Morgia Sant’Angelo
C’è un luogo del Sud che molto mi emozionava da bambina, che ha continuato nel tempo ad esercitare su di me l’intatto suo fascino e che mi piace qui ricordare…
Spesso, in occasione di gite festive o domenicali (soprattutto nella bella stagione, raramente in inverno, ma, quando capitava, era uno spettacolo muoverci fra la neve!) la mia famiglia ed io ci mettevamo in viaggio in auto da Napoli di buon’ora per dirigerci al Matese, un complesso montuoso dell’Appennino Sannita situato fra Campania e Molise. Il paesaggio, di rara bellezza, si snodava incantato dinanzi ai miei occhi stupiti di bambina “cittadina”: le verdi vallate contornate di monti e puntellate di fiumi e ruscelli cristallini, le allegre cascate e le tenebrose grotte, e poi gli alberi, cerri, lecci, carpini, betulle, ginepri, castagni e faggi svettanti contro il cielo, e le radure, con boschi e sottoboschi colorati da ciuffi di genziana, digitale, sambuco, euphrasia, trifoglio, tanaceto, garofanine, ravvivati dalle presenze sfuggenti di volpi, lepri, marmotte, tassi, ghiri, picchi e allocchi.
Giungendo dal lato di Benevento, approdavamo a Cerreto Sannita (il cui nome deriva dal latino cerrus, ossia “cerro”, una specie di quercia presente in zona), paese collinare situato alle porte del parco regionale del Matese, attraversato dal fiume Titerno e da diversi torrenti, ricco di aree naturali. Terminata la strada asfaltata, abbandonata l’auto, iniziavamo il percorso montano. Dopo un lungo cammino fra pascoli erbosi intervallati da sorgenti e torrenti, ammassi di rocce, luoghi selvatici ove un tempo si nascondevano i temibili briganti, superate le ripide e paurose “Ripe del Corvo”, enorme muraglia dalle pareti rocciose, approdavamo alla “Morgia Sant’Angelo”, un suggestivo macigno di pietra calcarea alto 35 metri.
Definito anche “Leonessa”, è un “masso erratico”, cioè una grande roccia staccatasi dalla montagna e trascinata in pianura dai ghiacciai, poi ritiratisi. Dai superstiziosi è ritenuto il “masso delle streghe”, del resto Benevento, fondendosi la leggenda con gli echi dei misteriosi riti orgiastici dei Longobardi (che questa cittĂ avevano eletto a capitale del loro regno) sin dai tempi antichi ha avuto fama di essere il paese delle streghe, e da mia nonna appresi la cantilena popolare che pare fosse la formula magica che le streghe ripetevano durante i processi: Unguento unguento/portami al noce di Benevento/sopra l’acqua e sopra il vento/e sopra ogni altro maltempo.
Posta in alto, domina tutto l’orizzonte, offrendo un punto di vista spettacolare sull’alta valle del Titerno e sull’intera valle Telesina. Visione d’incomparabile bellezza, maestosa e solitaria, questa roccia nel corso dei secoli ha subito un’erosione che le ha conferito le sembianze di un grosso felino accovacciato; inoltre alla base c’è una grotta, frequentata dall’uomo sin dall’età preistorica, trasformata in luogo di culto dai Longobardi, che vi edificarono la chiesa di Sant’Angelo a Sasso. Ecco, è questo il luogo affascinante che nell’infanzia accendeva la mia immaginazione, la Morgia Sant’Angelo, apparendo ai miei occhi fiabesco, quasi magico, scatenando la mia fantasia di bambina, fingendo di essere una principessa imprigionata in una torre o rapita dai pirati o vittima di un sortilegio o la figlia del vento intrappolata in una grotta, e dove sono ritornata ancora ritrovando intatte le suggestive e straordinarie bellezze naturali.
Francesca Santucci
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