“Per i gelati…tutte le volte che ne prendo
voglio templi, chiese, obelischi, rocce.
E’ come una pittoresca geografia
quella che guardo per prima,
per poi convertire quei monumenti
al lampone o alla vaniglia
in freschezza nella mia gola.”
Marcel Proust
di Kasia Burney Gargiulo
Se Marcel Proust nella sua Recherche ebbe modo di scrivere una frase così deliziosamente voluttuosa pensando ai gelati, lo deve senza dubbio anche ad un siciliano vissuto nella sua Parigi ben due secoli prima. Si tratta di Francesco Procopio dei Coltelli, il primo ad aprire un locale pubblico destinato stabilmente alla vendita di gelati, per la precisione di quei sorbetti che in Sicilia avevano avuto la loro prima fioritura sotto la dominazione araba. La sua è una storia di emigrazione e di successo che ha finito per legarne il nome ad uno dei luoghi di Parigi in cui è passata la grande storia e la grande letteratura, il Café Procope, così chiamato dal nome con cui l’italiano era noto nella capitale francese.
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E’ impossibile parlare di Procopio dei Coltelli e della irresistibile ascesa parigina dei suoi sorbetti, senza prima aver ricordato come per l’isola mediterranea, e per il resto del mondo, la tradizione del gelato sia appunto partita dal sorbetto di derivazione araba (il termine deriva infatti dall’arabo scherbet, cioè dolce neve, o secondo altri, da sharber, sorbire): un’usanza gastronomica che in realtà aveva avuto già antecedenti in Egitto, Palestina, Asia Minore e Impero Romano, nel consumo di neve condita con succhi di frutta o latte, ingredienti ai quali gli arabi unirono lo zucchero e nuovi succhi di frutta, tra cui gli agrumi. Non è un caso se lo scherbet è ancora oggi preparato nelle regioni italiane del Sud durante le abbondanti nevicate invernali, raccogliendo la neve più pura e aromatizzandola con succo d’arancia e zucchero o altri sciroppi a base di frutta.
Dopo l’epopea araba, gli ideatori siciliani di sorbetti perfezionarono le ricette con la loro creatività ed iniziarono a portare questi preparati anche in varie altre città d’Italia e nei paesi del nord Europa. Sul ruolo di primo piano che la Sicilia ebbe in questo ambito rimane preziosa la testimonianza del nobile scozzese Patrick Brydone, che in un suo diario di viaggio di metà Settecento scrisse: “L’Etna fornisce neve e ghiaccio non solo a tutta la Sicilia ma anche a Malta e a gran parte dell’Italia, creando così un commercio molto considerevole. In queste contrade arse dal sole, persino i contadini si godono dei bei gelati durante i calori estivi, e non vi è ricevimento dato dalla nobiltà in cui i gelati non abbiano una parte di primo piano: una carestia di neve, dicono i siciliani, sarebbe piu penosa che una carestia di grano o di vino. E si sente dire spesso che senza le nevi dell’Etna l’isola non sarebbe abitabile, essendo giunti al punto di non poter piu fare a meno di quello che in realtà è un lusso”.
E’ dunque su queste radici che si fonda l’esperienza di Francesco Procopio dei Coltelli. Una tradizione popolare lo vuole ex pescatore nato ad Aci Trezza (Catania) , ma un documento battesimale del 1651, ritrovato presso l’archivio parrocchiale della Chiesa di Sant’Ippolito, colloca la sua nascita a Palermo e ne identifica i genitori in Onofrio e Domenica Semarqua. In questo documento il suo cognome risulta essere Cutò, da cui appare plausibile sia derivato il francese des Cuteaux (‘dei Coltelli’), libera trasposizione – forse da egli stesso furbescamente voluta – del suo vero cognome. Di una sua origine palermitana, e per giunta nobiliare, parla anche il Dizionario Biografico Universale edito da Passigli a Firenze nel 1846. Varie altre fonti legano invece il suo nome alla città di Palermo per una sua prima esperienza commerciale nel campo dei gelati che risalirebbe già al 1660.
