di Roberto Sottile*
Un viaggio fuori dal tempo, distante dal caos della quotidianità che Bianca Delapierre raccoglie e ci racconta con l’utilizzo dell’immagine fotografica, concepita come fesse una tela infinita da comporre. La Quinta Stanza vive attraverso la realtà percepita custodita nelle tante immagini che appartengono alla ricerca e alle esperienze dell’artista. Frammenti che vengono recuperati e rielaborati. Immagini che destabilizzano la percezione della realtà, e che prendono forma su diversi “piani” e dimensioni astratte. La Quinta Stanza custodisce queste esperienze visive che sono il risultato del percorso di Bianca. Ogni lavoro è un palcoscenico di elementi e di atti connessi l’uno nel segno dell’altro, dove la luce e il rapporto con l’assenza, che nelle fotografie è percepito come buio, diventa una costante concreta. Le percepite realtà, sono cosa ben diversa dalla verità della narrazione visiva, poiché tutto è regolato grazie a visioni simultanee che si sommano e si sottraggono, che si palesano e si astraggono, lasciando sempre nella costruzione dell’immagine un segno, una traccia che diventa testimonianza e memoria. I lavori di Bianca Delapierre diventano, grazie anche alla modalità in bianco e nero, un flashback che si ripropone, un momento che interrompe lo svolgersi di una cronologica narrazione degli eventi, per rappresentarsi in una astratta dimensione di rilevante significato concettuale. Le tre opere sono il risultato di questo viaggio e rappresentano la somma dei tempi che si susseguono che l’artista cattura. “Tempo Arcaico” e le due opere “Immutability” compongono tre tasselli di un registro più ampio, dove le immagini assumono una forma e diventano “registri” sui quali annotare lo scorrere delle ore e gli avvenimenti anche quelli più effimeri. Sono opere che custodiscono l’eterno dualismo tra forma e struttura, tra il compito della luce cioè quello di svelare, e il buio che avvolge, scopre, allontana e nasconde. Il mondo di Bianca Delapierre emerge attraverso dalle superfici che compongono l’immagine fotografica regalandoci corpi e paesaggi ideali, che danzano e vengono al mondo in tutta la loro nuova dimensione estetica.
Le parole della Quinta Stanza
Buio. Luce. Immagine. Fotografia. Forma. Tempo. Caos. Parole tessute ed intrecciate l’una nell’altra, da nuove regole che generano nuovi racconti. La ricerca di Bianca Delapierre è impregnata dalla dimensione del suo tempo, delle sue idee, delle sue contraddizioni e dalla voglia nonostante la presenza del buio di stupirsi. Apparentemente sono opere in “attesa”, ma basta osservale bene per rendersi conto di trovarsi al cospetto di storie cangianti e ricche di diverse sfaccettature e linguaggi.
Il colore della Quinta Stanza
Rosso. Un colore visivamente assente dalla tonalità bianco e nero della ricerca di Bianca. Ma presente nell’essenza concettuale di ogni lavoro. Il Rosso è simbolo delle energie vitali, della forza della vita, la ricerca dell’artista vira verso questa gradazione concettuale con opere che sono il racconto pensato, immaginato e reso reale, di tante visioni che si animano nello spazio della luce e nella profondità infinita del buio.
La parola non usata nella Quinta Stanza
Colore. Il buio e la luce non rappresentano un colore ma una dimensione alle tante storie che prendono vita nelle immagini di Bianca. É giusto però parlare di un percorso, di una ricerca che non cerca colore, ne lo rifiuta. È il viaggio, lo scorrere del tempo, che genera una visione, un punto di vista che supera il colore stesso e lo interpreta come superfluo per il ritmo della narrazione.
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*Critico d’arte e curatore