di Enzo Garofalo
Venuti meno due appuntamenti della Stagione 2014 del Teatro Petruzzelli di Bari – il “Trittico” di Puccini e la “Lucia di Lammermoor” di Donizetti – dopo il taglio di 3 milioni di euro imposto dal CdA della Fondazione Lirica in sede di revisione del bilancio preventivo, il teatro più importante di Puglia, nonché uno dei più importanti d’Italia, si trova nella condizione di fare di necessità virtù e di ripensare il futuro delle sue attività in funzione dei budget più ridotti oggi a disposizione. Una spending review che forse a molti non piacerà – perchè mette fuori gioco le produzioni “col botto”, quelle in cui a volte conta più la presenza di “nomi” dispendiosi che non la reale capacità di attrarre pubblico e soprattutto di costruire con esso un rapporto di fedeltà – ma che oggi si rende necessaria, soprattutto se pensiamo che il teatro barese viene da una “stagione” (mi riferisco a quella pre-commissariamento) in cui fare il passo più lungo della gamba era praticamente la norma. Un periodo, quello, che ha innegabilmente dato alla città importanti produzioni, ma nel corso del quale si è seminato poco per quel futuro che oggi è diventato il nostro presente. Quindi si cambia registro, e di questo sembra essere fermamente convinto il nuovo Soprintendente Massimo Biscardi al quale è toccata la “patata bollente” di un teatro che deve ripensare se stesso a 360 gradi. Di ciò si è innanzitutto parlato stamattina nella conferenza stampa con la quale è stato presentato il prossimo titolo operistico in cartellone, al debutto il 13 settembre, e cioè “Il Cappello di paglia di Firenze”, capolavoro musicale di Nino Rota.
Prima di presentare cast e maestranze di questa produzione, Biscardi si è infatti soffermato proprio sul futuro del Petruzzelli sottolineando la necessità che il Teatro “si presenti con le carte in regola ai fini dell’attuazione del progetto Bray, il piano pluriennale di risanamento delle Fondazioni Liriche a suo tempo disposto dall’ex ministro dei Beni Culturali. Mi auguro che tutti i nostri partner appoggino il teatro affinchè riesca a conseguire i requisiti necessari per rientrare in tale piano. Evitando di girare intorno al problema, dico più in generale che occorre porre attenzione ai conti nella maniera più equilibrata possibile in modo da tutelare la stabilità del teatro e quella del lavoro di quanti sono quotidianamente impegnati nelle attività del Petruzzelli. Sono convinto che se si lavora tutti insieme per lo stesso fine, ci siano le condizioni perchè questo teatro possa affrontare il 2015 con le carte in regola.”
Dal piano amministrativo il discorso si è poi spostato su quello più strettamente artistico, peraltro non disgiunto dal primo: “In tanti anni di carriera – ha dichiarato Biscardi – l’obiettivo principale che mi sono posto è stato sempre quello di ricercare la qualità, spesso riscoprendo e riproponendo opere che per un qualche inesplicabile motivo sono state nel tempo accantonate – penso a composizioni come la “Loreley” o “La Wally” di Catalani – una scelta che si potrebbe intraprendere anche al Petruzzelli, conciliando la qualità musicale con proposte meno scontate. E poi c’è il problema della formazione di un nuovo pubblico per il teatro d’opera. Occorre fare qualcosa per evitare che l’interesse verso questo tipo di offerta culturale finisca con l’estinguersi. Bisogna prendere atto che a Bari l’incendio del vecchio Petruzzelli ha creato un vuoto che ha colpito un’intera generazione, vuoto che ora bisogna colmare. Quando mi sono occupato del Teatro di Cagliari – ha spiegato il Soprintendente – sono partito da una situazione simile, ma sono riuscito a coltivare un rapporto col pubblico di cui oggi si vedono i risultati, come puntualmente mi viene riferito da chi è arrivato dopo di me. Proporrò al CdA della Fondazione Petruzzelli un percorso graduale per conquistare spettatori sempre più giovani, ed ho già iniziato a procedere in tal senso inserendo in cartellone uno spettacolo per i ragazzi dedicato alla fiaba di Re Artù. E’ un modo per cominciare a invogliare il pubblico di una fascia di età solitamente trascurata in Italia, al contrario di quello che normalmente succede all’estero.”
La parola è quindi passata alla regista Elena Barbalich che ha giustamente esaltato il valore musicale e drammaturgico di un’opera come “Il cappello di paglia di Firenze” di Nino Rota, prossima al debutto, definendola “un vero capolavoro che meriterebbe di essere inserita a pieno titolo nel grande repertorio del teatro d’opera”. In effetti se questo lavoro del celebre compositore milanese gode da tempo di una crescente attenzione all’estero, in Italia continua ad essere proposto con una parsimonia che è tanto più inspiegabile quanto più si consideri che si tratta di un vero e proprio ‘fuoco d’artifico’ musicale, una di quelle opere che riesce a reggersi in piedi ed a conquistare il pubblico anche con allestimenti senza grandi pretese. “Per la prossima messa in scena barese – ha spiegato la regista – io e lo scenografo e costumista Tommaso Lagattolla [artista di grande talento in organico al Teatro Petruzzelli ma impegnato anche in altri teatri nazionali ed esteri – NdR] ci siamo lasciati ispirare dal Cinema degli anni ’20, in particolare quello del francese René Clair, a sua volta autore del celebre “Un chapeau de paille d’Italie” girato nel 1928 e basato sull’omonimo vaudeville di Labiche così come l’opera di Rota. Non ci siamo però soffermati solo su questo film, più in generale abbiamo tenuto in considerazione tutti i lavori cinematografici di Clair che in qualche modo risultano vicini alle avanguardie artistiche del suo tempo. Il nostro intento è stato infatti quello di ambientare la surreale storia di quest’opera in una sorta di spazio astratto. Anche la stessa recitazione degli interpreti è stata impostata secondo canoni non naturalistici e in tal senso l‘attenzione verso il cinema muto dell’epoca è risultata molto utile.“
Riferendosi invece al rapporto fra musica ed azione scenica, Barbalich ha sottolineato come l’intento principale sia stato quello di “trasferire sulla scena il ritmo serrato della musica e del libretto” ed ancora una volta ecco giungere in soccorso il riferimento al cinema: “Film come ‘Metropolis’ o ‘Tempi moderni’, insieme a diversi altri, hanno rappresentato una ottima fonte di ispirazione”.
