Non so a quale “paesetto” si riferisse Rocco Scotellaro quando scriveva nel ’40 “M’accompagna lo zirlio dei grilli e il suono del campano al collo d’un’inquieta capretta. Il vento mi fascia di sottilissimi nastri d’argento e là, nell’ombra delle nubi sperduto, giace in frantumi un paesetto lucano”.
Scotellaro, il Poeta e sindaco contadino di Tricarico, Paese in provincia di Matera. Paese che diventa Leggenda seguendone le sue stratificazioni storiche, artistiche, etniche, linguistiche e che lo rendono allo stesso tempo arabo, normanno, bizantino, longobardo. Popoli conquistatori o migranti hanno lasciato in eredità elementi culturali (civili, architettonici, religiosi) che, insieme, costituiscono l’“identità” tricaricese.
Storia, certo, ma Tricarico è soprattutto lo scrigno di un incredibile, ancora poco conosciuto, patrimonio artistico. Per conoscerlo, bisogna camminare, lentamente e fermarsi ad ascoltare. Bisogna saperne leggere i colori, gli odori, le voci, le pietre di un borgo la cui integrità è, per me, rappresentata dal simbolo del paese, la Torre Saracena, a cui manca… una parte.
Sandro Sansone