Si ritiene che il suo contributo alla storia del gelato consista nell’aver migliorato la lavorazione dei sorbetti grazie ad una macchina inventata dal nonno e da lui ereditata, e nell’essere stato il primo a svilupparne una inedita dimensione commerciale, da vero business man ante litteram, allorché decise di lasciare il suo paese per un lungo viaggio che lo avrebbe portato a Parigi. Qui nel 1686 fondò il “Café Procope” il cui successo fu pressoché immediato, conseguito in quella sede che esiste ancor oggi al 13 di rue de l’Ancienne Comédie, da lui allestita puntando su un’eleganza fatta di specchi, cristalli, tavoli in marmo e tessuti alle pareti. Certo la fortuna fu dalla sua parte quando la famosa “Comédie Française” si trasferì proprio di fronte al locale, rimanendovi dal 1689 al 1782; una presenza che senza dubbio contribuì al suo successo favorendone la frequentazione da parte di artisti e gente di teatro.
Si narra che il re Luigi XIV, ghiotto dei suoi gelati, affidò a Procopio, tramite apposita concessione reale, l’esclusiva di produrre e vendere alcune delizie. Il Café Procope – oltre ad un pregiatissimo caffè – proponeva infatti al pubblico “acque gelate”, cioè granite, ed una serie di sorbetti dai suggestivi nomi come “fiori d anice”, “fiori di cannella”, “frangipane”, nonchè altri “al succo di limone”, “al succo d’arancia”, “alla fragola”, “al gelsomino”. Altre fonti citano fra le sue specialità anche le “uova dolci e fredde”, ossia dei mantecati ghiacciati di forma ovale a vari gusti di frutta, e poi le celebri “parigine”, tramezzini formati da due cialde ripiene di gelato, oltre ad uno specialissimo liquore, il “Rosa del Sole”, un rosolio fatto con anice, coriandolo e aneto.
Col tempo il locale diventò il luogo di ritrovo più famoso della capitale francese, se non dell’intero Paese. Fra Sette e Ottocento grandi nomi della letteratura e della politica come Voltaire, George Sand, Balzac, Victor Hugo, Robespierre, Danton, Marat, Diderot e D’Alembert, Napoleone, Benjamin Francklin, Anatole France, Paul Verlaine, frequentarono quel “Café”, ancora oggi molto rinomato e pieno di cimeli storici. Innumerevoli anche gli aneddoti che gli annali e la memoria popolare riportano intorno ai celebri frequentatori del locale, accrescendone così il fascino. Ad es. si racconta che qui Diderot compose alcune pagine della celebre Encyclopédie mentre una targa commemorativa ricorda come Benjamin Franklin abbia preparato al Café Procope “il progetto di alleanza tra Luigi XVI e la neonata repubblica”.
Della vita privata di Procopio si sa che dal matrimonio con Marguerite Crouin, celebrato nel 1675 presso la chiesa di Saint Sulpice, ebbe otto figli; che l’anno prima dell’apertura del Café ottenne la nazionalità francese e che dieci anni dopo sposò Anne Françoise Garnier da cui ebbe altri quattro figli. Ormai anziano e vedovo, nel 1717 decisi di ritirarsi dall’attività e l’anno seguente, dopo un nuovo matrimonio, con la giovane Julie Parmentier, ebbe un altro figlio. E proprio ad uno dei suoi figli toccò di raccoglierne il testimone nella gestione del locale ancor prima che la morte lo cogliesse a Parigi nel 1727.
Il Café Procope, oggi noto come il Café Restaurant Le Procope, è ancora uno dei luoghi più famosi di Parigi. Inserito nella lista dei Monumenti Storici della capitale francese, è capace di attrarre ogni anno numerosissimi visitatori sedotti oltre che dalla haute cuisine parigina, soprattutto dall’atmosfera ricca di memorie che ancora vi si respira.
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Bibliografia:
AA.VV. – Dizionario Biografico Universale, Vol. IV, editore Passigli, Firenze, 1894
Luca Caviezel, Scienza e tecnologia del gelato artigianale, Chiriotti editori, Pinerolo 1986
Crediti immagini: Ph. n. 3 Francesco Dazzi | CCBY-SA2.0; Ph. n. 4 Procope.com