Un cast di giovani interpreti (alcuni sono al loro debutto), con qualche eccezione, darà quindi vita alle peripezie di Fadinard e della sua amata Elena, il cui matrimonio è messo in pericolo dalla necessità di trovare a tutti i costi, e subito, un nuovo cappello di paglia di Firenze che sostituisca quello mangiucchiato dal cavallo del futuro sposo. Un’urgenza dettata dall’appartenenza dell’oggetto a una donna, Anaide, sorpresa dall’evento mentre era in dolce conversazione con il suo amante Emilio. Tornare a casa senza quel cappello sarebbe stato infatti per suo marito Beaupertuis motivo di sospetto e quindi di incontrollabile gelosia. Il resto della trama lo lascio alla scoperta di quanti vorranno seguire il consiglio di non perdere un’opera davvero scoppiettante, da ogni punto di vista.
“Quella di Rota – ha dichiarato il direttore d’orchestra Giuseppe La Malfa – è una musica fortemente descrittiva che riesce a sottolineare situazioni e sentimenti con un’efficacia davvero incredibile. Anche i fenomeni atmosferici prendono forma musicale, con soluzioni che denotano la straordinaria sapienza del compositore. Per me è davvero un’onore cimentarmi con la direzione di quest’opera legata ad un autore che per la musica a Bari è stato un vero nume tutelare. Io non ho avuto modo di conoscerlo direttamente, se non altro per motivi anagrafici, ma ne ho sempre sentito parlare con trasporto e ammirazione incondizionata dal mio maestro di composizione Ottavio De Lillo che è stato suo allievo al Conservatorio Piccinni di Bari, gloriosamente diretto da Rota per decenni. Del resto tutti coloro che lo hanno conosciuto ne conservano un ricordo indelebile, come di un incontro cruciale per la propria vita. In questa esperienza che mi accingo a vivere nei prossimi giorni sarò supportato da un’orchestra di grande valore, composta per lo più da maestri giovanissimi ed ormai avviata verso una sempre maggiore crescita.”
Viste le premesse da cui siamo partiti, non poteva non capitare – in conclusione di conferenza stampa – una domanda sui costi di questa produzione; domanda alla quale il Soprintendente Biscardi ha risposto spiegando che – a differenza delle due opere cancellate, “richiedenti allestimenti particolarmente costosi” – si tratta di “un’operazione low cost , dato che l’opera in questione è già andata in scena nel circuito AsLiCo ed inoltre perchè si avvale di interpreti molto giovani, i cui cachet incidono sulle spese in misura di gran lunga inferiore a quella di cantanti particolarmente affermati”. Interpellato poi anche sul destino del rapporto con l’attuale compositore in residence Fabio Vacchi, Biscardi ha affermato che “collaborerà col teatro per altri due anni, come prevede un contratto che sicuramente intendiamo onorare. Per il futuro si vedrà. Sarà il CdA a decidere. Normalmente un compositore in residence rimane solo per un periodo, ammesso che un teatro ritenga necessario averne uno. A prescindere da questo, mi fa piacere comunicare che per i prossimi concerti sinfonici avremo comunque lavori di altri compositori viventi, almeno uno per ogni concerto.”
Biscardi ha quindi salutato il pubblico esponendo un suo ulteriore proposito/auspicio, quello di “prendere a modello, per il Teatro Petruzzelli, il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca.” “Ci sarà un motivo – ha spiegato – se artisti che normalmente chiedono 8-10 mila euro a recita accettano di cantare a Martina per molto meno! La ragione è che questo Festival è riuscito a rendersi attrattivo grazie alle scelte artistiche ed organizzative compiute, e ciò a dispetto delle difficoltà da cui neppure esso è rimasto immune. Ebbene, anche il Petruzzelli ha le potenzialità per riuscire a maturare la stessa forza attrattiva.”
Incalzato infine dal prof. Pierfranco Moliterni – docente di Storia della Musica e del Melodramma alla facoltà di Lingue dell’Università di Bari – che ha voluto evidenziare l’esigenza di riscoprire tanta musica prodotta a Bari da autori validissimi ma poco noti al pubblico di oggi – come Saverio Mercadante, Nicola De Giosa o Raffaele Gervasio – Biscardi ha risposto annunciando che dal 2016 sarà prevista una rassegna della durata di un mese e mezzo dedicata ai compositori pugliesi, a partire dagli anni del loro exploit nell’ambito della grande Scuola Napoletana fino ai giorni nostri.