di Redazione FdS
Se è a tutti noto l’Apollo saettante, uno dei primi bronzi di grandi dimensioni tornati alla luce a Pompei, ritrovato in frammenti tra il 1817 e il 1818 e oggi esposto al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del tutto ignoto – almeno al grande pubblico – risultava l’Apollo citaredo del II-I sec. a.C. balzato agli onori delle cronache un mese fa quando il museo del Louvre ha lanciato la campagna internazionale di pubblica sottoscrizione “Tous mécènes! – Mission Apollon” (v. video seguente) volta a raccogliere i 6,7 milioni di euro richiesti dal detentore della statua, al quale la ‘Société des Amis du Louvre’ avrebbe già garantito la somma di 3,5 milioni di euro.
La domanda che sorge d’obbligo in un caso del genere è cosa ci faccia un bronzo pompeiano di tale importanza in mani di privati, ed è lo stesso quesito sollevato un mese fa dall’architetto Antonio Irlando, responsabile dell’ “Osservatorio sul Patrimonio Culturale” dopo che la notizia dell’iniziativa del Louvre è finita sui media di tutto il mondo. Nello specifico Irlando chiedeva al Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini di pretendere “dettagliate spiegazioni dalla Francia sulla legittimità dell’acquisto in corso, da parte del Museo Louvre, della preziosa statua in bronzo”. Intanto il Louvre, nella sua campagna di fundraising rivela come la statua sia stata classificata già dal 2017 come ”tesoro nazionale” e per convincere il pubblico a contribuire al raggiungimento della somma di 800.000 euro entro il prossimo 28 febbraio fa sapere che la scultura risale al II-I secolo avanti Cristo ed è una superba rappresentazione del dio Apollo, realizzata in Grecia ma usata per decorare una villa romana a Pompei, distrutta dall’eruzione del Vesuvio. Una statua che, scomparsa per secoli, sarebbe – non si sa come – riapparsa in Francia nel 1922.
In effetti, come mostrato dal Louvre sul sito web dedicato all’iniziativa “Tous mécènes”, l’opera compare in un disegno pubblicato dall’ellenista Salomon Reinach, ex membro della Scuola Francese di Atene e direttore del Musée des antiquités nationales di Saint-Germain-en-Laye, nel suo Répertoire de la Statuaire Grecque et Romaine, pubblicato nel 1924, volume nel quale si riferisce che la statua proveniva dalla “periferia di Pompei” e si trovava nella collezione della signora Xavière Durighello a Parigi nel 1922. Non sembrano esserci dubbi che l’opera provenga da uno scavo clandestino e che il suo trasferimento all’estero sia stato effettuato in modo illecito, ma ormai è maturata la prescrizione sul reato a suo tempo posto in essere, così come risulterebbero inapplicabili le norme internazionali sul traffico illecito di reperti archeologici, entrate in vigore decenni dopo.
La statua, di grande pregio artistico, mostra un Apollo impubere, dai tratti androgini, nella classica posa del suonatore di cetra, strumento in origine nella mano sinistra ma oggi perduto, mentre si conserva il plettro nella mano destra. Il soggetto è una delle tante incarnazioni della divinità, che in tal caso rimanda al suo status di dio delle arti, della musica, della poesia.
L’Apollo compare anche in una vecchia fotografia che ce lo mostra prima del restauro, ancora ricoperto di concrezioni. Nel giugno del 1925, però, quando fu messo in vendita in seguito alla morte del marito di Xavière, Joseph-Ange Durighello, l’opera appariva già nelle stesse condizioni attuali. Acquistata da un membro della famiglia degli attuali proprietari, è rimasta sul suolo francese per quasi un secolo finché nel 2017 è finita sul mercato dell’arte.
Il presidente del Louvre, Jean-Luc Martinez, ha infatti dichiarato che la scultura “è stata individuata qualche anno fa e abbiamo cominciato a trattare con i proprietari. I bronzi greci o romani – ha aggiunto – sono rari, perché venivano fusi per recuperare il metallo. Al Louvre, ne conserviamo soltanto due di dimensioni analoghe, e ce ne sono solo una quindicina nel mondo”. Ragioni che, insieme al suo valore culturale e identitario, dovrebbero essere più che sufficienti per spingere anche l’Italia a formulare una propria offerta di acquisto non sembrando esserci strumenti giuridici alternativi per avanzare pretese di altro genere, dato che, come si accennava prima, le norme sulle restituzioni di opere trafugate sono successive al 1922, data della comparsa della statua in Francia.
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