larario, infine, è stato indagato un ambiente pertinente ad un’altra unità abitativa, che ha restituito il parziale crollo del controsoffitto in cui, attraverso la tecnica dei calchi in gesso, è stato possibile recuperare il volume dettagliato dell’incannucciata contenuta nel cuore della malta del controsoffitto. Sono visibili i diversi fasci di sottili cannucce, legate tra loro da un sottile cordino e rivestite da una garza che le isolava dalla malta umida.
Con la medesima tecnica, è stato successivamente possibile ottenere i calchi di ciò che al momento sembra una boiserie lungo le pareti nord, est e sud della stanza. Alcuni pannelli presentano una decorazione incisa a cassettoni mentre altri restituiscono una decorazione ad intarsio con l’inserimento di piccoli e sottili elementi in osso, alcuni dei quali fortunatamente ancora nella loro collocazione originaria.
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